L'Intervista

Ambiente, rifiuti, salute: ne parlano Margherita Ferrante e Gea Oliveri Conti

In occasione di Ecomed, molteplici sono state le tematiche affrontate nel corso dei panel e degli incontri tra esperti, istituzioni e cittadini. Un focus particolare è stato posto sul rapporto tra ambiente, rifiuti e salute, con l’obiettivo di analizzare criticità, opportunità e prospettive future per una gestione sostenibile dei territori. Ne parliamo con le professoresse Margherita Ferrante -Ordinario di Igiene e direttore U.O.C di Igiene Ospedaliera del Policlinico “Rodolico-San Marco” – e Gea Oliveri Conti-Associato di Igiene generale e applicata-, protagoniste del panel dedicato a questo tema, che ci offrono una chiave di lettura scientifica e al tempo stesso profondamente connessa con le esigenze del presente.

“Professoressa Ferrante, il cambiamento climatico, tema di tendenza per alcuni, di studio per altri, rappresenta oggi più che mai una priorità. L’approccio One Health, da lei promosso in collaborazione con ricercatori provenienti da ogni parte del mondo, è espressione di una visione lungimirante e olistica, divenuta riferimento per istituzioni ed enti regolatori nazionali e sovranazionali. Quali i vantaggi, le opportunità e le sfide?”

“L’approccio One Health nella vision Planetary Health promosso dalla One health International Conference ha il vantaggio di essere sostenuto da ricercatori e stakeholder provenienti da tutte le parti del mondo e, pertanto, di avere un peso specifico importante a livello internazionale. Le opportunità di promuovere tale approccio in diversi contesti Internazionali, dalle COP agli incontri dell’Union for the Mediterranean, dell’European Public Law Organization, del Colegio de Medicos di Barcellona, del global Pandemic Network e di molti altri, sono state importanti per creare una vasta sensibilità su questi temi. Per promuovere una Citizen Science planetaria è più che mai necessario il coinvolgimento attivo di cittadini, volontari e scienziati in attività di ricerca collaborative, per generare nuova conoscenza basata su evidenze scientifiche. I temi da tenere in considerazione sono tanti e devono essere affrontati in modo integrato spaziando dai rifiuti di plastica alla qualità dell’aria e dell’acqua, dall’inquinamento acustico e luminoso all’identificazione della struttura delle proteine del nostro organismo coinvolte nei processi patologici correlati, dal monitoraggio di piante e animali e quindi della biodiversità alle popolazioni umane spaziando dal rilevamento dei cambiamenti climatici e delle catastrofi naturali allo studio di malattie e altri aspetti sanitari, fino ad attività che coinvolgono le discipline giuridiche ed economiche e le scienze sociali.”

“L’OMS annovera le cause ambientali tra i determinati di salute. Si è parlato di microplastiche e dei loro effetti sull’uomo. Qual è in tal senso il contributo che il suo gruppo di ricerca sta dando alla comunità scientifica internazionale?”

“Già dal 2017 avevamo iniziato ad interessarci della ricerca dei materiali plastici per uno studio sulle artroprotesi in polietilene. Il ritrovare nel sangue dei soggetti particelle di polietilene provenienti dall’usura delle artroprotesi ci ha spinto a volere capire se anche l’usura dei materiali plastici, ormai di largo consumo e utilizzo, rilasciasse micro e nanoparticelle nell’ambiente. Una volta messo a punto il metodo di estrazione, che ad oggi è l’unico metodo in grado di estrarre tutte le particelle plastiche comprese le nanoparticelle (dal momento che noi non usiamo la filtrazione del campione), e averlo brevettato a livello internazionale, abbiamo cominciato ad indagare come le matrici ambientali potessero fungere da tramite veicolando le micro e nano particelle nell’uomo. Siamo stati i primi ricercatori a livello internazionale a studiare i prodotti agricoli investigando sul contenuto di microplastiche nell’ortofrutta che regolarmente consumiamo. Sicuramente l’ipotesi di trovare un considerevole contenuto in microplastiche non ci ha sorpresi più di tanto perché avevamo già dimostrato con diversi studi che le particelle con dimensioni inferiori ai 3 micron sono assorbitili e traslocabili in vari distretti dell’organismo, per cui abbiamo dimostrato per i vegetali ciò che avevamo già da tempo dimostrato per gli organismi animali. Studi condotti in vitro hanno accertato la tossicità esplicata dalle microplastiche (citotossicità, incremento apoptosi, infiammazione, meccanismi epigenetici mediante mutazione). Studi di esposizione animale hanno verificato esiti di patologia o di promozione di patologia in animali di laboratorio esposti a microplastiche (infiammazione d’organo, alterazione fertilità, cecità, promozione stadi precancerosi). Inoltre, un nostro studio in collaborazione con L’Università Vanvitelli e l’Università di Sousse (Tunisia) ha dimostrato come le microplastiche ambientali di 1 micron possano alterare lo sviluppo delle cellule predifferenziate, a divenire condrociti (cellule della cartilagine) e che invece si sono differenziate in adipociti (cellule del tessuto grasso), determinando di fatto una evidenza della capacità “obesogena” delle miroplastiche. La FAO in un report, che include tutte le quantità ad oggi rilevate di microplastiche in varie categorie di alimenti, ha mostrato che le microplastiche sono largamente presenti sulle nostre tavole. Ciò dipende dal fatto che la contaminazione delle acque e dei suoli si riflette sul contenuto di particelle dei prodotti alimentari in quelle sedi coltivati o trasformati. Appare chiaro che un notevole contributo derivi dall’uso delle acque minerali imbottigliate in PET. Più recentemente abbiamo iniziato una serie di studi sull’uomo che sono stati condotti prima su tessuti umani in vitro e poi, individuati i markers, in sangue, urine, tessuti umani da biopsie e, in reperti chirurgici direttamente su tessuti di vari organi e apparati. I risultati sono in corso di elaborazione ma appare evidente che le micro e nanoplastiche sono presenti in quasi tutti i soggetti e che esiste una evidente correlazione con diversi stati patologici, infertilità maschile e femminile e presenza di interferenti endocrini. Queste evidenze impongono all’Europa la necessità di approfondire il problema e valutare l’emanazione di regolamenti o direttive che riducano la circolazione dei rifiuti plastici e che contemplino il monitoraggio del parametro microplastiche alla stregua degli altri contaminanti già soggetti a limiti di legge.”

