L'Intervista

Il Premio “Città di Moncalieri” 2022 alla poetessa Cettina Caliò

Intervista alla scrittrice siciliana che svela la sua poetica intrisa di umanità, capace di comunicare la vita nella sua drammaticità scrivendo di sé « per dire di noi tutti».

Lo scorso 20 aprile si è svolta la cerimonia di premiazione del 42° Premio Letterario “Città di Moncalieri”, prestigioso evento durante il quale la scrittrice siciliana Cettina Caliò ha ricevuto il 2° premio per la raccolta di poesie Di tu in noi, edito nel 2021 da La nave di Teseo. L’evento organizzato dal Circolo Culturale Saturnio, che ha avuto come presidente della Giuria la giornalista Alessandra Cannazzi e come presidente del premio il musicista Eugenio Bennato, si è svolto presso le Fonderie Teatrali Limone della città piemontese, sotto il patrocinio della Regione Piemonte, di Torino Metropoli, del Consiglio Regionale del Piemonte e della città di Moncalieri. Il 1° premio premio è stato assegnato a Roberto Deidier per All’altro Capo edito da Mondadori, il 2° premio ex-equo ad Alberto Bertoni per L’isola dei topi edito da Mondadori, infine il premio speciale a Gianluca Caporaso per Tempo al Tempo edito da Salani.

Per la poetessa di Paternò questo premio rappresenta in ordine cronologico solo l’ultimo di tanti riconoscimenti; Di tu in noi aveva già ricevuto premi e menzioni speciali, tra cui quella della VII edizione del Premio di poesia edita “S. Mauro Castelverde”, nonché recensioni su testate giornalistiche nazionali tra cui “Il Corriere della sera”. Tra le altre pubblicazioni della Caliò  ricordiamo Poesie edito nel 1995, L’affanno dei verbi servili del 2005, Tra il condizionale e l’indicativo del 2007, Sulla cruda pelle del 2012, La forma detenuta del 2018. Tra i premi ricevuti per queste raccolte di poesie spiccano il Premio internazionale “Omero” Torino, il Premio letterario nazionale “Novipoesia”, il Premio nazionale speciale di poesia e narrativa “Il Litorale”, il Premio internazionale di poesia “S. Domenichino” città di Massa.

  Questa la motivazione del Premio “Città di Moncalieri”: Da una “indolenza da sala d’attesa” alla “fatale certezza del caso”, la poesia di Cettina Caliò ha il ritmo del respiro, in un libro che è anche una trenodia dolcemente piegata su una  grammatica quasi da haiku (“Canto la leggerezza della morte” scrive nella breve prefazione) per il marito tragicamente scomparso. E ci rivela come il “crepitio dell’assenza” faccia parte di tutti noi, tra incanto e ferite.

   Abbiamo volutamente riportato per esteso la motivazione del premio per evidenziare lo spessore culturale di questa sensibile quanto talentuosa scrittrice, e soprattutto per introdurre l’intervista che ci ha gentilmente concesso. Da questa emergono non solo la sua poetica ma soprattutto il profilo trasparente di una interessante quanto complessa figura di intellettuale.

Nella motivazione del premio si fa riferimento alla tragica morte di suo marito, lo scrittore Sergio Perroni, in quanto motivo principale di questa raccolta poetica, come nasce questo suo lavoro?

Parto sempre dal presupposto che la poesia è sempre vita, in tutto quello che essa rappresenta in termini di terrore e bellezza,  questo è il motivo per cui secondo me tutte le poesie sono poesie d’amore, perché la poesia riguarda il nostro rapporto con la vita. Nel caso specifico esprimo metafore della mia visione dell’esistenza, e qui la vita mi è venuta addosso, mi si è frantumata. E’ qualcosa che mi è accaduto e che ho voluto trattenere, poiché la scrittura fa anche questo, essa ti permette di prendere le distanze, di rielaborare ciò che accade senza permettere che tutto vada via, la poesia è racconto di persone e di luoghi, perciò in questo libro c’è l’esperienza di una mia parte di vita.

Com’è iniziato il suo percorso poetico, come si è svolto, come si svolge e dove pensa che approderà?

La scrittura per me è stata sempre un’esigenza, forse legata ad una forma di solitudine mentale e quindi essenziale per dare voce ai miei pensieri. Ma si cresce, si cambia, si studia, perché la poesia è anche un percorso formativo fatto di tante letture, di tanto studio, di tanta censura, scrivi molto e cestini tanto per arrivare a un lavoro di fino. Vi è una crescita anagrafica accompagnata da una crescita intellettiva e intellettuale, quindi la poesia è cresciuta con me e la scrittura mi è sempre stata compagna, essa per me è vitale; quando scrivo respiro meglio, mi sembra di avere un senso. Come accennavo prima nella  mia poesia c’è l’esperienza del quotidiano che osservo per farne metafora. Ad esempio in questo mio ultimo testo racconto la mia esperienza ma abbracciando istanze altre, ciò affinché chi legge in qualche modo si ritrovi in quello che scrivo. La poesia offre la possibilità di raggiungere l’altro con un comune sentire, io scrivo di me ma per dire di noi tutti, altrimenti mi terrei questo sentire solo per me.

