L'Intervista

NiggaRadio e RadioSabir: due nomi ma una stessa anima.

Fino a ieri si son chiamati NiggaRadio e con questo nome, Daniele Grasso,  Peppe Scalia, Chiara Dimauro e Umberto Arcidiacono, hanno condiviso la loro musica in Italia e nel mondo, promuovendo, a livello concettuale e sonoro, la commistione di culture differenti, locali e  internazionali, proponendo canzoni, le cui liriche dialettali sicule, vengono legate perfettamente al tessuto compositivo e sonoro, in cui è possibile riconoscere sia le influenze arabo-mediterranee, che la profondità del blues, sia le colorate ritmiche afro, che l’innovazione della musica elettronica.

Il nome NiggaRadio ha rappresentato un ambizioso progetto per dare risalto agli “ultimi” del mondo, che per collocazione geografica o condizione economica, non riescono a far sentire la loro voce e far valere i propri diritti. Il termine “Nigga” è stato perciò coerentemente pensato ed utilizzato in nome di una sincera solidarietà nei confronti di chi è ai margini della società.  La band ha un riscontro importante di critica e di pubblico per ognuno dei tre dischi pubblicati, con premi, concerti e festival in giro per tutta Italia. Succede purtroppo, che la sensibilità viene sovente travisata ed alcune menti benpensanti, in particolare alcuni giornalisti e addetti ai lavori, imbevuti sino al midollo di ansie “politically correct“, hanno criticato o addirittura posto veti ed ostacoli alla promozione e diffusione della musica della Band, considerando il nome “NiggaRadio” inaccettabile, poiché probabile oggetto di eventuali fraintendimenti razzisti!

Così oggi la Band decide, non senza difficoltà, di cambiare nome, pur mantenendo l’ispirazione e il sound del progetto di partenza e come un’araba fenice che risorge dalle proprie ceneri, i NiggaRadio rinascono con il nome di RadioSabir.

La Band sta completando il nuovo disco ed il 29 giugno, è stato pubblicato il singolo “A Rivoluzioni ‘un si fa chi social”. Il brano parla della difficoltà di vivere ed emergere in alcune parti del nostro pianeta, della tentazione di andar via per trovare di meglio altrove, ma anche della voglia di lottare realmente nel proprio luogo natio per cambiare le cose.  La riflessione insita nella canzone è rivolta a chi pensa di emergere con i social e non con azioni attive e concrete nel mondo reale.

Incontriamo Daniele Grasso fondatore dei NiggaRadio/RadioSabir, nel suo studio di registrazione catanese, il The Cave, sede anche delle etichette Dcave e TKAA, per approfondire con lui la storia della band e i loro progetti in itinere.

Ciao Daniele, anche voi quindi vi siete scontrati con la dittatura del politically correct… Chi erano i NiggaRadio e perché il termine Nigga non doveva e non poteva essere così male interpretato?

NiggaRadio era (ed è ancora nel nostro animo) un progetto che fondeva cose che inizialmente davano l’impressione di non poter coesistere assieme: il root-Blues, quello malamente amplificato, crudo e gutturale, con la slide a farla da padrona, l’elettronica cheap, quella dei synth analogici low cost e altra robaccia da rigattiere, il folk dei paesi dell’area mediterranea, cantato in siciliano; ma soprattutto, metteva insieme musica e parole per ballare e anche riflettere. Il nome non poteva essere male interpretato perché era così evidente che noi fossimo e siamo militanti schierati dalla parte degli ultimi e che noi stessi siamo “Nigga” perché appartenenti ad una terra che di fatto, e in diversi ambiti, è popolata ancora oggi da “ultimi” …

Quindi oggi parliamo di Radio Sabir. Perché Sabir?

Il Sabir è stato per quasi un millennio la lingua franca del mediterraneo. Un calderone di idiomi (veneziano, genovese, siciliano, catalano e arabo) uniti per formarne uno solo, allo scopo di connettere i popoli del mediterraneo. Un po’ come noi, no? Quindi RadioSabir definisce un luogo e un’attitudine.

