L'Intervista

Deborah Maria Inserillo, alfiere della Repubblica

Il 24 febbraio scorso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato 30 ragazzi alfieri della Repubblica: si tratta di giovani che si sono resi protagonisti di gesti di cooperazione, amicizia ed inclusione, in un periodo in cui, sottolinea il Quirinale “la solidarietà per la pace è il tema prevalente […]. La selezione tra tanti meritevoli è stata orientata a valorizzare comportamenti e azioni solidali, ora nell’ambito di un’accoglienza a ragazzi ucraini in fuga dalla guerra, ora attraverso altri gesti di amicizia, cooperazione, inclusione affinché le diversità non diventino mai barriere”.

Tra questi figura anche Deborah Maria Inserillo, 19enne di Termini Imerese (PA), che ha ricevuto l’onorificenza per il lavoro di volontariato svolto con la Fondazione Banco Alimentare e per la promozione di eventi di sensibilizzazione sullo spreco alimentare nelle scuole.

Abbiamo avuto il piacere di incontrarla e porle qualche domanda;

Il Banco Alimentare costituisce da sempre una parte importante della tua vita e delle tue giornate. Come è iniziato tutto e come va avanti oggi?

Nella mia formazione educativa un pilastro è stato l’esperienza dei Cavalieri – i gruppi di Comunione e Liberazione costituiti dai ragazzini delle scuole medie. Fu in quegli anni che ricevetti l’invito a partecipare come volontaria alla giornata della Colletta Alimentare, e sin da subito ho capito che ciò che ero invitata a fare era davvero importante. In quel momento anche io ero mancante di qualcosa, capivo il rischio di non trovare un piatto di pasta a tavola tornata a casa. Ho iniziato subito a coinvolgere amici e compagni di classe nella partecipazione a questi gesti, senza mai fermarmi e iniziando a collaborare anche con “Il Segno”, un’associazione locale che si occupa di volontariato e sussidiarietà. Durante il lockdown, nonostante una malattia respiratoria che mi affligge, non ho voluto mollare la presa: ho cercato di rimanere in prima linea nel recupero delle eccedenze e nella distribuzione dei pacchi alle famiglie. Con queste ultime, con ciascuno di loro, sono entrata in forte rapporto, facendo loro compagnia anche in momenti difficili. Attraverso un semplice gesto, come quello della consegna del pacco, e da questi rapporti di amicizia sono nate altre iniziative di varia natura, ad esempio l’esperienza di “Portofranco”, volta ad aiutare bambini e ragazzini in difficoltà nello studio. Sicuramente l’esperienza e l’educazione ricevute nell’ambiente di CL sono state un punto di riferimento, ma il passo successivo è una presa di coscienza individuale: il semplice gesto del pacco mi fa capire che l’altro vale, e attraverso questo comprendo di più anche la mia vocazione: quando uno dipinge in continuazione, vuol dire che ha la vocazione della pittura; la mia è quella della caritativa e del volontariato.

Oltre a quelle già citate c’è anche l’attività del “Donacibo”. Ci spieghi di cosa si tratta?

“Donacibo” è un’iniziativa promossa dai “Banchi di Solidarietà” insieme all’associazione “Il Segno”, che viene proposta alle scuole medie del nostro territorio. Lo scopo è lo stesso di quello che ho già descritto: raccogliere il cibo donato a scuola per consegnarlo alle famiglie bisognose.  Da quest’anno la preside ha voluto propormi di svolgere degli incontri in istituto per sensibilizzare i ragazzi sulla cultura del “dono”, raccontando la mia esperienza. Quello che abbiamo imparato da questo gesto è la gratuità; quando io o altri miei amici volontari andiamo nelle case a consegnare questo cibo, la prima cosa che notiamo è che le persone che lo ricevono ci ringraziano, ma ancor di più il ringraziamento è rivolto ai ragazzi che hanno donato; sono davvero convinta che chi dona riceve sempre di più di chi ha materialmente ricevuto.

