Il Paladino Uzeta: il nostro riscatto
Nella nostra esistenza, sempre più dominata da un razionalismo imperante, le antiche leggende, come inaspettate luci, emergono dalle nebbie del nostro passato e si trasformano in simboli che ci ricordano la nostra vera essenza e ci permettono di condividere con i nostri antenati valori mai sopiti. Esempi di coraggio che ci spronano ad affrontare il nostro presente con dignità e fermezza. Come il paladino Uzeta, immortalato in uno dei quattro candelabri di Piazza Università che, con il suo sguardo austero, afferma con orgoglio l’atavica fierezza del popolo catanese.
Uzeta, figlio di un umile tessitore, della via Naumachia, era innamorato della principessa Galatea, ma consapevole del suo basso rango, volle riscattare le sue origini grazie al suo coraggio e alla sua determinazione. Lottando con vigore, sconfisse gli Ursini, i giganti saraceni che abitavano il Castello Ursino, conquistandolo e liberando la città dalla tirannia di quei mostri. Divenuto un eroe per i suoi concittadini, il re Cocolo lo nominò cavaliere e gli concesse in sposa la figlia Galatea. Ma il suo valore non lo fermò così, dopo aver liberato Catania, liberò anche Roma dai Berneri, Vienna dai Tartari, e divenne Principe del Simeto, Gonfaloniere della Chiesa e anche Arciduca di Vienna, e Cavaliere della Legion d’Onore.
Leggenda eroica che, oltre a celebrare la forza intrinseca del sentimento d’amore, pone in primo piano il temperamento audace di Uzeta. Ma soprattutto una leggenda di origini recenti, in quanto il personaggio del giovane paladino nacque agli inizi del Novecento, grazie alla fantasia di un noto puparo di Catania, Don Raffaele Trombetta che volle regalare alla città un paladino tutto catanese, ispirandosi a un antico mito popolare che narrava di mostruose creature mitologiche, che avevano conquistato il castello Ursino e che poi erano state spodestate nell’XI secolo dal conte normanno Ruggero. Leggendari giganti saraceni che, secondo la fantasia popolare, vennero chiamati Ursini, intrecciando così il mito con la realtà storica in quanto la fortezza, fatta ergere nel XIII secolo da Federico II, veniva chiamata Castrum Sinus, castello del golfo, poiché si trovava in una posizione dominante sul golfo catanese fino a che l’eruzione del 1699 non la circondò di lava allontanandola dal mare. Questa espressione latina, nel tempo, perse la sua pronuncia originaria acquisendo la sua denominazione attuale.
Qualche anno dopo, questa storia fu ripresa e trasformata in un romanzo a dispense dal giornalista Giuseppe Malfa, e affascinò fin da subito i catanesi che elevarono il paladino Uzeta a simbolo del coraggio insito in ognuno di loro e le sue gesta impavide lo resero un eroe dell’Opera dei Pupi, dove compare sempre con la sua armatura nera e con l’insegna del “Liotru”, l’elefante emblema della nostra città.
Uzeta, si trasforma, negli anni, in una figura storica, e le sue imprese fanno di lui un uomo valoroso al pari di paladini come Orlando, Rinaldo o Bradamante. Eroe, accanto ai prodi che popolano i poemi cavallereschi, concretizza in sé il sentimento di riscatto non solo dei catanesi ma di tutto il popolo siciliano.
Un popolo che, lungo i secoli, ha sopportato con fiera dignità numerose dominazioni straniere, ma è sempre riuscito a scacciarle in nome di quel principio di libertà che lo ha sempre animato. E che oggi, nonostante sia stato martoriato da anni di politiche paralizzanti e svilenti e penalizzato da pesanti disagi economici e sociali, mostra con caparbia ostinazione tutto il suo coraggio nel voler valorizzare ad ogni costo questa nostra Isola.
Se, come sostiene la scrittrice Maiuri, la storia di Uzeta acquistò popolarità in un particolare momento storico sociale, negli anni in cui il sindaco socialista De Felice tentava di modernizzare la città, sollecitando i catanesi a riscattarsi, allora le sue gesta assurgono a modello da emulare e la sua storia si radica nelle coscienze per risvegliarle, per incitarle a non lasciarsi sconfiggere dalle difficoltà.
Però, nonostante il suo mito sia stato perpetuato in una scultura bronzea nel 1957 dagli artisti Mimì Maria Lazzaro e Domenico Tudisco e sia stato ricordato anche dal disegnatore Alex Maleev in un manifesto dell’Etna Comics nel 2017, il suo coraggio indomito e il significato profondo delle sue azioni, rischiano di perdersi tra i vicoli bui di una società soffocata da una piatta omologazione e di perdersi nei meandri dell’oblio.
Ma il paladino Uzeta, altero e sempre fedele ai propri ideali, con il suo sguardo fisso sulla nostra città, sembra non volersi arrendere di fronte all’attacco sempre più pressante di una massificazione culturale e morale che ci priva dei nostri valori più profondi e ci rende inconsapevolmente apatici.
Per nulla intimorito, con una mano stretta con decisione sullo scudo, continua a testimoniare con tenacia la sua dignità di uomo e la sua forte personalità per spronare i giovani catanesi a una rinnovata rinascita ricordando loro che ognuno di noi possiede dentro di se la forza per lottare e cambiare non solo il proprio destino, ma anche quello della nostra terra.