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Phoenix: l’ashram di Gandhi. Tra utopia e esperimenti con la Verità

Nel 1893 il giovane Gandhi salpò da Bombay verso il Sudafrica con l’incarico di curare gli affari legali di un’importante azienda indiana. L’impatto con la società di quella parte dell’impero britannico fu tremenda perché – già all’epoca – vigeva un durissimo regime di apartheid. Gandhi si rese subito conto delle condizioni di estrema povertà della comunità indiana in quella parte dell’Africa. Fu vittima in prima persona di pregiudizi razziali. Uno dei casi più famosi si svolse sul treno. Gandhi viaggiava in prima classe e fu scaraventato giù dalla vettura perché si era rifiutato di spostarsi in terza classe dove viaggiavano i non-europei.

Questi fatti lo spinsero ad agire e a reclamare giustizia. In breve tempo divenne il leader di un piccolo movimento che reclamava i diritti degli indiani in Sudafrica contro le discriminazioni del governo coloniale britannico. Scelse di praticare la via della disobbedienza civile e la non-violenza seguendo l’insegnamento di David Henry Thoreau e di Lev Tolstoj. Il Sudafrica fu il laboratorio in cui si formarono tutti i capisaldi del gandhismo.

Partendo dal pensiero di Thoreau e Tolstoj, dall’opera intitolata Unto the last di John Ruskin (trad. it. Le fonti della ricchezza, E. Voghera, 1908) e dalla tradizione vedica e jainista, Gandhi ha rivissuto in modo originale la disobbedienza civile e l’ahimsa (non-violenza) che è un concetto sviluppato prevalentemente nel giainismo. Da qui è giunto anche al concetto di satyagraha, (“Adesione nella Verità”) che è uno dei punti più importanti del suo pensiero filosofico e politico.

In questo periodo Gandhi fu in contatto epistolare con Lev Tolstoj, il geniale scritto russo che dopo un lungo travaglio interiore era giunto ad una personalissima e originalissima visione di Gesù Cristo e del Cristianesimo. Nel celebre libro intitolato Il regno di Dio è dentro di voi, Tolstoj ritiene che Gesù sia un non violento e un pacifista. Affermava altresì che Gesù non voleva costruire una chiesa ma realizzare la fratellanza tra gli esseri umani combattendo la violenza nel mondo con l’amore. In questo libro, Gesù è considerato la vittima dei farisei e del clero organizzato nel sinedrio. La vera chiesa, secondo Tolstoj, è una comunità di perseguitati. La falsa chiesa è quella asservita al potere, al militarismo e al nazionalismo di tiranni e autocrati. Il vero cristiano è l’eretico perseguitato, il falso cristiano è il fariseo ricco. A causa di quest’opera e di queste idee Tolstoj fu scomunicato dalla Chiesa Ortodossa dell’Impero Russo. Nonostante la condanna, lo scrittore continuò ad operare riforme sociali all’interno della sua tenuta di Jasnaja Poliana. Praticava una dieta vegetariana e conduceva una vita austera e priva di lussi. Vestiva e lavorava con i contadini. Costruì una scuola per i loro figli e diede vita ad una nuova pedagogia.

Da questi pochi elementi è evidente l’influenza del grande scrittore russo sul giovane avvocato Gandhi, che nel 1903 acquistò un terreno di 100 acri (40,86 ettari) a quasi venti miglia da Durban dove fondò in cui fondò Phoenix, una comunità che intendeva realizzare un nuovo tipo di vita comunitaria e di gestione agricola. Il suo scopo era quello di fare un esperimento con la Verità.

Questa comunità è il risultato di differenti modelli di comunità che si sono sviluppati in Europa e in India. I modelli di “origine occidentale” erano la lontanissima tenuta di Tolstoj e il monastero di monaci trappisti che era situato poco distante dal luogo in cui viveva. Questi monaci facevano parte di un ordine religioso cristiano e cattolico fondato da Armand Jean le Bouthillier de Rancé, che era abate presso La Trappe, da cui deriva il termine “trappista”. Questa organizzazione è tuttora attiva in tutto il mondo (ocso.org). I monaci vivono in clausura conducendo una vita molto semplice che prevede l’alternanza di preghiera e lavoro manuale. È certo che Gandhi conobbe la comunità e ne apprezzò molto lo spirito e soprattutto la pratica del vegetarianesimo. I modelli di “origine orientale” sono rintracciabili nella tradizione vedica e nel giainismo come quelli di Ramakrishna e del suo successore Swami Vivekananda.

Nell’Ashram di Phoenix, Gandhi scelse in modo radicale la castità (brahmacharya), pur non vietando agli altri membri di sposarsi. Rifiutò di indossare abiti occidentali e abbandonò ogni forma di vita lussuosa. Cominciò un vero e proprio percorso ascetico. Facendo tesoro delle sue letture di Tolstoj e delle sue esperienze giovanili con la Vegetarian Society scelse una dieta lacto-vegetariana. Allo stesso tempo rifiutò la medicina moderna preferendo, al contrario, cure naturali. In questa comunità vi erano individui di varie nazionalità e differenti credi religiosi. Erano ammesse le donne e gli intoccabili venivano trattati alla pari di tutti gli altri membri. In accordo con la tradizione monastica occidentale e con la tradizione vedica dell’ashram situato nella foresta, Gandhi scelse un luogo assolutamente incontaminato e lontano da grandi città e da centri industriali.