Per te cosa significa essere alfiere della Repubblica?

Sarei ipocrita se non dicessi che è un motivo di orgoglio, ma non è la fine di un percorso. Anzi: è l’inizio di un cammino che richiede ancor più responsabilità. In tutto ciò che faccio mi accorgo di essere più responsabile, o quantomeno mi sento chiamata ad esserlo. Quando, ad esempio, spiego ai ragazzi della scuola che è giusto donare, non faccio la moralista, non sono lì per dare una lezione; preferisco partire sempre dalla mia esperienza e raccontare quella. Ho chiarissimo il fatto che è solo l’inizio di un cammino, dove devo portare agli altri la mia storia a partire dalle mie prime intuizioni: credo che sia il modo più naturale per spiegare le cose.  Se uno racconta davanti ad un pubblico una cosa lontana da sé, gli altri la recepiscono come astratta; viceversa, se racconti qualcosa di te è più facile che gli altri si rendano conto del fatto che non stai parlando di cose lontane da loro, ma di esperienze vicine e possibili.  Da universitaria non posso non pensare agli ultimi avvenimenti riguardanti le due ragazze che si sono tolte la vita così giovani, e rifletto sul fatto che magari nessuno aveva parlato loro di una speranza, di un bene per tutti… io ho avuto la grazia di incontrare qualcuno che me ne ha parlato e con cui ho fatto esperienza di questo, e vorrei farne dono a tutti quelli che incontrerò: se uno inizia a sperare si mette in moto, e anche gli altri iniziano a seguirlo. Si tratta, comunque, di un cammino personale e soggettivo, ma parte così. La caritativa mi ha fatto scoprire il valore di ogni singola persona e ogni singola cosa: solo quando ho capito questo ho iniziato a comprendere molto di più me stessa e il mio valore, e quanto questo sia stato un bene per me e per i miei giudizi.

Dopo aver frequentato il Liceo delle Scienze Umane, ti sei iscritta al corso di laurea in Scienze dell’Educazione a Palermo. Sono state scelte correlate alla tua storia o dettate da altro?

Sia la scelta del liceo prima e degli studi universitari dopo, trovano nel Banco Alimentare e in tutte le altre iniziative un punto cardine. Voglio fare l’educatrice per lavoro, sostenendo un’educazione incentrata sul valore delle persone e delle cose, perché, come ho già detto, ho percepito tutto questo come un bene per me.

Quali sono, quindi, i progetti per il futuro?

La questione dell’educazione, per me, è centrale: intorno a me vedo tanto cinismo, tanta indifferenza e, lo dico senza mezzi termini, poca voglia di vivere… sono convinta che ci può e ci deve essere un miglioramento educativo su questo fronte. Ho grandi progetti in mente che spero di realizzare, ma innanzitutto intendo impegnarmi di più in questo campo, specialmente sulla cultura del “dono”.

L’ultima domanda è una curiosità. Come è stato incontrare il Presidente Mattarella? Ti ha detto qualcosa durante la foto di rito?

Incontrarlo è stata un’emozione intensa. Mi ha semplicemente detto “Complimenti! Continua così!”. Mi ha colpito, durante il suo discorso, quando ha detto a me e agli altri ragazzi di non considerarci degli eroi per i gesti che abbiamo compiuto, perché si tratta di gesti semplici e non eroici o eclatanti. Ci ha richiamati a rimanere semplici ed umili, così come siamo. Allo stesso tempo ha ribadito l’importanza del riconoscere questi gesti, augurandosi che il riconoscimento ricevuto sia una testimonianza e uno stimolo per gli altri nostri coetanei. Dedico questo riconoscimento alla mia famiglia, in particolare a mia madre, agli amici del Banco Alimentare che hanno presentato la mia candidatura, per tutto il bene che ho raccontato, alle famiglie che assisto, a tutti i miei amici e alle persone che conosceranno la mia storia.

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