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Emilio Miceli, presidente del Centro Pio La Torre, sull’omicidio a Palermo

«Ci sarà sicuramente tempo e modo per interrogarsi sulle cause della violenza giovanile, sul disagio e sui modelli educativi. A poche ore da quando è stato versato ancora una volta il sangue dell’ennesimo giovane, abbiamo bisogno di rispondere a domande più immediate. Ci sono troppe armi in circolazione. A quanto pare è facile procurarsele e probabilmente c’è qualcuno che ne ha disponibilità. Ci sono troppo poche forze dell’ordine mobilitate in città e ci sono falle nel sistema di sicurezza: Palermo non è mai stata così indifesa e così fragile».
Lo afferma il presidente del Centro Studi Pio La Torre, Emilio Miceli, intervenendo su quanto accaduto a Paolo Taormina, il 21enne ucciso per sedare una rissa nel pieno centro di Palermo.
«La mafia, ovvero le cosche mafiose della città, che governa l’insieme dei traffici illeciti – prosegue Miceli -, ha qualcosa a che fare con questa sorta di licenza di uccidere che sembra essere ormai la normalità per la delinquenza cittadina? Delle due l’una: o la mafia è presente nel territorio e dunque tollera, ammicca, lascia fare e asseconda; oppure è un soggetto ormai marginale che vive di ricordi ma in effetti non ha più “presa” nel territorio».
«Io credo che quella che vediamo – aggiunge Miceli – è violenza diffusa di ragazzi che orbitano nel mondo di cosa nostra. Sono la manovalanza futura, e forse presente, rappresentano una delle aree di reclutamento di cosa nostra. Separare cosa nostra dalla violenza contro inermi cittadini è sbagliato. Non sarebbe la prima volta che cosa nostra recluta ragazzi di quartiere, violenti e disposti a tutto, per rafforzare la sua presenza e la sua capacità di intimidazione. Qualcuno pensa che quando una attività commerciale sarà presa di mira l’organizzazione mafiosa farà fatica a piegarla alla logica del racket? L’insicurezza e la violenza ha sempre reso più forte cosa nostra. E così è ancora oggi, in questi giorni, in questi mesi. Palermo è in bilico: in forme e modi diversi può tornare a vivere un nuovo assoggettamento, nuova violenza, una intimidazione generalizzata. Siamo in emergenza: la società civile, la convivenza e la sicurezza di migliaia di giovani sono a rischio».
«Per il presidente del Centro Pio La Torre, o si è in grado di fare una analisi compiuta, seria e ragionata, con le conseguenti decisioni operative, oppure manifesteremo tutta la nostra incapacità di governo di una città che rischia di ripiombare in un clima tetro e nero”.
«Diamo per scontata la convocazione di un comitato per l’ordine e la sicurezza – sottolinea in conclusione Emilio Miceli – magari una ulteriore visita del ministro dell’Interno e tutte le cose che conosciamo ormai a memoria. Ricordiamo che già dopo i fatti di Monreale si riunirono i vertici politici e delle forze dell’ordine. Da quel giorno non un uomo, non un poliziotto né un carabiniere in più per portare sicurezza a Palermo. Una città violenta allontana le persone, entra nelle “black list” delle società che muovono uomini e donne nel mondo, scompare dai radar di milioni di persone. Una città che è sotto pressione per la presenza della mafia, per la violenza e l’intimidazione verso le attività economiche non ha futuro. È tornato il momento di gridare e di chiedere. È il momento di pretendere».

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