I principi fondativi di Phoenix erano: 1) la rigida semplicità, 2) la continenza perpetua, 3) il distacco dal mondo e 4) la povertà volontaria. A questi possiamo aggiungere l’eguaglianza e l’anti-autoritarismo.

La realizzazione del progetto fu alquanto complessa. Gandhi svolgeva ancora l’attività di avvocato ed era molto impegnato a livello anche fuori dal Sudafrica. Tra i suoi compagni non tutti erano disposti a praticare subito uno stile di vita così rigoroso e frugale. Le sue decisioni ebbero delle conseguenze anche a livello familiare. Uno dei suoi figli ammetterà che l’austero comportamento del padre ebbe delle conseguenze sul suo sviluppo. Man mano molti si allontanarono dalla comunità e tornarono al modello di vita precedente. Tra questi alcuni parenti dello stesso Gandhi.

Ci furono notevoli problemi pratici. La comunità era sorta in una zona totalmente desolata e priva di strade e ponti. Era piena di serpenti. I membri dovettero realizzare un gran numero di opere per rendere abitabile e vivibile questo grandissimo territorio. Non fu semplice la trasformazione di questa landa desolata in una comunità con un sistema agricolo perfettamente funzionante. Nel 1906, alcuni zulu uccisero un esattore delle tasse. Scoppiò una rivolta armata contro le autorità inglesi. Gandhi e la sua comunità ebbero grandi difficoltà perché questi zulu vivevano nelle vicinanze di Phoenix. Durante i disordini, gli zulu vandalizzarono e distrussero una parte del territorio della comunità.

Dopo la rivolta, Phoenix riprese a vivere normalmente sino al 1912, quando Gandhi non ne fu più il leader. La guida fu affidata ad un collegio che modificarono e annullarono quanto realizzato in precedenza. L’anno successivo, il Mahatma lasciò il Sudafrica per ritornare in India.

Giunti a questo punto bisogna chiedersi quale giudizio dare a tale singolare esperienza di Gandhi. Nelle sue intenzioni, Phoenix non doveva essere una comunità chiusa, ma un prototipo di nuovo villaggio da mostrare a tutti insieme alla pratica della sathyagraha. Questo obiettivo fu solo parzialmente raggiunto.

L’efficacia dell’esperimento è alquanto dubbia visto che molti dei membri di Phoenix tornarono a vivere in città e ripresero le loro consuete attività lavorative. Tra questi figurano anche alcuni membri della famiglia di Gandhi.

Il carattere più evidente dell’ashram di Gandhi è l’eterogeneità dei suoi membri. Vi erano indiani, europei e africani. Alcuni erano cristiani, altri induisti, altri ebrei, altri seguivano la Teosofia. Gandhi aveva scelto di praticare la castità, mentre altri avevano deciso di continuare la vita matrimoniale.

La comunione di Phoenix ebbe gli stessi problemi di numerose comunità che si sono ispirate al socialismo utopistico. Si possono indicare quella di New Harmony ispirata da Owen, quella di Reunion ispirata Fourier, e Cecilia che fu ideata e diretta dall’anarchico italiano Giovanni Rossi.

Come tutti i personaggi citati in precedenza, Gandhi non ammise mai i propri errori o i limiti nella realizzazione del proprio ideale nell’esperimento di Phoenix: “L’uso della parola esperimento per indicare i suoi tentativi non è probabilmente del tutto adeguato. Un esperimento cerca di mettere alla prova un’ipotesi, ab­bandonandola come non valida se l’esperimento non la conferma. Se lo sperimentatore cercasse di verificare ad ogni costo la sua ipotesi, minimizzando gli insuccessi e le prove negative, i suoi esperimenti non avrebbero grande valore scientifico. Gandhi rivendicherà in qualche caso il valore realmente scientifico dei suoi esperimenti, affermando che esistono esperimenti per lo spirito così come esistono esperi­menti per la materia. Ma dietro gli esperimenti c’è l’adesione ad un ideale che Gandhi non è affatto disposto ad abbandonare in caso di insuccesso. Se le conferme rafforzano le sue convinzioni, gli insuc­cessi vengono relativizzati o spiegati con fattori che sono esteriori all’ideale.” (A. Vigilante).

La vicenda di Phoenix fa molto riflettere perché è evidente che Gandhi aveva un rigore e una disciplina difficilmente raggiungibile da altri esseri umani. Agiva sicuramente in buona fede. Cercava in modo sincero un sistema sociale giusto fondato su persone vere, sincere e autentiche. Ritengo che in India, molti politici indiani abbiano seguito Gandhi solo per pura convenienza e calcolo politico. Mentre i suoi parenti onestamente hanno abbandonato il suo ashram, certi politici disonestamente gli hanno fatto credere di essere suoi seguaci mentre in realtà disprezzavano la Satyagraha e la non-violenza. Lo hanno reso un simbolo e gradualmente gli hanno tolto il potere decisionale reale.

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