Il Terzo Cerchio

Francesco Coniglione “legge” Ludwik Fleck

Ludwik Fleck “Stili di pensiero. La conoscenza scientifica come creazione sociale”, a cura di Francesco Coniglione, Mimesis Edizioni, Sesto San Giovanni (MI), 2020, pag. 300. In questo volume sono raccolti, a cura Francesco Coniglione, ordinario di Storia della filosofia presso l’università di Catania, di tutti gli articoli di carattere epistemologico di Ludwik Fleck. È una pubblicazione molto importante perché offre al lettore italiano una parte dell’opera di un pensatore a lungo dimenticato e accantonato. Il suo nome compariva solo in una nota nel saggio intitolato Experience and Prediction di Hans Reichenbach e nell’introduzione de La struttura delle rivoluzioni scientifiche di Kuhn. Solo alla fine del ’900, gli studiosi hanno cominciato a rileggere e riesaminare la produzione di Fleck, in conseguenza della notorietà nel contempo acquisita dall’opera di Kuhn, che dichiara di aver tratto da essa molte idee.
Nella sua introduzione, il curatore presenta Fleck come pensatore eterodosso rispetto ai tradizionali ambienti filosofici della sua epoca. Innanzitutto, Fleck non era né un fisico né un matematico, ma un batteriologo e microbiologo. Era originario della città di Leopoli dove operò per gran parte della sua vita. In questa città fiorì anche una delle importanti scuole filosofiche polacche denominata “Scuola di Leopoli-Varsavia”, con la quale criticamente si confrontò. Durante la guerra, i nazisti trasferirono Fleck, che era ebreo, e parte della sua equipe prima nel campo di concentramento di Auschwitz, dove lavorò nel laboratorio di igiene; poi in quello di Buchenwald dove lavorò in un laboratorio per la produzione e lo studio del siero contro il tifo. Dopo la guerra ritornò all’università di Lublino dove lavorò come direttore del Dipartimento di microbiologia medica dell’Università Marie Curie-Skłodowska e poi come assistente dell’Accademia di medicina fino al 1952. Successivamente emigrò in Palestina dove poi morì.
L’opera epistemologica di Fleck è particolarmente interessante perché presenta un particolare approccio alla scienza in radicale controtendenza con quello della sua epoca: Fleck ha infatti insistito molto sulla sua dimensione storica e sociale. Negli anni Trenta questo approccio non era molto tenuto in considerazione. Sia i neopositivisti viennesi e berlinesi sia i loro colleghi matematici e logici inglesi miravano alla costruzione di un sistema scientifico unico fondato sulla logica formale e su un’applicazione del metodo scientifico. Quasi tutti cercavano di ricondurre ad unità, il grande edificio della Scienza. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo era esplosa la crisi dei fondamenti della matematica a causa della teoria degli insiemi di Cantor a cui era seguito prima il terremoto della teoria della relatività di Einstein e poi l’uragano della meccanica quantistica di Heisenberg e Schrödinger. Gli scienziati dell’epoca ritenevano che, nonostante tutto, la scienza fosse edificata su un rapporto asettico tra soggetto e oggetto e che le determinazioni psicologiche, sociali, religiose, di genere e di razza fossero del tutto secondarie. Si dava per scontato che la scienza fosse neutrale rispetto alle concezioni culturali e politiche e del tutto oggettiva. In questa prospettiva, gli scienziati dovevano solo assiomatizzare bene le proprie teorie, inquadrarle da un punto di vista matematico ed empirico e poi procedere o a verificarle (Carnap) o a tentare di falsificarle, in modo da attestarne il carattere scientifico (Popper).
Fleck parte da una concezione della scienza molto diversa, nella quale hanno notevole influenza la cultura, l’ideologia politica, la struttura della società e il modo con cui gli scienziati e gli intellettuali sviluppano una teoria. In particolare, questo microbiologo ha richiamato l’attenzione sulla dimensione collettiva della costruzione o della distruzione di una teoria scientifica. Ha sottolineato come il percorso della scienza sia molto più complesso e meno lineare di quanto si è soliti immaginare in visioni troppo semplicistiche della ricerca scientifica. Ogni gruppo di scienziati elabora un proprio linguaggio in base alle proprie convinzioni scientifiche, sociali, economiche e politiche e propone un proprio stile di pensiero. Dopo l’elaborazione di tale linguaggio e delle teorie che in esso vengono costruite, il gruppo cerca di convincere anche i non-specialisti delle proprie convinzioni. I risultati raggiunti e le teorie del gruppo vengono così tradotte in un linguaggio accessibile a quasi tutti.
Molte delle sue idee anticipano temi che sono stati poi sviluppati da Thomas Kuhn ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche, in cui si presenta la scienza come un susseguirsi di fasi di scienza normale e momenti in cui si operano cambi di paradigmi e rivoluzioni scientifiche. In questa alternanza di fasi, gli scienziati cambiano profondamente e radicalmente il linguaggio con cui vedono e inquadrano i fenomeni.
Come abbiamo già detto, Fleck era di origine ebraica e visse in prima persona l’ostracismo da parte della “scienza ariana” verso la “scienza giudea”. Svolse una parte di lavoro di ricerca all’interno di due campi di concentramento. Probabilmente si salvò perché le sue competenze venivano ritenute “utili” al Reich rispetto a tanti altri suoi connazionali che per ragioni di razza e per mancanza di competenze o di capacità fisiche venivano destinati alla morte. Quando si trasferì dalla Polonia in Israele, a Fleck fu rimproverata la sua collaborazione con i nazisti nei laboratori dei campi di concentramento a Buchenwald e ad Auschwitz; accuse infondate perché in effetti – come è bene documentato nel volume citato – egli operò invece attivamente con la resistenza clandestina per sabotare i vaccini destinati alle truppe naziste al fronte e per assicurarne dosi agli internati ebrei. Inoltre sua figura fu guardata con sospetto perché aveva continuato a lavorare a Leopoli dopo la Seconda Guerra Mondiale sotto un regime comunista.
In estrema sintesi, a causa delle idee eterodosse e anche a causa delle vicende biografiche personali sommariamente descritte, Fleck è rimasto ai margini dei circoli intellettuali della Germania, della Polonia e di Israele. Questo suo isolamento ha contribuito alla scarsa attenzione che per decenni la comunità dei filosofi gli ha tributato.
Il suo approccio alla scienza è stato notevolmente rivalutato quando la storia della scienza è stata sviluppata con vigore e in modo molto più attento ed organico. Il suo valore e la sua importanza sono stati rivalutati in numerosi studi e l’introduzione del curatore fa un’egregia sintesi dell’opera di Fleck e dello stato della ricezione e riflessione sul suo pensiero. È tuttavia solo leggendo i saggi contenuti nel volume che se ne può effettivamente apprezzare l’acutezza, la profondità e la persistente attualità.

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