Politica

Il movimento “Reset 2011”, padre putativo di sardine e i grillini

Il 6 novembre 2011 Messina scopriva un movimento fatto essenzialmente di giovani, certamente a-ideologico, forse anche pre-politico, nell’accezione elaborata da John Locke intesa come riflessione politica non legata ad azioni conseguenti, che rivendicava per la propria città democrazia, diritti, tolleranza e dialogo sia in politica che in società. In un momento in cui Messina aveva bisogno di rilanciare questi valori, dopo gli strascichi, prima, della stagione politica del giustizialismo inaugurata nel 1992 e lo sdoganamento completo, poi, della volgarità e del turpiloquio politico avutosi nella seconda repubblica. Una iniziativa collettiva dal basso, dal territorio, nata dalla consapevolezza che era necessario un generale cambiamento di uomini e metodi nella politica cittadina, che aveva bisogno di un modello di sviluppo per governare il presente e pianificare il futuro. Per tutti era, allora, necessaria un’idea di città diversa da quella incapace di trattenere i propri cervelli migliori, di creare condizioni di vita accettabili, dove si discuteva da decenni delle stesse “emergenze” ignorando le opportunità. Messina nel 2011 era una città dove le tensioni sociali e le vertenze lavorative crescevano in maniera preoccupante ed la classe politica veniva, comunemente, reputata inadeguata a riuscire a trovare soluzioni. Bisognava cambiare e bisognava avere un metodo di approccio che si definì “laico, fuori dalle ideologie, pragmatico, aperto e coraggioso”. Spazio, dunque, alle nuove generazioni, ai giovani, portatori di idee, di nuovi saperi, con intraprendenza e sano entusiasmo. Serviva un metodo di lavoro che, ad una attenta analisi, facesse seguire tutte le azioni utili agli interessi della comunità, basandosi su dati di fatto, su riscontri oggettivi, su valutazioni costi/benefici economici e sociali, su verifiche dei risultati ottenuti. Competenza e meritocrazia, dunque, come requisito essenziale per poter affrontare i problemi del territorio e per poterne programmare ed attuare lo sviluppo affermando la competenza attraverso il merito per determinare più giustizia sociale nel mondo del lavoro e favorire nuovi sbocchi occupazionali. La cultura del fare, insomma, per realizzare le infrastrutture che servivano realmente alla comunità, per riordinare i servizi pubblici e privati, per pianificare i settori economici e di produzione. Si ambiva, quindi, ad una pratica quotidiana che prevedesse la concertazione per uno sviluppo condiviso e sostenibile con nuovi protagonisti per un nuovo percorso e mirasse ad un progetto chiaro di sviluppo urbanistico, economico e socioculturale capace di favorire la nascita di un vero tessuto imprenditoriale e di realizzare un adeguato modello di welfare capace di pianificare gli interventi da realizzare, nel medio e lungo termine, programmando e pianificando in maniera empirica. Lavorare insieme per sviluppare un senso d’appartenenza autentico, genuino e consapevole, che rendesse tutti partecipi tramite una piattaforma orizzontale nella quale, coloro i quali ne avessero condiviso i principi fondativi e lo statuto, avrebbero avuto pari diritti e dignità nel pieno rispetto delle differenze culturali e di genere. Quel progetto, purtroppo, fallì anche se anni dopo qualcuno lo riprese dicendo, questa volta, che non voleva cambiare Messina ma voleva cambiare la cultura della gente che viveva questa città. Quel qualcuno lanciò, poi, una piattaforma simile a quella auspicata da Reset e recentemente ha fatto i propri stati generali in una località nota come Villa Pamphili. A Reset mancò la fortuna o il valore? Nulla di tutto questo, mancarono semplicemente i fondi necessari. Quei fondi necessari quando non si vuole cambiare la cultura della gente ma semplicemente la si vuole dominare. Un architetto visionario a capo di una città poteva funzionare? Certo che poteva funzionare a patto che ci fossero stati i fondi necessari. D’altronde il precedente vi era già stato e si era avuto con un comico diventato, poi, capo di un partito politico. Prima dei grilli e delle sardine “dello stretto”, quindi, c’è stato Reset. Poi Renato Accorinti e Cateno De Luca. Ci vediamo nel 2022 quando sardine e grilli forse non ci saranno più come li conoscevamo, Reset sarà un ricordo, Renato uscirà ancora con la sua bici e Cateno forse sarà alla Regione Siciliana. Ed a Messina? Semplice, si stava meglio quando si stava peggio. A buon intenditor poche parole…

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