L'Opinione

Natale è un momento per tutti, cristiani e non

Presi dalla smania di dimostrare la nostra insuperabile voglia di inclusività, perché, si sa, non si è nessuno se non ci si proclama ferventi assertori del politicamente corretto, in questo Natale, come impavidi cavalieri difensori dei diritti di tutti, ci siamo affannati nella nostra mirabile impresa di cancellare più tradizioni natalizie possibili. Per non offendere nessuno, così si proclama con convinzione, c’è stato chi ha deciso di sostituire il nome di Gesù con la parola Cucù e chi ha invece lo ha messo al centro di due mamme e infine c’è chi, considerando quasi un insulto il solo pronunciare la parola Natale, l’ha cambiata con una più generica Festa d’Inverno.
Ma questa nostra smania non ci ha redenti dai nostri peccati, ha solo messo in evidenza tutta l’ipocrisia della nostra “allegra società” che mentre proclama a gran voce un’uguaglianza etnica e razziale, in realtà illude con il contentino delle parole senza mai passare a una vera integrazione di tutte le minoranze che vivono nel nostro paese, come la concessione del diritto di cittadinanza a tutti quei ragazzi nati qui in Italia che, però, continuano ad essere stranieri in terra natia.
In questa frenetica e assurda opera di cancellazione ci si è dimenticati completamente chi siamo e delle nostre radici culturali in quanto questa novella ossessione di modernità, purtroppo scambiata sempre più spesso come segno inequivocabile di civiltà, ci sta portando a uno svuotamento delle nostre tradizioni. Questa ipocrisia del politicamente corretto si sta trasformando in una realtà culturalmente scorretta poiché, illusi che solo in questo modo si possono portare avanti i diritti di tutti gli individui, non ci rendiamo conto che invece, non facciamo altro che alimentare un confuso pluralismo che paradossalmente provoca acredine e una divisione più marcata, tra noi e i presunti “altri”.
Questo finto buonismo produce solo una vuota omologazione culturale che porta inevitabilmente a un appiattimento e ad annullare qualunque vera forma di rispetto reciproco. La vera integrazione culturale non nasce dall’annullamento delle tradizioni ma dal confronto delle diversità culturali per una reciproca tolleranza e accettazione.
Ma i novelli paladini dell’inclusione a ogni costo, continuano a mulinare le loro spade del presunto progresso culturale e a bollare, con la boria dell’ignoranza, il Natale come sola ricorrenza cristiana, dimostrando così, di non conoscere per niente le nostre origini e il nostro percorso culturale, tasselli storici e tradizionali che ci hanno resi quelli che siamo oggi.
Forse è il caso di ripassare un po’ di storia.
La parola Natale ha origine latina da Dies Natalis che è il participio perfetto del verbo nascere e veniva usata dagli antichi romani per indicare il giorno di nascita di un individuo e i suoi compleanni come il giorno di fondazione di una città. Ma soprattutto il Dies Natalis era una festività pagana molto prima che la Chiesa Cattolica se ne appropriasse, legata al dio Sole e veniva celebrata al Solstizio d’Inverno, il 21 dicembre, il giorno più corto dell’anno e con la notte più lunga. Dopo questo momento di discesa, il sole ricominciava a risalire e ad allungare gradualmente le giornate, simboleggiando la rinascita non solo della natura ma anche dell’uomo.
Il Dies Natalis celebrava la vittoria della luce sulle tenebre, del bene sul male.
Questa festa pagana, ufficializzata il 25 dicembre dall’imperatore Aureliano, come Dies Natalis Solis Invicti (giorno di nascita del sole invitto), fu trasformata dall’imperatore cristiano Costantino nel giorno della nascita di Gesù di Nazareth.
Non a caso la figura di Gesù tutt’oggi è associata a elementi come la luce e il sole legati al concetto di salvezza e di speranza.
Il Natale, indipendentemente se si è cristiani o meno, è carico di significato in quanto è portatore di un significato universale di rinascita e di miglioramento interiore. E’ quindi un giorno importante per tutti noi perché ci ricorda di guardarci dentro e ci spinge a rinascere verso un nuovo cambiamento per costruire un futuro migliore, non solo per noi stessi ma per l’intera collettività.
Per questo è essenziale continuare a festeggiare il Natale tutti insieme, credenti e non, ma soprattutto non svilirlo a una anonima festa d’inverno, come proposto arbitrariamente dall’Università Europea di Fiesole, perché tutto il suo valore intrinseco sta proprio nel suo nome.
La sua cancellazione è solo frutto dall’arroganza di chi crede di poter disporre delle nostre tradizioni a proprio piacimento come se fossero dei semplici suppellettili che abbelliscono la nostra storia e che possono essere sostituiti a seconda delle mode del momento.
Augurare un felice Natale significa continuare a perpetuare le nostre origini culturali per affermare la nostra stessa identità.
Natale è di tutti, è inclusivo in quanto è un momento della nostra tradizione secolare che unisce chiunque voglia rinascere in esso e condividere questa sua emozione intima con tutti coloro che lo circondano indipendentemente dal loro credo.

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