Mi hanno sempre colpito le trame e le contaminazioni stilistiche dei vostri brani, così tanto diverse fra loro, ma perfettamente in armonia. Sembra che vi riesca naturale e spontaneo connettere culture differenti, tutte però accomunate dal patimento esistenziale legato alle origini e alla terra. Tutto questo si trasforma in musica, nella vostra musica. Da dove prende vita l’attitudine che vi ha fatto sperimentare tanto in questa direzione?

Mah! … Mi prendo la colpa in prima persona, avendo una mamma yankee e un padre siciliano, mediterraneo e meridionalista convinto… Cosa volevi venisse fuori?!? Questa attitudine ha contagiato tutto il resto della band, influenzando molti di quelli che sono passati “nelle vicinanze”, anche solo per poco, conservando nel loro bagaglio suoni e/o parole che con noi avevano condiviso e questo ci fa piacere.

Cosa ci offre la nostra terra siciliana dal punto di vista del talento e della produzione musicale? Dove è finito il fermento sonoro di un tempo? In giro nei locali, ma persino nei teatri, vengono proposte e riproposte essenzialmente cover band e tribute band.  Dove sono finiti gli autori, i cantautori, le band che presentano un loro repertorio?

Ci sono e non pochi, anche se la qualità non è sempre alta, ma avendone l’occasione potrebbero sempre crescere, no?!? Forse la domanda dovrebbe essere: “Dov’è il pubblico e dove sono i gestori che con coraggio supportano, quando non creano una scena?”.

Sono d’accordo, la disponibilità di spazi e di pubblico interessato, promuoverebbe un circolo virtuoso, un sano confronto costruttivo fra artisti, utile a stimolare un reciproco scambio d’ascolti, fertili contaminazioni, evoluzioni stilistiche e opportunità rinnovate per la nascita di una nuova scena musicale. Ed è proprio a proposito di spazi che vorrei conoscere il tuo parere sulla visibilità virtuale, nei social e della loro influenza sulla promozione musicale, ma anche del loro eventuale lato oscuro e deleterio.

Mah! Cambiano i tempi, ma la sostanza rimane sempre la stessa: chi controllava i giornali o le radio un tempo?  Quando sento dire che la rete è uno spazio libero mi vien da ridere. Anche su internet è necessario investire per potersi dare visibilità… Si può fare “Guerrilla marketing” ma sempre lì siamo!

Il vostro ultimo lavoro è in linea col vostro stile. Ce ne vuoi parlare?

Oh! In realtà evolve continuamente, siamo scesi più a sud, più sud ancora e crediamo che ci sia una via che possa mettere la nostra terra al centro si un percorso e di una visione musicale. Proviamo a miscelare gente e tradizione per una via nuova. Il primo singolo “A rivoluzioni ‘un si fa chi social”, uscito un mese fa, sta ben viaggiando con buoni riconoscimenti e risultati, tenuto conto che ci siamo “ribattezzati” RadioSabir da poco tempo. Il singolo parla di una cosa semplice che si evince dal titolo: se vuoi cambiare la tua condizione e fare qualcosa che rivoluzioni il tuo mondo, ti devi “sporcare le mani” e non stare dietro un PC! In questa “mattana” hanno suonato: il mio compagnetto di banco Peppe Thunder Scalia alla batteria, il nuovo “battitore libero” Umberto Arcidiacono alle percussioni (ma dal vivo è una trottola che suona con efficacia di tutto un po’), alla voce Chiara Dimauro. Ci hanno dato un prezioso aiuto altri artisti, fra i quali ricordiamo: Cesare Basile alla chitarra tenore, Alessandra Rizzo, Paola Innao, Gaetano Bartolo e Alex Lionti a qualcosa che è molto di più di un coro.

Il futuro dei RadioSabir?

Chiusi in studio. All’inizio dell’autunno arriverà un po’ di sostanza con un EP speciale, un nuovo singolo e poi seguirà a breve il resto del disco. Lo presenteremo in giro e miriamo ad una dimensione più ampia, europea, ma anche e soprattutto, mediterranea.

Grazie Daniele, un saluto a te e al resto dei RadioSabir, con l’augurio che il vento del Mediterraneo contenuto nei vostri brani, possa riscaldare il cuore di tutta l’Europa ed arrivare (perché no?), fino ai luoghi più remoti del nostro pianeta!

Alla prossima.

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