“Il Pirata” per il ‘Bellini International Context’.

È andato in scena al teatro Massimo ‘Vincenzo Bellini’, all’interno del ‘Bellini International Context’- la rassegna direttamente promossa e organizzata dall’assessorato del turismo, dello sport e dello spettacolo della Regione Siciliana, in omaggio al compositore catanese Vincenzo Bellini – dopo la stagione 2018-2019 che lo ospitò, il melodramma “Il Pirata”. Musica di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani per la regia di Renato Bonajuto. Direttore d’orchestra: Marco Alibrando. Personaggi principali: Irina Lungu (Imogene), Celso Albelo (Gualtiero), Franco Vassallo (Ernesto).
Il teatro etneo rende onore al Cigno catanese mettendo in scena un’opera non molto frequentata ma di valore indiscusso. In quale fase della breve vita del grande compositore prese corpo Il Pirata? Ricordiamo che la notte tra il 2 e il 3 novembre del 1801 nasceva a Catania, in un appartamento al primo piano del palazzo Gravina-Cruyllas, da Rosario Bellini e da Agata Ferlito Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini.
L’ambiente familiare -il padre clavicembalista e soprattutto il nonno, l’abruzzese Vincenzo Tobia, divenuto maestro di cappella del principe Ignazio Paternò Castello – certo aveva contribuito alla formazione musicale di questo ‘bambino prodigio’ che ad appena sei anni componeva Gallus cantavit e, a sette, musiche liturgiche.
Esibirsi nelle case dell’aristocrazia catanese, accompagnato dal nonno, gli avrebbe aperto la strada per ottenere, a diciotto anni, dal Decurionato catanese, un’ambita borsa di studio presso il Real Collegio di Musica di San Sebastiano, a Napoli.
A questo periodo appartengono composizioni di musica sacra, alcune sinfonie d’opera, arie per voce e orchestra.
Ancora, la sua prima opera, Adelson e Salvini, il primo successo al S. Carlo con Bianca e Fernando (trasformata in Bianca e Gernando per non mancare di rispetto Ferdinando di Borbone), e il suo infelice amore per Maddalena Fumaroli, andato a monte per l’ostilità del padre che non la voleva sposare ad un ‘suonatore di cembalo’.
È del 1827 il suo balzo a Milano – dove risiederà ininterrottamente fino al 1833 – e l’inizio delle sue avventure amorose e dei suoi grandi successi. È proprio il 1827 l’anno di composizione del Il pirata il melodramma in scena nell’ambito del Bellini Internetional Context
Poi è il turno de La straniera (1829) per la quale il Decurionato catanese fece coniare una medaglia d’oro (Vincentius Bellini catanensis musicae artis decus, MDCCCXXIX), I Capuleti e i Montecchi (1830), La Sonnambula (1831).
Dopo un insuccesso iniziale – dovuto alla vendetta della contessa Giulia Pahalen Samoyloff (abbandonata dal musicista per Giuditta Turina) che sembra avesse pagato il pubblico e la stampa per boicottarla – la Norma (1831) venne acclamata a Milano stessa, a Londra e a Parigi.
Bellini meritò anche i complimenti di Verdi: “S’egli non aveva alcune delle brillanti qualità di qualche suo contemporaneo, aveva ben maggiore originalità, e quella tal corda che lo rende tanto caro a tutti, e che nel tempio dell’arte lo colloca in una nicchia ove sta solo… Lode a lui e lode grandissima”
A Parigi, il Cigno fu subito accolto dai circoli culturali, politici, aristocratici e artistici dove venne a contatto con Rossini, Chopin, Listz, Cherubini, Dumas e Victor Hugo.
Per Heinrich Heine: «Egli aveva una figura alta e slanciata… Viso regolare… d’un rosa pallido; capelli biondi, quasi dorati… fronte molto alta e nobile; naso diritto; occhi azzurri; bocca ben proporzionata; mento rotondo. I suoi lineamenti avevano un che di vago, di latteo, e in codesto viso di latte affiorava a tratti, agrodolce, un’espressione di dolore».
Quando, nel 1833, il poeta tedesco nel salotto parigino di Cristina Trivulzio, principessa di Belgioioso, predisse a Vincenzo Bellini che sarebbe morto giovane, non immaginava certo di annunciare una profezia che da lì a poco si sarebbe avverata.
A niente valse la spilla (esposta al Museo Belliniano) che il superstizioso musicista indossava sempre, con un grosso cristallo di rocca e due cornetti di corniola nera.
Al Teatro degli Italiani, il 24 gennaio 1835, andò in scena la sua ultima opera, I Puritani, su libretto di Carlo Pepoli.
La morte improvvisa di Vincenzo Bellini, il 23 settembre 1835, per una vecchia infezione intestinale amebica, suscitò addirittura il sospetto di avvelenamento ad opera di un marito tradito, Samuel Lewys, di cui il compositore era ospite nella villa di Puteaux.
