Cronaca

Domenico Tempio, l’indimenticabile sognatore che, con Baudo, creò Antenna Sicilia

Il giornalista è scomparso stamattina e i funerali di svolgeranno domani alle 16.30 nella chiesa di Nostra Signora di Lourdes, di fianco alla sede del quotidiano la Sicilia del quale Tempio è stato condirettore. Riportiamo il ricordo di Giuseppe Lazzaro Danzuso, che fu suo allievo e amico.

“Troppo lungo. Accorcialo”.“Ma l’ho già rifilato due volte, cosa potrei togliere ancora?”.

Mi strappò il foglio di mano, scritto a macchina e segnato dai tagli di una bic blu, chiuse un occhio per mettere meglio a fuoco la pagina e… zac: “Fai così. E dalla dichiarazione dell’intervistato puoi tirar via la premessa”.

Aveva ragione. Come sempre.

Era il 1982 e Antenna Sicilia – Teletna stava per entrare nel circuito di Retequattro. Per quell’emittente, presentandoci a una ribalta nazionale, avremmo preparato i servizi provenienti dalla Sicilia. Che però dovevano essere molto più brevi di quelli che allora realizzavamo per il nostro seguitissimo telegiornale. “Impossibile” avevamo pensato tutti.

Tranne lui.

Domenico Tempio – burbero e ironico, pungente e affettuoso -, non conosceva la parola impossibile, se non quando doveva dir no per ragioni di etica e di coscienza.Per questo riusciva a realizzare sogni meravigliosi.

Favole vere, come quella pensata con il suo amico di sempre, Pippo Baudo, e con Mario Ciancio Sanfilippo: dare una tv al quotidiano di Catania.

“C’era una volta Antenna Sicilia” ci sarebbe da dire.

Chi ha tra i cinquanta e i sessant’anni solo ascoltando pronunciare il nome di quella che non era una semplice emittente televisiva, ma il sogno di un’intera generazione, sentirà risuonare nelle orecchie le note della sigla di apertura, del maestro Pippo Caruso, e si vedrà scorrere davanti agli occhi le immagini di Bruno Bozzetto.

Io, ad Antenna Sicilia, c’ero arrivato praticamente da bambino e avevo fatto di tutto, compreso, una volta, lavare il pavimento. Perché era questo che avevamo imparato dal “grande capo” Domenico Tempio, lo spirito con cui affrontava ogni problema: prima ci rimbocchiamo le maniche e lo risolviamo, poi parliamo. E questo valeva non soltanto per il telegiornale, “cucinato” da un eterogeneo gruppo di vecchi lupi del giornalismo e di “cagnòli”, come ci definiva Saretto Magrì, imitato dagli indimenticabili Vittorio Consoli, Orazio Francica Nava e Carmelo Barbuto, da Franco Zuccalà, che Tempio fece tornare da Milano, e da Tony Barlesi.

Tra i giornalisti “carusi” ci sarebbero stati, in quei primi anni, Nuccio Schillirò, Piero Maenza, Gigi Ronsisvalle, Gigi Macchi, Giovanna Quasimodo, e poi Andrea Lodato, Piero Dupplicato, Michele Nania, Enrico Escher, Salvo La Rosa.

Devo dire che, crescendo, mi è capitato di cominciare a dare del tu a tutti i miei colleghi anziani. A tutti tranne che a uno: Lui ho continuato sempre a chiamarlo “dottor Tempio”, come quando avevo diciott’anni.

Era stata una lunga ed esaltante stagione quella di Antenna Sicilia. Noi giornalisti eravamo affiancati da straordinarie professioniste come Flaminia Belfiore, che sarebbe diventata cronista, Marina Cosentino, Mariuccia Sofia e da Monica Consoli. E la redazione si incontrava con i cosiddetti “tecnici” – in realtà tra loro c’erano veri e propri artisti come i registi Romano Bernardi, Guido Pistone, Marcello Bumbica e, in seguito, Natale Zennaro e Michele Truglio – anche sul terreno del nascente infotainment, creando antesignani delle docu-fiction e altri sorprendenti prodotti televisivi. Sapientemente piazzati, poi, nel palinsesto da Fausta Guarnaccia e Annakatia Rapisarda.

In quell’incredibile fucina di idee nacquero programmi che puntavano a un pubblico generalista come “Noioggi”, con Alessandra Cacialli, e “Insieme” e altri che puntavano ai giovani come “City” e “Tweeter”, che conquistò l’Italia quando, negli anni Novanta, nacque Team Tv: una rete nazionale composta da emittenti locali interconnesse.

Da tempo, ormai, l’Antenna Sicilia di Domenico Tempio non esiste più. E purtroppo è stato mandato al macero anche l’immenso patrimonio costituito dal suo archivio.

Ho più volte dichiarato che la generazione della prima Antenna Sicilia – quella del sogno realizzato, dell’orgoglio di essere Siciliani e Catanesi -, ha scritto tanto, sì. Ma sull’acqua.

Nulla è rimasto, se non brandelli di memoria, come le foto che accompagnano questo ricordo, che devo a Franco Zuccalà.

Da sinistra, Franco Zuccalà e Domenico Tempio agli albori di Antenna Sicilia

Una beffa in una città che ha per simbolo l’elefante, il pachiderma che mai dimentica.Per questo una cosa ai Catanesi voglio dirla: non scordatelo, Domenico Tempio. Non perché discende dal poeta erotico che tutti conosciamo, non perché è stato uno stimato arbitro di calcio noto in tutt’Italia, non perché è diventato un grande giornalista, che ha diretto Telecolor e fondato Antenna Sicilia prima di diventare caporedattore e condirettore de La Sicilia.

Tempio, “Micio”, va ricordato perché sapeva sognare.

E perché sapeva realizzare i suoi sogni.

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