L'Intervista

Dante alle Gole dell’Alcantara: intervista all’attore Angelo D’Agosta

Anche quest’anno le Gole dell’Alcantara vibrano in un gioco arcano di luci e ombre per tramutarsi nella dimora sotterranea dei dannati in cui si ritrova smarrito il Sommo Poeta dopo aver perso la “diritta via”.

L’Inferno di Dante, il coinvolgente spettacolo che, con i suoi effetti scenografici, ogni estate affascina centinaia di spettatori, non solo italiani, è tornato per far rivivere la bellezza intrinseca di un’opera immortale.

Complice una meravigliosa cornice naturale che si tramuta in un luogo onirico che enfatizza la narrazione delle figure emblematiche portate in scena come gli indimenticabili Paolo e Francesca o il tormentato Conte Ugolino.

Un maestoso teatro naturale che dà forza e carattere all’intensità interpretativa dei singoli attori e che per tutta la durata dello spettacolo sembra rallentare il tempo in un unico e profondo momento che scorre lento e pacato come il fiume Alcantara, che fa da sfondo, per unire, in un solo flusso, passato e presente.

E in questo divenire emerge prepotente la voce densa e impetuosa di Angelo D’Agosta che, nelle vesti del Sommo Poeta, prorompe inarrestabile e riesce, immediatamente, a instaurare una connessione emotiva con lo spettatore. Attraverso una declamazione potente, impattante, ma al tempo stesso intima e introspettiva, traspare una sua personale interiorizzazione dei versi danteschi che ridona nuovo vigore ad antiche passioni, sublimandole negli slanci emozionali.

Una interpretazione, la sua, in cui l’attore e l’uomo perdono certezza dei propri confini e si fondono l’uno nell’altro per dare vita a un personaggio pieno e di carattere, animato dal fuoco sacro che non smette mai di ardere nel profondo.

Ma Angelo D’Agosta non è solo un attore, è anche regista e autore di testi teatrali come il monologo “Ulisse all’Inferno” da lui stesso magistralmente interpretato. Per il suo talento è stato il più giovane artista ad essere scritturato dal Teatro Stabile di Catania e ha interpretato ruoli di rilievo come Ippolito e Orfeo in importanti teatri.

Facciamo quattro chiacchiere con lui per conoscerlo meglio e per comprendere quale sia il suo rapporto con un grande poeta come Dante.

Tu sei un attore molto noto, ma anche regista e autore di testi teatrali, quindi adesso ti chiedo che cosa vuol dire per te essere un attore di teatro oggi, in una società in cui non c’è più tempo per fermarsi e guardarsi dentro?

Il nostro è un tempo distratto e disattento. Siamo costantemente bombardati da informazioni di ogni tipo e genere. Ritengo vero e difendo il concetto che, se il teatrante ha motivo di esistere oggi è perché ha il compito e la capacità di custodire i ricordi e donarli agli altri.

So che sei laureato in Scienze della Comunicazione, ma tra i molteplici sbocchi che ti si offrivano perché hai scelto di trasmettere quello che avevi da dire con il teatro?

Specialmente nei tempi in cui frequentavo la scuola d’arte drammatica, docenti e colleghi più grandi suggerivano sempre il famigerato “Piano B”. Sinceramente io non l’ho mai avuto né preso in considerazione. Ricordo una frase, che doveva essere “intimidatoria” che si ripresentava spesso quando ero in Accademia: “Di voi, solo cinque faranno gli attori”.  A me faceva un altro effetto e pensavo tra me e me. Chissà chi sono gli altri 4″.

Adesso sei in scena alle Gole dell’Alcantara, con lo spettacolo L’Inferno di Dante, ogni sera quando muovi i primi passi sui ciottoli del fiume quale emozione ti suscita vestire i panni del Sommo poeta e recitare i suoi versi immortali?

Enorme, una emozione grandissima. Ormai sono più di 260 repliche e saranno 300 a fine estate, ma l’emozione è sempre la stessa.

Questo interpretarlo, questo sentire dentro di te i suoi sentimenti, le sue stesse incertezze e paure, che cosa ti ha trasmesso nel profondo? Ti ha arricchito interiormente? Ti ha offerto una nuova visione della realtà?

Ho avuto una grande occasione, rara a dire il vero, e ne sono onorato. Dare voce e corpo a quei versi immortali non può non darti una grande occasione di arricchimento, unica nel suo genere.

L’inferno di Dante è un’opera letteraria di particolare bellezza stilistica ma anche di notevole complessità quale messaggio cerchi di comunicare al pubblico che assiste?

Che Dante è vivo e lotta con noi… Scherzi a parte, in effetti in questa affermazione c’è più che un fondo di verità. Dante è riuscito ad analizzare le infinite sfaccettature dell’animo umano. La cosa che lo ha reso immortale è che, tutto quello che racconta è ancora vero. Gli uomini commettono gli stessi errori, hanno i medesimi desideri e sono mossi dagli identici ideali, sia nel bene che nel male.

Credi che, far rivivere un poeta come Dante attraverso la tua interpretazione, possa scuotere le coscienze e divenire un piccolo spunto di riflessione in un’epoca come la nostra, dominata dalla plasticità delle immagini?

Sono un teatrante, principalmente spero di regalare un’emozione.

Se poi questa emozione diventa occasione per lo spettatore di incominciare una riflessione, questo non può che essere, per me, motivo di gioia.

Per concludere secondo te che cosa ha determinato per questo spettacolo questo enorme consenso di pubblico?

Credo che il successo e la fortuna di questo spettacolo siano dovuti al grandissimo lavoro sinergico di tutta la squadra, dalla produzione “Buongiorno Sicilia” in primis e a tutto il gruppo creativo ed esecutivo.

Credo che il grande riscontro ricevuto da questo spettacolo è soprattutto frutto della sua capacità di rendere vivo, gioioso e gradevole per tutti (grandi e piccoli) il capolavoro del Sommo.

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