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La Mediazione dei Conflitti nell’Era Digitale: una competenza vitale per il benessere lavorativo

Le relazioni, in ogni contesto, ma in particolare in ambito lavorativo, sono spesso fonte di tensioni e conflitti che emergono da molteplici dinamiche complesse. Rapporti con i superiori, screzi tra colleghi, la rigidità burocratica, le pressioni sulla produttività e la sfiducia degli utenti contribuiscono a un panorama difficile da gestire. Un problema fondamentale identificato è la mancanza di competenze nella gestione delle relazioni interpersonali, un “vuoto curriculare” che porta a una miriade di conflitti, grandi e piccoli.

Spesso, si tende a credere che i conflitti possano solo degenerare in contenziosi legali. Invece, c’è una nuova linea di pensiero che merita attenzione. Io propongo e diffondo la mediazione dei conflitti come un metodo efficace e soddisfacente per risolverli autonomamente. Ritengo questo approccio vitale e utile, dato che i conflitti sono una presenza frequente e inevitabile nella nostra vita quotidiana e professionale, trasformando a volte la giornata in un “campo di battaglia”. L’ira, una forza distruttiva, sembra non risparmiare nessuno, nemmeno le persone più pacifiche.

Di fronte a questa realtà, si presentano scelte estreme: soccombere e farsi del male, trascinandosi in una sopravvivenza affannosa, o lottare incessantemente, perdendo la pace e sprecando energie preziose che potrebbero essere investite per la propria realizzazione e il successo.

In questo scenario già complesso, l’aumento dell’uso del digitale ha ulteriormente aggravato le difficoltà relazionali. Sebbene sia uno strumento potente e prezioso che ha reso possibili nuove interazioni, il digitale è anche ambivalente. Ha ridotto il benefico esercizio quotidiano delle buone relazioni che un tempo scaturiva spontaneamente dalle interazioni fisiche, dirette e continue. Le relazioni sono diventate esclusivamente virtuali, disincarnate, fatte di click, messaggi asincroni, icone di reazione. Questa modalità di interazione porta a una progressiva perdita della capacità e del coraggio di abitare pienamente il rapporto con l’altro. Nel tempo, ciò ci rende più fragili, impreparati alla gestione dei contrasti e più incompetenti nella relazione, nonostante la connessione.

A conferma di ciò, le fonti citano il report OCSE “Skills Outlook 2023” sulla trasformazione digitale e il lavoro, che evidenzia come le competenze tecniche si aggiornino rapidamente, mentre le cosiddette “life skills”, tra cui la gestione dei conflitti e l’intelligenza emotiva, tendono a rimanere indietro se non coltivate adeguatamente.

La Mediazione dei conflitti è un antidoto e risorsa e, nell’ attuale perdita di esercizio di incontro con l’altro, emerge come la via per eccellenza, oggi più che mai necessaria. Essa ha la capacità di attivare la comunicazione, riportandola su un piano di autenticità e veicolandola a livelli profondi, dove tutte le dimensioni dell’essere, compreso il corpo, possono tornare a interagire. La mediazione restituisce infatti alla relazione quella qualità esperienziale che lo scambio digitale tende a impoverire, riportando al centro non solo il contenuto dello scambio, ma la presenza reciproca.

[1] Si suggerisce di approfondire il tema con alcune letture, di Maria Martello. Sono strumenti di autoformazione e veicoli per la diffusione di una cultura che nutra il benessere individuale e collettivo. Si consigliano: “Costruire relazioni intelligenti” (2021) e “Una giustizia alta e altra” (2023). L’arte del mediatore dei conflitti, Il valore della mediazione (2024), e Il senso della mediazione dei conflitti. Tra diritto, filosofia e teologia (2025).

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