Attestazioni di Produzione di Vino e Grano nelle Terre delle Aci in età Greca e Romana

Si è tenuto nei giorni scorsi, nei locali della villa comunale di Aci Sant’Antonio, il primo di una serie di incontri culturali che la “Fabrica Culturale Uomo e Natura” dedica al patrimonio agroalimentare ed enogastronomico siciliano, alle sue origini e alle culture e tradizioni che nei secoli lo hanno determinato.
L’iniziativa della Fabrica Culturale che si concluderà alla fine del prossimo mese di settembre alla Sala Pinella Musumeci della Villa Belvedere di Acireale con la presentazione della Rassegna virtuale su “Scienziati viaggiatori in Sicilia nei secoli XIX – XX” e con Giornate di Studio e si colloca all’interno di ECO, progetto a regia del GAL Terre di Aci per la “Valorizzazione dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali delle Aci”.
L’avvio al superiore incontro sul tema “Attestazioni di produzione di Vino e Grano nelle Terre delle Aci in età Greca e Romana” è stato dato dal Sindaco di Aci Sant’Antonio, Dr. Quintino Rocca.
Ha fatto gli onori di casa la dr.ssa Agata Spinto, Assessore alla Cultura, Spettacoli e Turismo del Comune di Aci Sant’Antonio, coadiuvata dalla Dr.ssa Anna Ferro dell’Ufficio comunale Spettacoli e Turismo.
Quindi, la Dr.ssa Maria Teresa Magro, già funzionario archeologo della Soprintendenza ai Beni Culturali di Catania, passa a intrattenere i convenuti con una relazione sulla produzione di vino, olio e grano nelle pendici etnee nell’antichità.
Con il supporto di interessanti immagini di reperti archeologici rinvenuti nel corso di ricerche condotte nelle terre delle Aci, la relatrice ricorda come la produzione del vino e dell’olio nelle pendici etnee si già attestata in età romana anche da citazioni, quel quella del geografo, storico e filosofo greco Strabone (60 a.C. – 24 d.C.).
Infatti, nella sua Geografia (VI, 2), Strabone, convinto assertore sugli effetti delle attività vulcaniche particolarmente benefiche per la produzione agricola, scrive: “Si rivela un beneficio per la campagna, perché la rende fertile e fa sì che produca una vite eccellente, mentre il resto del territorio non produce vino di alta qualità.
Dicono inoltre che le radici che fuoriescono dai campi coperti dalla cenere ingrassano a tal punto il bestiame da farlo soffocare. Per questo ogni quattro o cinque giorni fanno fuoriuscire ad esso sangue dalle orecchie […] così si può pensare che la cenere dell’Etna abbia qualche qualità particolarmente adatta alla vite”.
La produzione vinicola etnea, continua Mariateresa Magro, era ritenuta di qualità eccellente anche da famosi personaggi del passato, quali Plinio il Vecchio (23 d.C. – 79 d.C), comandante militare romano, scrittore e filosofo, e da Marco Valerio Marziale (38? d.C. -104 d.C.) poeta, comunemente ritenuto un epigrammista latino tra i più importanti.
Tre secoli dopo, siamo nel 300-400 d. C. continua la Magro, l’anonimo autore della Expositio totius mundi et gentium scrive che l’Etna ha tutt’intorno numerosi vigneti che producono vini di grande pregio (“Aetna […] qui mons in girum vineta multa habens, generat vina praecipuo”).
La relatrice passa quindi ad illustrare numerose ed importanti testimonianze archeologiche, diverse delle quali sono state messe alla luce da ricerche a cui essa stessa ha partecipato, quali grandi dolia incassati nel terreno (dolia defossa), utilizzati per la conservazione di prodotti agricoli, rinvenuti lungo il medio versante orientale dell’Etna (Aci Platani, Giarre) e di resti di macine adibite alla produzione di farina nel territorio di Mascalucia, Trecastagni, Valverde, spesso inseriti in contesti moderni.
Ed ancora, continua la Magro, va ricordato il rinvenimento di strutture antiche identificate come impianti per la produzione di anfore destinate al trasporto del vino o dell’olio nell’area tra Acicastello e Aci Catena e di una fornace ad Acicastello nel 1982, attiva in età imperiale e tardo-antica, e specializzata nella produzione di, anfore da trasporto , laterizi e tubuli di terracotta, ceramica da mensa e da dispensa, nonché grossi contenitori probabilmente destinati allo stoccaggio di derrate alimentari.
Edifici che avevano la funzione di magazzino per granaglie o olive sono stati scoperti nel territorio di Aci Sant’Antonio e in territorio di Aci Platani.
Una interessante struttura, prosegue l’oratrice, è stata portata alla luce nel corso di ricerche archeologiche nel comune di Aci Platani, dove, nel 1972, in occasione dell’esecuzione di alcuni lavori per la realizzazione di una civile abitazione, fu rinvenuta una struttura a pianta rettangolare realizzata in conglomerato cementizio con all’interno otto vasche con imboccatura circolare disposte in doppia fila, identificati come siloi per la conservazione di derrate.
Certamente tra i rinvenimenti archeologici più significativi va menzionato quello avvenuto all’interno del sito archeologico di Santa Venera al Pozzo (Acicatena). Si tratta di un complesso edilizio articolato su trentasette ambienti, disposti intorno ad una corte centrale a cielo aperto ed occupanti una superficie complessiva di circa 1700 mq. Tale struttura doveva svolgere una funzione principalmente produttiva, legata alle attività agricole, alla lavorazione e alla conservazione delle derrate, quali vino o olio.
Dopo un uso per quasi un secolo e mezzo, fu riutilizzato come complesso artigianale per la produzione di laterizi e contenitori ceramici.