Politica

Esiste ancora la Realpolitik?

In che modo i risultati elettorali francesi, inglesi, americani possono rideterminare gli assetti europei e mondiali? Come possono influire le guerre, scoppiate in Ucraina e nella Striscia di Gaza, negli equilibri tra le potenze? Quale ruolo può giocare l’Europa con Stati Uniti e Cina? Come si sta muovendo la Russia e cosa cambia sul fronte mediorientale dopo l’attacco di Hamas e la risposta armata israeliana? La nozione di Occidente ha ancora senso? E il Trattato del Nord Atlantico, o meglio la Nato, ricopre ancora una posizione di rilievo?
Ad alcuni di questi quesiti tentano di dare una risposta concreta il presidente dell’Ispi Giampiero Massolo e il giornalista Francesco Bechis nel libro “Realpolitik. Il disordine mondiale e le minacce per l’Italia”.
Come viene espressamente dichiarato nel titolo, nel volume viene analizzato non più il vecchio “ordine” ma il nuovo “disordine” mondiale alla luce della realpolitik, cioè di un concezione politica che, se in senso negativo viene utilizzata per indicare una visione di corto raggio o scarsa lungimiranza, che persegue soluzioni temporanee e parziali ai problemi, nell’accezione positiva viene indicata quale una politica estera basata sulla realpolitik cioè una politica collegata al realismo, quale quello perseguito da Bismarck teso alla ricerca diplomatica di un equilibrio tra le varie potenze e al mantenimento della pace.
“Una realpolitik – sostengono gli autori – come metodo essenziale per comprendere il presente e il futuro della politica interna ed estera italiane, tra migrazioni storiche dall’Africa, crisi dell’Europa e nuovo ruolo nel Mediterraneo”.
Nel volume, infatti, si cerca di analizzare “il sistema delle relazioni internazionali, quale esso è e non come vorremmo che fosse”, attraverso un linguaggio chiaro, preciso, stringato e privo di fronzoli. Dalla fine del vecchio ordine mondiale al tentativo di stabilirne uno nuovo, in una situazione caratterizzata da una crescente e dura contrapposizione tra un Occidente a trazione anglosassone, il resto del mondo – formato dai Paesi delle economie mondiali forti (Russia, Cina, Brasile, India) con l’aggiunta di Sudafrica e di Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi – e un’Europa che, schiacciata nel mezzo, si rivela debole in politica estera.
In uno scenario, lacerato da guerre e conflitti economici e commerciali, la situazione dell’Italia, secondo gli autori, è peggiorata perché non può più – né le verrebbe consentito – di mettere in pratica il vecchio schema della politica estera del doppio binario: alleanza politica con l’Occidente, commercio con l’Oriente, in nome del “teorema energia/mercati… che ha posto due priorità assolute: approvvigionamento energetico e ricerca di nuovi mercati di sbocco”.
Al pari degli altri Paesi, anche l’Italia dovrebbe attrezzarsi per affrontare le insidie di un mondo sempre più privo di punti di riferimento nel quale nessun Paese da solo ha la capacità di scandire tempi e temi di un sistema globale. Le minacce sono tantissime, dalle migrazioni ai cambiamenti climatici, dalle pandemie alle guerre.
Un contesto difficile in cui non trovano un’immediata soluzione le guerre in Ucraina e a Gaza – che nel lavoro di Mussolo e Bechis vengono descritte come scontro tra specifici interessi nazionali e non, parimenti alla vulgata propagandistica, come una lotta dei “buoni vs cattivi”- e in cui aleggia l’incognita delle elezioni negli Usa, soprattutto dopo il primo faccia a faccia in cui Biden ha dimostrato chiaramente di non essere più in grado fisicamente e intellettualmente di competere con Trump.
Come ha dichiarato Lucio Caracciolo, pensare che Biden debba, ancora per sei mesi, gestire tre guerre non è affatto tranquillizzante. Non a caso in tanti, tra gli stessi democratici, sperano che Biden si dimetta perché il voto americano in programma a novembre è destinato ad influenzare il nuovo assetto mondiale. Anche l’ingovernabilità politica della Francia, con la sconfitta di Macron, a causa anche della sua politica estera, e con la destra di Marine Le Pen che avanza, ma non sfonda, è destinata a incidere sulle politiche europee.

Pina Travagliante
Prof.ssa ordinario di Storia del Pensiero economico

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