L’arte di Patrizia Romano

“I piccoli poeti cantano cose sciocche, come certo si addice alla mente piccina che non sogna dei re preatlantidi e non vola sul mare tenebroso e inesplorato dalle isole fosche e dall’empie maree, dove si celano neri segreti misteriosi. La poesia vera non pensa ai fiori in boccio, agli uccelli trillanti, all’odor delle rose… ma ai fiori d’ebano aperti in boschi orrendi e al muto uccello lugubre annidato dove tra rami neri spira il vento”, scrisse un tempo Philips Howard. Parole antiche che si coniugano perfettamente con l’arte di Patrizia Romano. Le sue opere, infatti, sembrano scaturire da un’ispirazione composita ed esplosiva, ricca di colori ma anche di oscurità. Le tele emanano suoni e movimento che sconvolgono sguardo, mente e cuore. Una fantasmagoria composita che riempie il campo visivo, acquisendo sempre più profondità man mano che l’occhio esplora e percepisce l’insieme. Nel vortice di allusioni, metafore ed allegorie, emergono le insidie della psiche e forse anche la proposta di un modello nuovo di mentalità e persino di società. Un incantesimo che si dipana attraverso le linee di colore e di energia, percorrendo scale misteriose che conducono in cantine e soffitte della mente abbandonate e dimenticate. Aprono nuove porte facendo liberamente circolare sangue e liquidi umori. I quadri di Patrizia più che catturare lo sguardo, si imprimono nella memoria, collocandosi nell’area normalmente destinata all’onirico, penetrando quindi profondamente nell’inconscio, sempre più dentro, fino all’anima. Una tempesta di emozioni che esplodono luminescenti, simili a prepotenti getti di sangue oppure a fontane di lava delle più imperiosi e prepotenti eruzioni dell’Etna.
Emozione che si somma a passione, dunque, alle quali si aggiungo tecnica e talento; una miscela sapiente, scaturita dall’istinto ed impreziosita dall’equilibrio di chi sa ed è cosciente dei propri mezzi, delle proprie possibilità e di quello che ha intorno. Una consapevolezza netta, chiara, che rende l’opera d’arte non un corpo estraneo al mondo reale, ma il tassello di un continuum geografico, umano e spirituale che emerge prepotente dai colori e dai tratti. Luoghi del vissuto e luoghi dell’immaginario che si susseguono in un vortice di colori, lasciando l’impronta del carattere, delle istanze più profonde e sentite.
