Viaggi

Lungo la Ruta dell’Argento

Sulla strada dell’argento che da Potosì conduceva a Cuzco, in Perù, nel 1898, nacque La Paz, una città con un burrascoso passato e un presente che conserva integra l’identità del suo popolo.
Il paesaggio mozzafiato rende questa città unica al mondo, la gelida notte si alterna al giorno con un sole che non riscalda, ma che crudelmente confonde la vista al viaggiatore.
Domenica delle Palme, dal tetto di una chiesa scorgiamo delle prosperose andine con lunghe gonne colorate sovrapposte, il loro viso occultato dai tipici cappelli a bombetta, illuminate dai raggi di “Inti” intrecciano foglie di palme, che saranno benedette durante la funzione religiosa.
Vediamo tutto dall’alto in questa meravigliosa giornata di sole, l’aria è giusto un po’ frizzante, il nome per intero di questa città è “Nuestra Sigňora di La Paz”.
Ci troviamo a 3600 m.s.l.m., ma in realtà il centro, che si trova nel fondo di un imbuto capovolto, è solo una piccola parte di questa brulicante metropoli andina. La città si sviluppa sulle ripide pareti, fino a raggiungere i 4100 m.s.l.m., qui strade e stradine s’intersecano innumerevoli volte, gremite da un traffico caotico che avvolge e ingarbuglia fino all’inverosimile.
Il centro storico si adagia sul fondo irregolare di una spettacolare fenditura, che prende il nome di “hoyada”e ricorda tanto un cratere ormai estinto; qui si trova il Palazzo del Governo con il suo, ormai famoso Presidente, l’andino Evo Morales. La visita alla Cattedrale di La Paz, è resa difficile dalla presenza del Presidente all’interno del Palazzo; ho dovuto affrontare lunghe discussioni con i non tanto confortanti poliziotti per convincerli a farmi passare, rassicurandoli sulle mie buone intenzioni e promettendo che per nulla al mondo avrei fotografato il Palazzo del Governo.
Il sole al tramonto scende lungo i crinali e le lucine delle povere case che ad una ad una si accendono, danno vita ad uno scenario che mi ricorda un suggestivo presepe natalizio.
In un mattino ventoso, superate le diverse stratificazioni topografiche, nei fatiscenti quartieri indigeni visitiamo il mercato della curanderia (Mercado de Hecheria).
Nel “Barrio Alto” si parla la lingua ayamara, sono i discendenti dei popoli che provenivano dall’altipiano, scesi in questa fossa in cerca di una maggiore protezione dai gelidi venti che scendono dalle cime innevate della Cordigliera Real. In passato la città sorgeva dove si estraeva l’oro dal fiume e il nome indigeno era “Chuqui-yapu Marka”, la città della valle dell’oro.
Lungo la strada per Tiahuanaco, lo sguardo si perde verso l’orizzonte, qui svettano le cinque cime del Nevado Illimani (6402 m.), avvolto da minacciose nuvole cariche di pioggia, chiamato dalle genti del luogo “Abuelo de poncho blanco”, ovvero il nonno dal poncho bianco.
Io, che sono cresciuta tra le leggende delle dolomiti, popolate da innumerevoli magiche entità, mi lascio coinvolgere da questo misticismo andino che venera le montagne come delle figure Angeliche, sempre pronte a proteggere e ad alleviare la povertà di queste grandi anime.
La Bolivia è una terra che conserva grandi segreti non ancora completamente svelati, archeologi e geologi sono in disputa per spiegare gli accadimenti di una “misteriosa geografia”, che deve aver subito in un lontano passato grossi sconvolgimenti.

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