Politically incorrect

Sull’imbarbarimento del linguaggio e sulla fine del “politically correct”. “Le parole sono importanti”

“Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!” diceva Michele Apicella, il personaggio di Nanni Moretti, in Palombella Rossa.
Attraverso le parole, infatti, noi veicoliamo il nostro pensiero e le nostre emozioni. La scelta delle parole che usiamo mostra anche l’interesse che abbiamo per il concetto o per il messaggio che vogliamo esprimere.
Oggi però stiamo assistendo ad un vero e proprio fenomeno di imbarbarimento del linguaggio e di svalutazione della cultura. Le parole non vengono più scelte con cura e usate con cognizione di causa, ma spesso vengono usate con superficialità e con scarsa consapevolezza. In passato, gli uomini politici, o le persone più in vista, si facevano scrivere i loro discorsi; oggi invece, quando ascoltiamo qualcuno parlare, sembra di essere dentro il “Manifesto del Futurismo” di Filippo Tommaso Marinetti, teorico delle “parole in libertà”. Ognuno dice e afferma quel che vuole, senza cercare alcuna attinenza ai fatti di cui sta parlando e soprattutto senza il benché minimo senso del pudore.
A titolo esemplificativo, di recente la Ministra per la famiglia e le pari opportunità, Eugenia Maria Roccella, ha definito con il termine “gite” i viaggi di istruzione che le scuole organizzano ad Auschwitz, affermando che si tratta di viaggi strumentali e manipolatori volti ad affermare che “l’antisemitismo è solo fascista”. Immediate le proteste della comunità ebraica e della senatrice Liliana Segre che ha risposto con dolore alla Roccella dicendo: “Stento a credere che una ministra della Repubblica, dopo avere definito “gite” i viaggi di istruzione ad Auschwitz, possa avere detto che sono stati incoraggiati per incentivare l’antifascismo… La memoria della verità storica fa male solo a chi conserva scheletri negli armadi”.
La Ministra si è resa anche protagonista di un’ulteriore polemica quando, in occasione delle manifestazioni che hanno riempito le piazze italiane contro lo sterminio della popolazione a Gaza, ha affermato che: “Le università sono state, in questo momento, fra i peggiori luoghi di non riflessione – è chiaro che bisogna trovare altri luoghi dove riflettere, dove pensare” (quali siano questi luoghi deputati al pensiero, se non proprio le scuole e le università, non è dato sapere).
Rimanendo in tema di scioperi e manifestazioni la Premier Giorgia Meloni ha recentemente affermato che gli scioperi vengono di solito organizzati il venerdì per consentire ai lavoratori di godere del weekend lungo (un weekend costoso, però, visto che per ogni giornata di sciopero viene decurtata ai lavoratori una bella fetta del loro stipendio).
Il Ministro della salute, Orazio Schillaci, ha da poco nominato un ignaro e inconsapevole Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica, commissario per l’antidoping al posto del professore Orazio Parisi. Informarsi, prima di tirare in ballo addirittura un premio Nobel, gli è sembrato evidentemente superfluo.
Il Ministro degli esteri Tajani, invece, è riuscito a “rivoluzionare il concetto di diritto internazionale” quando ha affermato, intervistato da Bruno Vespa, che “il diritto internazionale vale fino a un certo punto”.
Spostandoci sul fronte della politica internazionale mentre il Premier israeliano Netanyahu afferma che “la pace si conquista con la forza. Se Hamas non disarma si scatenerà l’inferno”, Trump, in visita in Israele, risponde di “aver dato molte armi a Israele” che però “le ha usate bene”.
Anche in questo caso non è chiaro come si possano “usare bene” le armi cercando di costruire la pace.
D’altronde, almeno secondo il punto di vista di Incoronata Boccia, ex vicedirettrice del TG1, non esiste “nessuna prova che Israele abbia mitragliato civili a Gaza”; la Boccia ha di fatto rilanciato la teoria complottista cosiddetta “Pallywood”, secondo cui le immagini di morte e distruzione dell’enclave palestinese sarebbero costruite ad arte. “Sono stati allestiti set, ci sono state delle immagini, delle inchieste, che hanno provato che quella informazione era propaganda”, ha detto. Poi ha definito “ideologico” l’uso della parola “genocidio”: “Il 27 gennaio queste persone con quale faccia usciranno di casa?”.
Per non parlare di Francesco Giubilei, neoconsulente del Ministero della Cultura che nel giugno scorso chiedeva di cambiare il nome di Via Tito a Roma pensando che la via fosse dedicata a Josip Broz Tito, presidente iugoslavo. Ovviamente la strada è intitolata all’Imperatore Romano Tito Cesare Vespasiano Augusto.
Negli ultimi giorni, per finire, abbiamo assistito in diretta all’ennesimo show del presidente Trump che ha definito in mondovisione la Premier Meloni una “bellissima giovane donna” (mai nessuno si sarebbe sognato di giudicare in pubblico l’aspetto estetico di un qualsivoglia uomo politico di sesso maschile); all’uscita di Trump ha subito fatto eco, in Italia, Landini segretario della CGIL, che, sempre riferendosi a Meloni, l’ha definita una cortigiana (secondo alcuni avrebbe voluto dire che sta alla corte – al seguito – di Trump, ma purtroppo il temine scelto è piuttosto infelice visto che è anche sinonimo di donna dai facili costumi).
Se questo è il mondo della politica quello dei social fa davvero inorridire.
Tutti ricordano la signora Angela da Mondello che, battendo sul campo schiere di virologi e professionisti che avevano studiato per anni, si era conquistata un largo seguito con la sua affermazione perentoria “non ce n’è coviddi”. Più di recente i manifestanti contro i massacri di Gaza sono stati definiti “comunisti islamici” o con un trionfo di ossimori “nazicomunistifascistiislamici
Tutti ormai si sentono in dovere, dietro uno schermo anonimo, di dire la propria su qualsiasi cosa, anche se di quell’argomento non sanno assolutamente niente.
Per tornare ad un altro film di Moretti (“Sogni d’oro”, 1981), sono finiti i tempi in cui il protagonista affermava. “Parlo mai di astrofisica, io? Parlo mai di biologia, io? Parlo mai di neuropsichiatria? Parlo mai di botanica? Parlo mai di algebra? Io non parlo di cose che non conosco! Parlo mai di epigrafia greca? Parlo mai di elettronica? Parlo mai delle dighe, dei ponti, delle autostrade? Io non parlo di cardiologia! Io non parlo di radiologia! Non parlo delle cose che non conosco!”.
Sembra purtroppo essersi affermata la triste profezia di Isaac Asimov che nel 1980 scriveva su Newsweek: “C’è un culto dell’ignoranza negli Stati Uniti – e non solo, aggiungerei – e c’è sempre stato. Una vena di anti-intellettualismo si è insinuata nei gangli vitali della nostra politica e cultura, alimentata dalla falsa nozione che democrazia significhi “la mia ignoranza vale quanto la tua conoscenza”.

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