È tutta un’altra storia

Secondo un vecchio detto solo “Dio e gli storici”, con le loro interpretazioni, possono cambiare il corso degli avvenimenti.
Si tratta più che altro di un motto di spirito, una boutade, perché, certamente, nessuno storico può negare che sia avvenuto il Congresso di Vienna tra il 1814-15; tuttavia, mentre per gli storici liberali – da Walter Maturi a Adolfo Omodeo – il Congresso segna la chiusura del periodo rivoluzionario e l’inizio della Restaurazione e di un lungo periodo di pace, per gli storici democratici, attenti alle trasformazioni economico-sociali, il Congresso di Vienna non apre e non chiude nulla perché le decisioni prese dai rappresentanti delle varie potenze europee non sono state in grado di fermare il corso degli avvenimenti storici. Secondo Hobsbawm, la Restaurazione fu una fase breve e stentata a cui misero fine i moti degli anni venti dell’Ottocento e il ‘48. In particolare, la rivoluzione del ’48, che si diffonde come una fiamma in tante parti dell’Europa, dimostra che le fondamenta della Restaurazione erano fragili.
Anche le vicende storiche legate all’Unità d’Italia sono state oggetto di studi e di diverse interpretazioni storiografiche. Intere monografie sono state dedicate ai protagonisti del Risorgimento. Gli storici liberali hanno enfatizzato il ruolo di Cavour, quelli democratici hanno rimarcato, invece, l’insipienza della monarchia sabauda e dei movimenti rivoluzionari, “che hanno richiesto la comparsa sulla scena di Garibaldi, l’unico in grado di forzare il corso degli avvenimenti”. Gli storici marxisti hanno insistito sulla “rivoluzione mancata”, sull’aumento del divario tra Nord e Sud e sulla mancata redistribuzione delle terre ai contadini.
Sull’unità d’Italia, recentemente è stato pubblicato un lavoro scritto a quattro mani, dal genovese Gianluigi De Marchi e dal calabrese Francesco Femia. Il volume, intitolato “Il Regno Unito d’Italia – Tutta un’altra storia” e pubblicato da Stemme edizioni, narra il processo di unificazione italiana, mettendo in atto il detto che gli storici possono cambiare il corso degli avvenimenti. E, infatti, dopo una descrizione, più o meno fedele, dei preparativi della spedizione, dello sbarco a Marsala, delle vittorie in Sicilia e della conquista di Napoli, gli autori, nella prima parte del libro, immaginano un finale alternativo sul Volturno: la disfatta delle camicie rosse, la morte di Garibaldi e la vittoriosa controffensiva delle truppe borboniche napoletane fino alla conquista di Torino ed alla fuga di Vittorio Emanuele II in Portogallo
Nella seconda parte del volume, il vittorioso Re Francesco II affida il Governo a Massimo d’Azeglio il quale realizza uno Stato moderno, convinto che, “fatta l’Italia, bisognasse fare gli italiani” e che raggiunta l’Unità occorresse un cambiamento profondo nella mentalità e nel carattere per renderla una nazione coesa e prospera. Una narrazione che combina storia e fantasia, realtà e immaginazione, “con l’obiettivo di disegnare un’Italia diversa, basata su principi ideali forti (libertà, solidarietà e progresso); un’Italia ideale che gli autori sperano sia ancora possibile costruire, con l’impegno convinto di tutti gli italiani”.
Certo, non è un vero libro di storia quanto piuttosto un racconto di fatti reali e voli di fantasia. Anche gli autori sono consapevoli dell’utopia e sottolineano come “l’opera sia priva di intenti polemici, ma finalizzata a mettere a fuoco anche aspetti sottovalutati o cancellati della storia” e a trasmettere il messaggio che “con l’impegno di tutti il sogno di un’Italia bella e giusta può essere realizzato”.