“Il Global Risk Report del World Economic Forum annovera la disinformazione e la misinformazione nella top ten delle cause di rischio globale. Si è parlato di termovalorizzatori evidenziando i falsi miti che ruotano attorno a questi impianti. Nell’era dell’Evidence Based Medicine, quali le strategie per combattere la disinformazione, causa di un crescente clima di sfiducia nei confronti della scienza?”

“Per combattere la disinformazione e la sfiducia verso la scienza la strategia fondamentale è quella di partire dai dati scientifici consolidati spiegandoli e disseminandoli in maniera oggettiva. Applicando le metodologie a supporto dell‘Evidence Based Medicine bisogna rispondere in modo semplice, chiaro e oggettivo. La validazione e spiegazione delle risposte su base scientifica e la comunicazione delle stesse con un linguaggio accessibile e semplice consente di superare efficacemente le barriere culturali nei confronti della popolazione, creando una base di fiducia e un’azione didattica, e nei confronti dei decisori politici, supportandoli e formandoli sui diversi temi con corrette conoscenze e strumenti necessari ad affrontare la crisi di sfiducia verso la scienza. Nell’ambito dei termovalorizzatori e della comune ingiustificata paura dei cittadini verso una loro installazione e messa in esercizio, bisogna evidenziare come la percezione del rischio sia ancora impropriamente alterata essendo essa spesso supportata da una scorretta comunicazione dei dati sanitari e ambientali.  Infatti, la complessità della valutazione dei dati sanitari potrebbe divenire il tallone di Achille della comunicazione nel momento in cui il comunicatore non abbia una conoscenza appropriata della tematica. Recenti attività di revisione sistematica e metanalisi, che rappresentano gli strumenti migliori di valutazione delle evidenze in ambito sanitario clinico e epidemiologico, mettono in evidenza la mancanza di rischi sia ambientali che sanitari associati alla presenza di termovalorizzatori in esercizio su territori con popolazioni residenti. Pertanto, bisogna puntare alla corretta, oggettiva e accessibile informazione per educare alla corretta percezione dei rischi il comune cittadino che, in tal modo, potrà difendersi a sua volta dalla misinformazione e disinformazione, ampiamente diffusa da canali social e media che danno voce a non professionisti del settore sanitario.”

-“Qualche consiglio pratico a quanti leggono. Per la sua vastità percepiamo come distante da noi il problema del cambiamento climatico, eppure è il frutto di piccole ma scorrette e reiterate abitudini quotidiane che ciascuno può modificare. Persino le nostre scelte alimentari possono fare la differenza. Penso alla possibilità di ridurre il consumo di carni rosse, ancor più se lavorate. Nell’ottica di un approccio One Health sarebbe propedeutico per la nostra salute, quella dell’ambiente e degli animali. Insomma, qualsiasi aspetto della quotidianità potrebbe costituire una valida occasione per ridurre la nostra impronta ecologica. Basta volerlo.”

“In un’epoca di gravi sconvolgimenti climatici, guerre e pandemie, dove anche gli shock economici negativi associati alla variabilità climatica giocano un ruolo importante nell’insorgenza di conflitti, tutto dipende dalla capacità di avviare un percorso virtuoso di sostenibilità energetica ed economica e di mantenere costantemente contatti intergruppo come un mezzo efficace per ridurre, risolvere e prevenire conflitti di ogni tipo. Le nostre scelte quotidiane influiscono in modo sostanziale sulle emissioni climalteranti. Infatti, ridurre il consumo di carni rosse per es. comporterebbe un risparmio del 90% in terreni agricoli, un risparmio del 96% nelle emissioni climalteranti e un risparmio del 94% di fertilizzanti azotati. Disporre per gli spostamenti di mezzi (aerei, navi, treni e autoveicoli) che usino fonti di energia più sostenibili ridurrebbe la nostra impronta di carbonio almeno del 50%. Cosa potremmo fare noi? Singolarmente potremmo: camminare di più a piedi e/o in bicicletta, usare gli imballaggi il meno possibile, cercare di eliminare l’uso della plastica, ridurre gli sprechi e i consumi a tutti i livelli cercando di riusare, riciclare, riparare e regalare, considerare l’intero ciclo di vita dei prodotti, limitare il consumo di suolo (impermeabilizzazione del suolo), incrementare il verde, e molto altro ancora. A livello istituzionale in questo momento è urgente: abbandonare i combustibili fossili e ripensare la domanda di energia; integrare la giustizia climatica e l’equità in tutte le strategie di mitigazione; accelerare i finanziamenti e il sostegno alle comunità vulnerabili; attraverso la giustizia climatica promuovere lo sviluppo sostenibile e il benessere umano; garantire la sicurezza alimentare, l’acqua pulita, un alloggio adeguato e l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione per tutti.”

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