Caldo rovente, l’Europa e il progetto Green Deal

In queste ore di caldo intenso che stanno arroventando non solo l’Italia ma l’intera Europa che registra picchi di calore ben oltre le medie stagionali, il problema clima diventa rovente così come le colpe sui mancati o deboli interventi effettuati dagli organi competenti in favore di una maggiore consapevolezza ambientale.
Anche se sotto il sole cocente capita di incontrare qualche negazionista o qualche meteorologo fai da te che prova a scovare temperature torride negli anni passati, è innegabile che le nostre temperature ogni anno registrano qualche grado in più e le estati afose sono diventate la norma in tutta Europa.
I dati sono inconfutabili e sono forniti dagli osservatori meteorologici: il 2024 è stato il più caldo mai registrato, superando il 2023 che a sua volta aveva superato gli anni precedenti.
Si tratta di un aumento graduale e purtroppo costante che attesta un cambiamento profondo del clima che al di là dei picchi estremi si sta assestando su temperature superiori rispetto al passato.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
I ghiacciai si stanno sciogliendo lentamente ma in modo irreversibile, anche quelli in vetta al Monte Bianco.
Tutto ciò comporta una pericolosa riduzione delle risorse di acqua dolce e un innalzamento sempre più rapido dei livelli del mare la cui temperatura si è innalzata.
Il Mediterraneo in particolar modo ha risentito di questa variazione con un riscaldamento che ha raggiunto sino a 5 gradi oltre la media.
Ma non solo il mare anche i nostri boschi sono in sofferenza per i devastanti incendi che distruggono intere aree verdi, e, purtroppo, qui in Sicilia sono diventati delle voragini sempre più brutali che inghiottono tra le loro fiamme ettari ed ettari di terreno causando danni irreversibili alla flora e la fauna locale.
Eppure, nonostante la maggior parte dei cittadini ritenga che questo cambiamento climatico sia un problema serio per la salute personale e per la qualità della vita, la nostra società non fa abbastanza.
I profitti economici delle grandi industrie e i conseguenti interessi politici prevaricano su ogni urgenza climatica e l’ambiente viene sempre più spesso messo in disparte come se fosse procrastinabile a data da definirsi.
E senza che nessuno se ne preoccupi, gli affari globali hanno continuato a tenere banco mentre le emissioni globali di gas serra hanno continuato a librarsi in piena e totale libertà.
Secondo L’Energy Institute, un’organizzazione che comprende professionisti e società di consulenza sull’energia, il 2024 è stato il quarto anno consecutivo in cui l’approvvigionamento dell’energia a livello globale ha causato un aumento considerevole delle emissioni di CO2 così come l’uso dei combustibili fossili ha continuato ad aumentare.
Dati confermati anche dall’Emission gas report 2024 dell’UNEP, il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, secondo cui c’è stato un evidente aumento a livello globale.
A prova della gravità della situazione climatica, l’Unione europea si è posta come modello propulsore di rinnovamento e di lotta al cambiamento climatico, attraverso l’approvazione del Green Deal. Un progetto lanciato nel 2019 all’inizio del primo mandato di Ursula von der Leyen come Presidente della Commissione europea, con il quale si proponeva di ridurre a zero l’inquinamento prodotto dal riscaldamento globale entro il 2050, agendo in modo significativo sull’agricoltura, sui trasporti e sulle abitudini dei cittadini.
Un ottimo obiettivo se non fosse che nei suoi primi sette mesi di mandato la Commissione Europea ha ridimensionato, eliminato o modificato vari parti del Green Deal.
Sembra che l’UE abbia perso il suo mordente e abbia alleggerito di molto il suo piano per una efficace transizione ecologica.
L’ambizioso progetto iniziale che comprendeva tutta una serie di leggi in favore del clima, si è scontrato con gli obiettivi dei partiti di destra che hanno vinto le ultime elezioni europee e che sono apertamente più ostili alle misure ambientaliste.
La Commissione europea ha dovuto accettare dei compromessi al ribasso come il rinvio di un anno per l’applicazione di una legge contro la deforestazione, o la concessione di due anni in più alle aziende automobilistiche per adeguarsi agli obiettivi sulla riduzione delle emissioni inquinanti e ha declassato lo status dei lupi come specie protetta.
Di contro, nell’ambito del suo piano per il riarmo, ha approvato la possibilità di poter investire per la difesa utilizzando i fondi del Recovery Fund che invece era stato istituito per favorire la ripresa economica dopo la pandemia. In questo modo ha equiparato la spesa militare agli obiettivi originari di contrasto al cambiamento climatico.
Ma l’urgenza climatica globale non può essere ridimensionata e assoggettata alle maggioranze di partito, agli interessi politici o ai profitti delle multinazionali.
Una seria e profonda transizione ecologica è l’unica e a la sola via che resta se vogliamo che questo nostro pianeta non venga soffocato e distrutto in modo irreversibile da un clima sempre più torrido.



