La cattiveria: un male che nasce dall’assenza di empatia

A volte mi capita di fermarmi a riflettere su quanto l’essere umano possa essere cattivo. Una cattiveria spesso gratuita, nutrita da superbia e arroganza. E mi chiedo: a cosa serve tutto questo, se siamo tutti destinati alla stessa fine? Qual è il senso dell’odio, della rivalità, della prepotenza, se la nostra vita è limitata e fragile?
Viviamo come se fossimo immortali. Offendiamo, giudichiamo, feriamo, dimenticando che condividiamo tutti lo stesso destino. Ci comportiamo come se fossimo onnipotenti, ma basta un istante per ricordarci che non lo siamo. In questo smarrimento si annida la cattiveria, che è spesso l’altra faccia della paura e dell’infelicità. Già Machiavelli sosteneva che l’uomo è malvagio per natura, e in effetti l’invidia e la gelosia continuano a intossicare i rapporti umani. Sono sentimenti corrosivi che trasformano l’altro in un nemico e la vita in una competizione continua. Ma ogni persona è unica e irripetibile: non c’è motivo di confrontarsi o di misurarsi con gli altri, quando ciascuno ha la propria strada da percorrere e la propria possibilità di realizzarsi. La cattiveria non si manifesta solo in grandi gesti o violenze visibili: spesso è sottile, si nasconde nelle parole, negli sguardi, nei giudizi. Una parola detta con leggerezza può ferire più di un colpo, e non si può più cancellare. Ecco perché la responsabilità di ciò che diciamo e facciamo dovrebbe accompagnarci sempre. Invece di distruggere, dovremmo imparare a costruire: trasformare la nostra vita in un piccolo capolavoro, non in un’arma contro gli altri. Uno dei mali più profondi della nostra società è la mancanza di empatia. Non ci mettiamo più nei panni dell’altro. Non proviamo a capire cosa significhi davvero soffrire, sentirsi esclusi o feriti. E così la cattiveria dilaga: basta guardare la cronaca, i social, le strade. Bullismo, violenza, femminicidi — tutto nasce da questa incapacità di sentire l’altro come parte di noi. La violenza, però, non è mai una soluzione. La vera forza sta nella gentilezza, nella capacità di distinguersi seminando rispetto, ascolto e solidarietà. Essere buoni, oggi, è un atto rivoluzionario. Non tutti sceglieranno questa via, ma ognuno può provare a essere l’eccezione: un piccolo segno di umanità in un mondo che troppo spesso dimentica di esserlo.