A rischio di incostituzionalità il Decreto Sicurezza

La Corte di Cassazione, nella sua relazione 33/2025 sulle novità normative, ha espresso le proprie perplessità sulla Legge 9 giugno 2025 n. 80, che ha convertito il Decreto legge 11 aprile 2025, n. 48, il cosiddetto Decreto Sicurezza. La Corte ha evidenziato tutte le criticità che, peraltro, erano state rilevate dagli esperti giuridici: accademici, magistrati, avvocati, costituzionalisti, professori di diritto penale, giuspubblicisti (ad esempio, Articolo 21). In particolare, le critiche della Cassazione si concentrano sia sul metodo di adozione del provvedimento, sia sui suoi contenuti. Nella relazione di 129 pagine vengono segnalati tutti i profili problematici e le manifeste criticità “dell’eterogeneo” contenuto dei 38 articoli del provvedimento governativo in vigore dal 12 aprile 2025. Si condannano, soprattutto, “la decretazione di urgenza”, “le norme troppe eterogenee” e le “sanzioni sproporzionate”. Il risultato, secondo la Suprema Corte, sarà un aumento abnorme dei processi e del numero di persone in carcere.
Pertanto, la Legge 9 giugno 2025 n. 80, che ha convertito il Decreto legge 11 aprile 2025, n. 48, il cosiddetto Decreto Sicurezza, è a rischio di incostituzionalità in più punti. Lo ha comunicato la Corte di Cassazione in un parere non vincolante che ha fatto sorgere forti dubbi sul futuro del provvedimento.
Tutto il pacchetto Sicurezza – trasferito tal quale dal ddl al decreto legge – è a rischio di incostituzionalità, nel metodo e nel merito. Secondo la Cassazione i requisiti di necessità e urgenza, per Costituzione, sono imprescindibili per l’adozione di un Decreto legge. Il provvedimento ha infatti inglobato un Disegno di legge che era già da mesi all’esame del Parlamento e aveva già ottenuto l’approvazione della Camera: “L’uso del Decreto d’urgenza, motivato con l’esigenza di evitare ulteriori dilazioni al Senato, si scontra con la giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale, che ha più volte ribadito che il ricorso al decreto-legge non può fondarsi sull’esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza”.
Inoltre, “la scelta di sottrarre il testo all’ordinario procedimento legislativo e trasfonderlo in un Decreto-legge produrrebbe, per la Cassazione, “una serie di conseguenze: l’accelerazione dei tempi di discussione, la conseguente contrazione della possibilità di apportare emendamenti, che saranno comunque sempre pro futuro, la complessiva compressione del pieno dispiegarsi di quei tempi e modi di dibattito, di esame e di voto che dovrebbero caratterizzare la funzione legislativa, in particolare in materie coperte da riserva di legge, come sono i diritti di libertà e la materia penale”.
Il decreto, come si legge nella relazione, risulta troppo eterogeneo. Si occupa, infatti, come ha scritto Raffaella Pessina, “di una pluralità di materie che non sono tra loro connesse e omogenee: terrorismo, mafia, beni confiscati, sicurezza urbana, tutela delle forze dell’ordine, vittime dell’usura, ordinamento penitenziario, strutture per migranti e coltivazione della canapa. Questa eterogeneità è considerata un ulteriore vizio di legittimità costituzionale per i decreti legge”. “L’estrema disomogeneità dei contenuti”, si legge nella relazione, “avrebbe richiesto un esame ed un voto separato sulle singole questioni”. E invece “la conversione in legge li riunisce “a bordo” di un unico articolo”, in violazione della Costituzione (art. 72) che prevede l’analisi e il voto distinto per ciascun articolo. Per non parlare delle sanzioni ritenute sproporzionate: “Le disposizioni che determinano il trattamento sanzionatorio, in quanto destinate a incidere sulla libertà personale dei loro destinatari, devono ritenersi suscettibili di controllo da parte della Corte per gli eventuali vizi di manifesta irragionevolezza o di violazione del principio di proporzionalità dovendosi scongiurare il rischio di irrogazione di una sanzione non proporzionata all’effettiva gravità del fatto”.
Infine,la Cassazione mette in guardia sul “rischio di colpire eccessivamente gruppi specifici, come minoranze etniche, migranti e rifugiati” e sulle potenziali “discriminazioni e violazioni di diritti umani”.
Foto tratta dal sito della Corte Costituzionale