Brancati: continua la saga molieriana con “Il malato immaginario”
È in scena al Teatro ‘Brancati’ di Catania un grande classico di Molière con l’adattamento e la regia di Salvo Ficarra: Il malato immaginario. Musiche del cantautore Lello Analfino.
Interpreti: Angelo Tosto (Argan) con (in ordine alfabetico): Filippo Brazzaventre, Daniele Bruno Cosimo Coltraro, Giovanna Criscuolo, Luca Fiorino, Anita Indigeno, Lucia Portale, Emanuele Puglia, Giovanni Rizzuti. I ballerini: Licia Bisicchia e Daniele Caruso.
Scene e costumi: Francesca Cannavò; disegno luci Alfio Scuderi; realizzazione video Nico Bonomolo; movimenti coreografici Giorgia Torrisi Lo Giudice. Produzione del Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale.
Alla seconda tappa della saga molieriana seguita dal nostro giornale sembra superfluo ripercorrere le note biografiche di Jean-Baptiste Poquelin, che a ventidue anni circa, nel 1644, scelse lo pseudonimo di “Molière” in onore dello scrittore François Hugues de Molière, sieur d’Essertines (1600-1624), e dell’incontro con Luigi XIV che cambiò la sua vita lanciandolo verso un inarrestabile successo.
Il nostro autore, si è detto, era l’uomo giusto, con la sua ironica analisi della rampante borghesia, al momento giusto. Il successo gli arrise sempre, fino al 1673, quando, a 51 anni, moriva di tubercolosi crollando sul palcoscenico proprio mentre recitava nei panni di Argan, il protagonista de “Il malato immaginario” (nel XVII secolo, in Francia, il termine “immaginario” significava pazzo) che era stato rappresentato per la prima volta al Palais Royal il 10 febbraio 1673 dalla “Troupe du Roy” con musiche di Charpentier, e coreografie di Beauchamp.
La realizzazione è di Salvo Picone, noto attore (insieme a Valentino Ficarra) ed oggi anche drammaturgo e regista: “Mettere in scena oggi ‘Il Malato Immaginario’, una delle opere più divertenti e attuali di Molière, è una sfida meravigliosa”. “Rileggere il testo di uno dei pochi autori/attori fa rivivere già dalle prove a tavolino l’intento comico e critico dell’autore – scrive Ficarra nelle note di regia -… Il tema della medicina, le controversie che genera, le passioni che scatena sono ancora oggi tema di dibattito pubblico così come lo sono da sempre… Abbiamo voluto riportare il testo alle sue origini cercando con forza di ripercorrere lo spirito che animava Molière e la sua compagnia non solo al momento della creazione ma anche e soprattutto nella messa in scena… Così che un testo senza tempo possa parlare, far ridere e riflettere gli spettatori di oggi”.
Così, -ho sempre dichiarato di non amare le commistioni e/o le trasposizioni temporali- il regista, pur rimanendo fedele al testo, ha voluto ambientare la commedia negli anni Sessanta del secolo scorso (anacronistici costumi annessi).
Unanime l’ammirazione del cast per Picone, come traspare dalle interviste rilasciate a Sikelian.
Angelo Tosto dichiara che il suo personaggio è stato costruito in sinergia con il regista che è stato un vero ‘motivatore’, nato a Palermo ma ormai artista di spessore internazionale.
Anche Giovanna Criscuolo è soddisfatta dello “svecchiamento” operato da Salvo Ficarra e del ruolo da lei interpretato: la servetta impicciona ma paladina dell’amore e della giustizia.
Cosimo Coltraro, infine, si concentra sul suo personaggio, il dottor Fecis (Purgone nella prima edizione) e si associa al coro dei ‘laudatores’ del regista, preparatissimo, competente e stimolante nei confronti del cast.
Gradevolmente rielaborate e integrate al testo la musica e la coreografia per dare la dimensione della vera e propria comédie-ballet secentesca rappresentata con intermezzi musicali e coreografici. Il primo esempio può essere considerato ‘Les facheux’, proprio di Molière e rappresentato nel castello di Fouquet, nel 1661, con musiche di Lully e coreografia di Beauchamp. La comédie-ballet avrebbe poi visto ulteriori esempi, nati sempre dalla collaborazione fra i tre. Dopo la rottura con Lully, Molière si rivolse a Charpentier e la collaborazione tra i due, insieme a Beauchamp, si concluse con “Il malato immaginario” in cui sono previsti tre intermezzi negli intervalli fra i tre atti.
Il personaggio del medico sembra essere direttamente preso di mira da parte dell’autore in diverse sue opere in cui forse satireggiava, caratterizzandoli, celebri medici della Parigi di Luigi XIV:
Il medico volante, Le Médecin volant (1645).
Il dottore innamorato, Le Docteur amoureux (1658).
L’amore medico, L’Amour médecin (15 settembre 1665).
Il medico per forza, Le Médecin malgré lui (6 agosto 1666).
Il malato immaginario, Le Malade imaginaire (17 febbraio 1673).
Nella loro rappresentazione caricaturale tutti i dottori di Molière sono ignoranti e, con l’ossessiva professata necessità di assumere i rimedi suggeriti (purgare e salassare), profondamente legati al denaro; hanno il solo scopo di “far fruttare la malattia, con la frode, con l’inganno”. Ognuna di queste figure è riconducibile ad un modello di medico dipinto come egoista, ipocrita, avaro e formalista.
Certo bisognerà aspettare l’illuminismo e le riforme universitarie settecentesche, con il loro interesse verso la scienza, per trasformare la medicina.
Si comincerà lentamente a passare dallo stereotipo del medico/filosofo ‘di polso e d’urina’, di gran lunga superiore al medico ‘di piaga’, – chirurgo/barbiere addetto a sporcarsi le mani con il sangue, curare ferite, cavare denti e fare salassi -, all’odierno conoscitore del corpo umano, esperto di anatomia, fisiologia e ‘riabilitata’ chirurgia.
I carismatici salassi e le salutari purghe, con annessi clisteri, cederanno il passo alla moderna farmacologia.
Ma veniamo al nostro spettacolo.
La trama si snoda attorno al ricco borghese Argan, vittima della sua ipocondria e quindi dei medici (dai nomi significativi: Defecis e Cagherai) che sfruttano questa sua mania. Attorno a lui ruotano soprattutto l’avida moglie Belina, matrigna della figlia Angelica innamorata di Cleante ma promessa da Argan al neo-medico Tommaso Cagherai (degno figlio di tal padre) e soprattutto la serva, la furba Antonietta che suggerisce al padrone una strana messinscena per provare la sincerità di moglie e figlia.
Doveroso il lieto fine.
In conclusione, questa ultima commedia di Molière, e della sua stessa vita, è intrisa di realismo, cinismo e disillusione.
Nei meandri della comicità e della satira come sempre si nasconde (ma non troppo) un’aspra denuncia della società del tempo…e non solo, in una combinazione di umorismo e introspezione: situazioni esilaranti e spunti di riflessione sempre attuali.
Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi