Molto prima del 7 ottobre! Il terrorismo ebraico durante il mandato britannico in Palestina

Dal giorno del terribile attentato di Hamas del 7 ottobre 2023, sentiamo dire dal primo ministro israeliano Netanyahu e da molti altri membri del governo israeliano (tra questi sicuramente Itmar Ben Gvir) che chiunque si opponga allo sterminio dei palestinesi a Gaza è un terrorista antisemita.
Da poco sono partite le prime imbarcazioni della Sumud Global flotilla dirette a Gaza con cibo e medicine per i civili, e Ben Gvir ha già annunciato che i volontari disarmati saranno trattati come terroristi e sottoposti a regime carcerario.
Il termine terrorista ormai è usato in modo strumentale per indicare chiunque voglia opporsi alla colonizzazione dei territori palestinesi.
Per comprendere più a fondo quello che sta succedendo, però, occorre fare un passo indietro nel tempo, perché lo sterminio della popolazione a Gaza non è affatto una diretta conseguenza del terribile massacro del 7 ottobre; il conflitto arabo-israeliano non si può far risalire semplicemente neanche alla nascita dello stato di Israele nel 1948.
Molti anni prima che i gruppi di resistenza palestinesi come Hamas prendessero le armi contro l’occupazione israeliana, infatti, si erano formate milizie ebraiche con il duplice scopo di combattere sia i colonizzatori inglesi che gli arabi palestinesi.
Quando la Palestina era ancora sotto il dominio ottomano, il primo ministro inglese, Arthur Balfour, scrisse una lettera indirizzata a Lord Rothschild (principale rappresentante della comunità ebraica in Inghilterra); nella lettera, datata 2 novembre 1917, si affermava la necessità di creare una “national home” per il popolo ebraico in Palestina.
Alla fine della Grande Guerra, essendo stato sconfitto l’impero Ottomano, i territori palestinesi passarono sotto il controllo britannico, con la formula del mandato territoriale.
Era già nato il movimento sionista; un’ideologia politica basata sulle tesi del teorico Theodor Herzl, che proponeva l’autodeterminazione del popolo ebraico e la necessità di creare uno stato per gli ebrei nella regione che l’antico testamento chiama Israele.
Iniziò così un grande flusso migratorio che, grazie al Fondo Nazionale ebraico, alla Jewish Agency for Israel e alle donazioni di ricche famiglie ebraiche, portò moltissimi ebrei immigrati ad acquistare terreni in Palestina. Tra il 1907 e il 1909 nacque la città di Tel Aviv, destinata nel volgere di vent’anni a diventare il centro dell’attività sionista, volta a realizzare il sogno di un paese integralmente ebraico.
Dal 1936 al 1939 si verificò quella che è conosciuta come “la grande sollevazione”. Gli arabi si scagliarono duramente sia contro gli ebrei, accusati di aver loro “rubato” le terre, sia contro i britannici colonizzatori.
La reazione inglese non si fece attendere: più di 120 arabi furono condannati a morte e i capi della rivolta impiccati.
Per portare a termine il loro compito i britannici si fecero aiutare dalla Haganah, una organizzazione paramilitare ebraica. Le milizie della Haganah non solo sostituirono gli impiegati arabi in sciopero durante la grande rivolta, ma si dotarono veri e propri battaglioni specializzati nei sabotaggi e nel terrorismo antipalestinese (facevano saltare le case abitate dai palestinesi uccidendone gli abitanti).
Da una costola dell’Haganah erano nate poi organizzazioni ancora più estremiste come l’Irgun, di Menachem Begin e la “banda di Stern”, che gli stessi membri dell’Haganah e i britannici non esitarono a definire terroristi; l’Irgun, fondato nel 1931, basava le sue azioni sulle teorie di Zabotinskij secondo il quale “ogni ebreo aveva diritto di entrare in Palestina… solo un’attiva rappresaglia avrebbe intimorito gli arabi e … solo una forza armata ebraica avrebbe assicurato lo stato d’Israele”; l’Irgun era contrario a qualsiasi negoziato moderato volto alla creazione di due stati in Palestina, ed era favorevole sia all’evacuazione di tutti gli arabi che delle truppe inglesi.
Gli attacchi condotti contro i civili arabi erano giustificati, secondo l’Irgun, dal fatto che anche i palestinesi avevano più volte attaccato civili ebrei durante la grande sollevazione, a volte in modo crudele e ingiustificato.
I membri dell’Irgun e della “banda di Stern” dovevano mescolarsi tra la gente comune e colpire all’improvviso i rappresentanti del dominio britannico e gli arabi. Vigeva la regola della completa segretezza per cui nessun aderente che fosse stato catturato doveva restare vivo nelle mani della polizia.
Dopo la seconda guerra mondiale e la grande ondata di immigrazione ebraica seguita alla Shoah, sia l’Haganah che l’Irgun intensificarono gli attacchi terroristici nei confronti di arabi e inglesi.
Dopo l’attentato all’ambasciata britannica a Roma del 31 ottobre del 1946, di fronte alla manifesta incapacità di gestire il terrorismo sia arabo che israeliano, gli inglesi demandarono la questione palestinese alle Nazioni Unite; il 29 novembre 1947 fu approvata una soluzione che divideva la Palestina storica in tre parti: lo Stato ebraico, quello palestinese e una zona ad amministrazione controllata internazionale (tra Betlemme e Gerusalemme).
Ma sia l’Irgun che la “banda di Stern” erano contrari ad ogni tipo di compromesso con inglesi e arabi, per questo gli attacchi si moltiplicarono; in particolare si ricorda l’attentato a Jaffa del dicembre 1947 dove morirono 20 civili palestinesi e l’attentato all’Hotel Semiramis di Gerusalemme (ritenuto un quartier generale arabo) del 1948, durante il quale perirono circa 26 persone.
Il 7 aprile 1948 i militanti dell’Irgun si macchiarono del massacro di Deir Yassin, un piccolo villaggio situato nei pressi di Gerusalemme, uccidendo circa 240 palestinesi, tra cui donne e bambini. I metodi brutali dell’Irgun avevano lo scopo di terrorizzare i palestinesi e costringerli a lasciare la loro terra.
Dopo la nascita dello stato d’Israele, il 14 maggio del 1948, l’Irgun venne sciolto e i suoi membri assorbiti nelle forze di difesa israeliane (IDF).
Quello che avvenne dopo la nascita di Israele e la prima guerra arabo-israeliana è cosa nota: si verificò la cosiddetta Nakba (catastrofe) durante la quale centinaia di migliaia di arabi palestinesi furono sfollati dalle loro case e terre per far posto agli ebrei del nuovo stato d’Israele.
Le atrocità commesse dalle milizie e dai paramilitari sionisti sono sempre state tenute sotto silenzio e trattate come segreti di stato.
Solo in tempi recenti uno storico ebreo, che ha insegnato sia all’università di Exeter (Regno Unito) che all’università di Haifa – Ilan Pappè –ha ricostruito nei suoi saggi le vicende del terrorismo sionista durante il mandato britannico.