Quarantuno anni dopo, la salma di Bellini fu traslata a Catania, dove riposa nella Cattedrale.
Il pirata dunque fu rappresentato con successo in prima assoluta alla Scala di Milano il 27 ottobre 1827, dopo il trasferimento del compositore – appoggiato dall’impresario Domenico Barbaja – da Napoli a Milano, e dove incominciò a lavorare con il librettista ufficiale del teatro meneghino Felice Romani che entrò nel mondo operistico nel 1813 collaborando con artisti famosi come Rossini, Donizetti, Mercadante, Pacini e tutti i maggiori compositori di quell’epoca. Fu uno dei librettisti più apprezzati nella storia dell’opera italiana.
Il Pirata presenta lo schema usuale in quel periodo: il tenore che ama il soprano che purtroppo è sposata con il baritono. Il tutto avvolto nell’ambientazione medievale ma con i riferimenti romantici di Bellini che mostra un notevole talento nel descrivere le emozioni esteriori e quelle profonde : “Io solo”, dirà il librettista, “lessi in quell’anima poetica, in quel cuore appassionato, in quella mente vogliosa di volare oltre la sfera in cui lo stringevano le norme della scuola e la servilità dell’imitazione, e fu allora ch’io scrissi per Bellini Il Pirata, soggetto che mi parve adatto a toccare la corda più rispondente del suo cuore, né m’ingannai. Da quel giorno in poi, c’intendemmo ambidue, lottammo uniti con le viziose abitudini del teatro musicale, e ci accingemmo concordi ad estirparle a poco a poco, a forza di coraggio, di perseveranza, d’amore”.
Il libretto fu tratto dal mélodrame di Isidore J. S. Taylor Bertram, ou le Pirate, andato in scena a Parigi 1826, a sua volta ispirato alla Tragedia Bertram, or The Castle of Saint-Aldobrand di Charles Maturin del 1816.
L’opera ebbe quindici recite e guadagnò al compositore l’impegno per un altro lavoro: La Straniera.
Bellini scriveva allo zio materno Vincenzo Ferlito:” Gioisca in una ai miei genitori e parenti; il suo nipote ha avuto la sorte di fare tale incontro con la sua opera che non sa esprimerlo; né ella, né tutti i miei, né io medesimo potea lusingarmi di tale esito.”
Superato di gran lunga da Norma, I Puritani e La sonnambula, Il Pirata venne dimenticato fino agli anni ‘50 del Novecento quando la Callas lo riportò al successo.
La trama, gotico- romantica ci riporta all’atmosfera della guerra del Vespro, al XIII secolo in Sicilia, nel castello di Cadora del duca Ernesto, filo angioino, che aveva ostacolato l’amore tra Imogene (che aveva costretto a sposarlo sotto ricatto) e Gualtiero conte di Montalto. Questi, all’oscuro delle nozze, fugge in esilio
A capo di una squadra di pirati fedeli agli aragonesi che affligge le coste siciliane, per dieci anni fa guerra agli angioini e – sperando di poter incontrare e sposare Imogene – viene sconfitto da Ernesto: In un decisivo scontro con gli Angiò, la flotta dei pirati è sgominata,
Solo il suo vascello si salva (Ciel! qual procella orribile) approdando fortunosamente nei pressi di Cadora.
Soccorsi su suggerimento dell’eremita il Solitario (che Gualtiero riconoscerà come suo antico precettore), i naufraghi vengono soccorsi anche da Imogene che viene sconvolta dalla falsa notizia della morte preannunciata da un sogno premonitore (Lo sognai ferito, esangue) dell’antico amore.
Durante un banchetto in onore dei pirati, Gualtiero si rivela all’amata e furioso a causa delle nozze ‘fedifraghe’ medita vendetta mentre Ernesto ordina che i naufraghi partano all’alba del giorno successivo.
Gualtiero vuole incontrare la donna nella notte (Vieni: cerchiam pe’ mari ) ma Imogene, moglie fedele e madre amorosa, rifiuta di fuggire con l’amato, mentre viene scoperta dal marito. Il duello all’ultimo sangue tra i rivali è inevitabile. Muore il Duca e Gualtiero è condannato a morte (La tua sentenza udisti).
Ipogene impazzisce e si lancia tra i flutti, modificando il finale che prevedeva, nella prima dell’opera che Gualtiero si gettasse da un dirupo.
“Il Pirata” è considerata un’opera fondante del romanticismo musicale, una sorta di manifesto artistico inserito nella cultura milanese che risentiva delle tendenze europee dell’epoca staccandosi dagli ideali classici del periodo della Restaurazione.
Apprezzabile dunque questo allestimento sotto diversi punti di vista ma soprattutto per l’eccezionale voce del soprano applauditissima dal pubblico.
Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi