Spettacoli

La Forma delle Cose: l’amore, l’arte e il potere dell’apparenza

Il Collettivo Quarta Parete, diretto da Sergio Campisi, ha portato in scena al Teatro Grotta Smeralda di Aci Castello La Forma delle Cose, testo teatrale del drammaturgo americano Neil LaBute. L’opera, rappresentata per la prima volta in Sicilia, risulta particolarmente attuale per il tema che affronta: un’indagine sul sistema di valori basato sull’apparenza e sulla convinzione che l’immagine sociale prevalga su tutto, orientando comportamenti, scelte e percezione del reale.
I valori legati all’esteriorità rendono oggi vittime persone di ogni età, esercitando una presa ancora più tagliente sui giovani. Il testo — scritto nel 2001 e appartenente alla “trilogia della bellezza” di LaBute — ne offre una dimostrazione lucida, aspra, profondamente contemporanea.
Al centro de La Forma delle Cose c’è una vicenda ambientata in un piccolo museo di provincia. Adam, giovane guardiano di sala, è un ragazzo timido e insicuro. Nella sua vita irrompe Evelyn, spregiudicata studentessa d’arte: manipolatrice, affascinante, determinata oltre misura. Evelyn lo induce a cambiare — corpo, abitudini, identità — ma dietro questa metamorfosi si cela un progetto inquietante. Il dramma mostra così quanto sia sottile il confine tra libertà e manipolazione, autenticità e finzione. La domanda che lo spettacolo pone è semplice ma devastante: fino a che punto siamo disposti a cambiare pur di essere accettati?
Nella messinscena curata da Campisi, il testo di LaBute prende vita grazie a interpreti coinvolti e credibili, capaci di incarnare personaggi che invitano alla riflessione, suscitando partecipazione emotiva e sguardo critico. Amedeo Amoroso, giovane promessa della scena teatrale catanese, si conferma tale nel ruolo di Adam. Accanto a lui, Maria Chiara Paternò, Giuseppe Oriti, Cecilia Intorre e, in partecipazione straordinaria, Salvatore Gabriel Intorre. I personaggi si muovono in uno spazio scenico essenziale, dominato da un piedistallo con una statua umana: una potente metafora della società dell’immagine.
Neil LaBute — noto per opere che indagano relazioni interpersonali, manipolazione, apparenza e dinamiche di potere — con La Forma delle Cose affronta i temi della seduzione, dell’identità e del bisogno di piacere. In un’epoca in cui la “forma” sembra dominare la sostanza — tra social network, filtri per i selfie e standard estetici irraggiungibili — la storia di Adam ed Evelyn risuona con forza.
Questa versione catanese dell’opera “contamina” diversi linguaggi artistici: alla drammaturgia contemporanea si intrecciano la danza (Centro MeV di Marco Tringali), il cinema (con i filmati di Riccardo Vinciguerra) e le musiche del pianista Gabriele Rossi.
Il regista Sergio Campisi, in un’intervista rilasciata a Sikelian con video e montaggio di Davide Sgroi, approfondisce i temi alla base della sua visione teatrale.

Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi

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