Spettacoli

Archimede di Costanza Di Quattro apre la stagione del Teatro Brancati

Il debutto della stagione 2025-2026 del Teatro ‘Vitaliano Brancati’ è affidato allo spettacolo di musica e parole: Archimede di Costanza Di Quattro. Con Mario Incudine e con Antonio Vasta e Tommaso Garré. Regia di Alessio Pizzech, scene e costumi di Andrea Stanisci, assistente alla regia Tommaso Garré, musiche Mario Incudine eseguite dal vivo da Antonio Vasta. Produzione Centro Teatrale Bresciano, La Contrada Teatro Stabile di Trieste, Teatro della Città, A.S.C. Production in collaborazione con Teatro Donnafugata.
Questo scienziato tutto ‘nostro’ assume i toni dell’eroe – un eroe profondamente umano – pochi attimi prima della sua morte.
Siamo a Siracusa nel 212 nell’ assedio (214-212) cui i Romani – vittoriosi- guidati da Marcello, durante la II guerra punica (218-202), sottoposero la sua patria che aveva cercato di difendere con quelle macchine belliche (Manus ferrea. Specchi ustori, Principio di leva: «da mihi ubi consistam, et terram movebo), rimaste in parte sconosciute, anche se citate da Polibio, Tito Livio e Plutarco.
La sua vita è ricordata attraverso numerosi aneddoti, spesso nebulosi, ma entrati nell’immaginario collettivo, come ad esempio, l’esclamazione èureka! a lui attribuita dopo la scoperta del principio di galleggiamento.
Nel tempo le vicende biografiche si sono tanto fittamente intrecciate alla leggenda che è tuttora difficile distinguere la realtà storica.
Soltanto dalle sue opere sappiamo che si occupò di tutte le branche delle scienze a lui contemporanee e di varie applicazioni tecnologiche: La misura del cerchio, Quadratura della parabola, Sull’equilibrio dei piani ovvero: sui centri di gravità dei piani, Sulle spirali, Della sfera e del cilindro, Sui conoidi e sferoidi, Sui corpi galleggianti, Arenario.
Da Polibio, Tito Livio e Plutarco si ricavano altre informazioni.
Secondo la tradizione l’uccisore sarebbe stato un soldato romano: «Ad un tratto entrò nella stanza un soldato romano che gli ordinò di andare con lui da Marcello. Archimede rispose che sarebbe andato dopo aver risolto il problema e messa in ordine la dimostrazione «noli, obsecro, istum disturbare» (non rovinare, ti prego, questo disegno). Il soldato si adirò, sguainò la spada e lo uccise.» (Plutarco, Vita di Marcello, 19, 9).
Bisogna osservare che già nel mondo antico i suoi testi non vennero presi in considerazione. Nel Medioevo latino si conoscerà la Misura del cerchio tradotto dall’arabo. Nel mondo greco, si amplierà la conoscenza del nostro scienziato. In età moderna si ripresero in considera i suoi studi scientifici (Galileo stesso definiva Archimede “il mio maestro”).
Queste le poche tracce della realtà storica, ma andiamo al lungo monologo della pièce.
Mentre Siracusa è assediata dall’esercito romano, nella notte del 212, un giovane legionario dall’aria confusa e quasi ingenua entra di soppiatto nella casa dello scienziato per ucciderlo. Prima del colpo fatale, però, Archimede in un lungo soliloquio ripercorre la sua esistenza, nel bene e nel male, tra soddisfazioni e dolori di una vita dedicata alla scienza.
È questa profonda vocazione che lo ha ‘condannato’ alla solitudine e all’incomprensione tra genio e follia, tra ricerca della giustizia e dubbio, tra leggenda e verità, tra scienza e turbamento interiore, tra genio e mediocrità.
Mario Incudine, il protagonista di questo spettacolo, recita e canta -accompagnato dalla musica dal vivo di Antonio Vasta – per raccontarci le sfide di chi è diverso, di chi cerca di guardare oltre lasciando un’eredità alle soglie della sua morte
Se la vocazione assoluta è la ricerca, per Archimede il senso della vita si bilancia tra etica, giustizia e umanità.
È questo il messaggio sempre valido al di sopra del tempo e dello spazio che lo spettacolo di Costanza DiQuattro, perfettamente in accordo con la capacità di lavorare sulla parola di Mario Incudine, vuole inviare alle nuove generazioni. E Incudine stesso, felice di debuttare a Catania dichiara la sua soddisfazione di essere, con questo spettacolo “stransgenerazionale”, in un teatro che il nostro cantautore sente “cucito addosso”.
Egli vuole indagare attraverso l’intimità di questo genio sull’intimità dell’animo umano. Un lungo monologo, tra note e parole, pieno di malinconia. Il protagonista “ci restituisce la parte umana”, dice nell’intervista che concede al nostro giornale, nella speranza di trasmetterla al pubblico di far innamorare, specie i giovani di questo genio profondamente uomo.
Un testo quello di Costanza Di Quattro – (Ragusa 1986), laureata in Lettere e in Filosofia, autrice di romanzi (La mia casa di Montalbano, Donnafugata, Giuditta e il monsù e Arrocco siciliano) e drammaturga (Barbablù, Bellini, Wagner, Sinopoli, Flânerie tra genio, mito e musica e Parlami d’amore)- sorprendentemente attuale in questa atmosfera di guerra, di ricerca scientifica vocata alla morte e al servizio della distruzione, le parole di Archimede invocano la ricerca, l’esperienza ma soprattutto la bellezza, il pensiero, la conoscenza e l’amore come unici strumenti per un futuro possibile , quello delle nuove generazioni “di fronte alla più grande avventura: diventare Umani”.
Uno spettacolo che parla al presente coniugando parola e musica. L’occasione per un’importante riflessione civile su scienza ed etica, che ruota attorno ad un nucleo storico e socio-politico molto forte ma condotta con soave leggerezza.

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