Quanto c’è di Sicilia e di siciliano nella scrittura di Cettina Caliò?

Per me il concetto di isola è importante, io sono contenta di essere siciliana, nonostante la  tragedia che può incombere su di noi. L’idea di essere isola la trovo suggestiva perché l’isola non è meta ma destinazione, l’isola è vicina ma è staccata, è a sé. Gli isolani, rispetto agli abitanti della terraferma, hanno una storia psicologica diversa, l’insularità che ci caratterizza ci da grandi punti di  forza. Quindi mi piace moltissimo l’idea di essere isolana, non credo che avrei voluto essere di un altro luogo. Ad esempio il mare è qualcosa di ricorrente nelle mie poesie, esso è cangiante e mi caratterizza lo sento mio; mare è una parola che fa parte del mio lessico emozionale, è polisemica perché il mare ti nutre e ti travolge, ti culla ma ti schianta. E’ esattamente come un individuo che può essere gentile ma aggressivo, fonte di nutrimento ma anche di morte.

Le sue poesie sembrano trasmettere sensazioni e messaggi di pessimismo, è questo il messaggio di fondo?

Io non mi sento pessimista, posso essere cinica, realista, ho la tendenza a chiamare le cose con il loro nome, e questo lo giudico crudo realismo non pessimismo. Se affermo che l’unica certezza della vita è la morte non lo dico per pessimismo ma perché prendo atto delle cose, sappiamo che nasciamo e dobbiamo morire, tutto ciò che c’è in mezzo, il quando e il come, è incerto. In una mia poesia di quest’ultimo libro scrivo che mi costringo a dare un nome ad ogni cosa che fa tempesta, a tutte le cose che ti travolgono, ti spaventano, ti mettono davanti a te stessa e tu le devi vedere e non ti devi fare sconti  perché la chiarezza e l’onesta giocano sempre a tuo vantaggio, è un modo per avere le coordinate della tua vita. La vita  in realtà non la viviamo è lei che vive noi, noi prendiamo atto di ciò che ci sta succedendo, ma questo ci può rendere capaci di apprezzare le cose belle che la stessa vita  ci offe: fatti, persone e soprattutto i dettagli che spesso fanno la differenza. In tutto questo ci vedo un messaggio positivo poiché c’è il desiderio di andare oltre.

Secondo lei è vero che il pessimista è tale in quanto ha una visione finalistica della vita, cioè finita la vita non c’è più nulla?

Probabilmente questa visione non può rendere ottimisti, secondo me credere che ci sia un dopo diventa funzionale, mi da uno scopo e un sostegno, dà anche un senso a quello che vivo; qui c’è l’idea che ci sia un aldilà, quale che sia, l’idea di un Dio o di un Assoluto. Il pensiero di qualcosa che trascende lo trovo importante perché è sostegno, mi rende migliore con me stessa e  mi aiuta. Cè una frase della scrittrice Etty Hillesum che risponde alla mia visione della fede: «Dio è la parte migliore di me», in questa frase ci traduco il mio bisogno di elevazione, quello che in me c’è di buono e di bello e che va oltre me, che mi eleva. Qui mi ritrovo!

Questa spiritualità è contenuta nelle sue poesie, ovvero è uno di quegli elementi che comunica  agli altri o non ancora?

Io penso di sì, spero di si, perché in realtà questo è qualcosa che è nel mio pensiero e in qualche modo mi auguro che passi.

Francesco Giordano

Scheda di Cettina Caliò

Cettina Caliò è nata a Catania nel 1973 e vive a Paternò.

Ha frequentato la Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori di Roma e la facoltà di Lingue e letterature straniere di Catania. Traduce dal francese. Cura libri. Scrive poesia e prosa. Si occupa di insegnamento on line della lingua inglese. Oltre ai testi di poesia, ha curato il testo di Vittorio Sgarbi, “Leonardo il genio dell’imperfezione”.

Per La Nave di Teseo ha tradotto:

Douleur et lumière du monde – T.Ben jelloun

Åme brisée – A.Mizubayashi

Baikal amour – O.Rolin

Fille – C. Laurens

Le peintre dévorant la femme – K.Daoud

Le fou du roi – M.Binebine

La rue de l’ours – Bloch/Desplechin

Per Il Saggiatore:

Jules Renard, “Le martin-pêcheur” da Histoires Naturelles

Guy De Maupassant, “Coco”

Zulma Carraud, “Les Guêpes” da Les métamorphoses d’une goutte d’eau.

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