L'Opinione

La terza guerra mondiale a pezzi

L’escalation della guerra su più fronti, la continua distruzione dell’Ucraina, l’avanzare della Russia in Crimea e nel Donbass, il conflitto tra Israele e i palestinesi doppo l’attacco terroristico di Hamas, le difficili trattative per rilasciare gli ostaggi israeliani, l’attacco terroristico dell’ISIS alla grande sala concerti di Mosca hanno reso incandescente la situazione internazionale. Come ha affermato il filosofo Massimo Cacciari, evocando l’inizio della prima guerra mondiale, Sarajevo è dietro l’angolo. Putin dopo la vittoria elettorale, nonostante l’attentato alla sala concerti abbia dimostrato la vulnerabilità della Russia sul piano della sicurezza, sta continuando a bombardare l’Ucraina a cui ha tentato di addebitare l’attacco terroristico. Ancora più esplosiva la situazione nella striscia di Gaza dove i palestinesi in fila per chiedere cibo sono stati massacrati. In tutte le piazze e negli atenei proliferano le manifestazioni pro Palestina. Gli studenti universitari, dagli atenei alle piazze, hanno condannato Israele e si sono schierati dalla parte dei palestinesi. Cortei, a sostegno della Palestina, a Pisa, dove gli studenti sono stati fermati dalle forze dell’ordine, a Torino a Trieste, a Milano, a Genova, a Empoli. A Milano, gli studenti “hanno condannato l’ipocrisia dell’Università e della ministra Bernini che parlano astrattamente di memoria per poi sostenere attivamente il genocidio del popolo palestinese perpetrato da Israele”.
Al grido “I genocidi sono tutti uguali. Palestina libera” tantissimi attivisti si sono riuniti in Piazza Vittorio Emanuele a Roma. “Non siamo qui – ha dichiarato un attivista palestinese. per dire che siamo contro gli ebrei. Siamo qui per dire no al genocidio a Gaza”. A Napoli il centro sociale “Mezzocannone occupato” ha organizzato un sit-in in piazza San Domenico Maggiore. Sulla pagina Facebook del centro sociale viene rifiutata “l’equiparazione tra antisemitismo ed antisionismo, poiché in nessun caso criticare il progetto sionista può corrispondere ad un sentimento di odio nei confronti della popolazione ebraica”.
A Catania, come a Palermo, sono stati organizzati manifestazioni per chiedere il cessate il fuoco a Gaza “contro l’ipocrisia di Israele”.
Il clima si è infiammato, ovunque, dopo l’uccisione dei civili palestinesi in fila per ricevere acqua e cibo e a Bologna, la guerra nella striscia di Gaza ha monopolizzato il dibattito durante l’inaugurazione dell’anno accademico. Infuocate le parole pronunciate da una studentessa: “l’Università di Bologna e il suo rettore hanno le mani sporche di sangue”. Immediatamente il rettore Giovanni Molari ha interrotto l’intervento dicendo: “Gli accordi si rispettano”.
Nel suo discorso durante la cerimonia, anche il rettore Molari fa un riferimento alla guerra in corso nella Striscia di Gaza: “So bene che su questo tema ci sono state e ci saranno ancora discussioni all’interno dell’Ateneo. Il nostro compito è favorire il pluralismo delle opinioni e il rispetto di tutte le sensibilità. Ma laddove i diritti fondamentali sono in gioco, opinioni e sensibilità diverse non possono che trovare una composizione nel richiedere con forza la tutela dei valori fondamentali che la Costituzione italiana e lo Statuto dell’Alma Mater ci impongono di difendere… “il numero crescente di studentesse provenienti dall’Iran ci dice chiaramente che l’Università può e deve rappresentare una speranza di libertà e giustizia… per tutti coloro che fuggono da zone di guerra e crisi umanitarie, a partire dalla Palestina, al cui dramma guardiamo con crescente preoccupazione”
Subito dopo è stata approvata all’unanimità dal Senato accademico una mozione in cui si ribadisce la richiesta del cessate il fuoco immediato e si “fa appello a tutti gli organismi internazionali perché si adoperino con il massimo sforzo a raggiungere la sospensione delle ostilità e mettere così fine alle morti di migliaia di civili”.
Nel frattempo, a Torino, dietro le proteste studentesche, il Senato Accademico ha approvato una mozione con la quale rifiuta la partecipazione a un bando di collaborazione scientifica con gli atenei israeliani. Ma tanti sono stati i professori che chiedono al rettore di Torino, Stefano Geuna, di ritornare sui suoi passi e ristabilire i rapporti scientifici con Israele sottolineando la validità scientifica delle Università israeliane.
A Roma, gli studenti hanno occupato il rettorato della Sapienza per chiedere di interrompere ogni collaborazione con Israele e anche a Bari sono avvenuti tafferugli tra manifestanti e forze dell’ordine.
In tanti, però, disapprovano gli atteggiamenti violenti degli studenti che impediscono il normale svolgimento della vita accademica; in tanti – dalla Bernini a Piantedosi – auspicano il ritorno a un clima più sereno all’interno delle Università ma le proteste non si fermeranno soprattutto dopo la decisione di Netanyahu di attaccare Rafah. Mentre il segretario di Stato americano Blinken, in visita in Egitto, ha dichiarato che “un’operazione militare a Rafah non fosse necessaria” Netanyahu gli ha risposto prontamente “Andremo a Rafah anche senza l’appoggio Usa”.
Non a caso, tanti esperti di geopolitica hanno perso la speranza della pace in Ucraina, come a Gaza, di fronte al defilarsi degli Stati Uniti, al silenzio assordante dell’Europa e dinanzi, per usare la definizione del papa, alla “terza guerra mondiale a pezzi”.

*Professoressa ordinario di Storia del pensiero economico

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