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La Marionettistica dei Fratelli Napoli racconta “Come Sant’Agata ritornò a Catania da Costantinopoli”

In occasione dei festeggiamenti agatini d’agosto la compagnia “Arte Pupi Fratelli Napoli”, Maestri pupari catanesi da ben cinque generazioni, martedì 12 agosto, alle ore 21.00, nella splendida cornice del chiostro cinquecentesco della Chiesa Santa Maria del Gesù omaggia la nostra Patrona con l’inedita messinscena “Come Sant’Agata ritornò a Catania da Costantinopoli”.
Spettacolo, all’interno dell’applaudita rassegna “Furriannu Furriannu a Catania con i Pupi dei Fratelli Napoli”, su copione di Alessandro e Fiorenzo Napoli suddiviso in due sezioni da Catania a Costantinopoli e da Costantinopoli a Catania con l’intermezzo di Peppininu, maschera tradizionale dell’Opera dei pupi di stile catanese che segna il passaggio dall’uno all’altro blocco cronologico testimoniando il dolore dei catanesi per la sottrazione del corpo di Sant’Agata da parte del generale bizantino Giorgio Maniace.
“Questa messa in scena- spiega Alessandro Napoli- nasce dall’esigenza di voler celebrare con la tradizione dell’Opera dei Pupi di scuola catanese l’imminente novecentesimo anniversario della traslazione delle reliquie di Sant’Agata da Costantinopoli a Catania per mano dei due soldati Gisiliberto e Goselmo ed anche per dare corpo e voce ai ricordi dei racconti tramandati da mia zia Ciccina quando avevo 7 anni, che dopo la consueta visita in Cattedrale per assistere all’ uscita di S. Agata dalla “cammaredda”, la messa e il bacio alIe sante reliquie mi raccontò come mai il corpo di S. Agata si fosse conservato non intero ma a pezzi”.
L’aspetto scenografico, curato da tutti componenti della famiglia Napoli, evoca una Sicilia medievale in cui si succedono Arabi, Bizantini e Normanni rappresentati secondo i codici dell’ Opira catanese che tra storia, fede e credenze popolari racconta come il ritorno delle reliquie a Catania servì a legittimare la conquista normanna su ordine del vescovo Maurizio, il quale decretò che le reliquie venissero allocate nella cattedrale fortezza edificata dal Gran Conte normanno Ruggero.
“La prima sezione del copione – continua Alessandro Napoli – è stata elaborata sulla base di fonti storiche bizantine con notizie scarne, mentre per la seconda parte la fonte principale utilizzata è l’ “Epistola” del Vescovo Maurizio, una volta ben conosciuta nella declinazione orale e popolare del racconto. Le poche notizie delle fonti ci hanno stimolato a caratterizzare i protagonisti della vicenda secondo tipologie riconoscibili dei personaggi dell’Opira catanese, per cui, ad esempio, Stefano Calafato, inaffidabile capo della flotta bizantina, lo abbiamo immaginato maligno come Gano e i due soldati protagonisti Gisliberto e Goselmo eroi positivi rappresentanti del Bene come i paladini Orlando e Rinaldo”.

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