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Giorno 11 gennaio “Distrutta fu… dall’orribile terremoto”

La leggenda narra che una veggente, al barone Alcarolo II Scammacca, predisse che l’indomani a vintinura Catania avrebbe ballato senza sonu, così il barone impaurito si sbrigò a darle il compenso e rifugiatosi sopra il Borgo attese l’ora del disastro annunciato. La domenica mattina giorno 11 gennaio, Catania si svegliò con un sole sbiadito sotto un cielo rossastro, fu alle ore 16.00 che la terra tremò così forte che piegò il campanile della Cattedrale, ma alle ore venti e trequarti si udì un grande fragore, come di un forte vento, poi un boato ed una violenta vibrazione. Secondo il GMT (Greenwich Mean Time) la prima scossa, si verificò alle 9.30 GMT del mattino, mentre la seconda delle 13.30 GMT, che sarebbero circa le ore 21.00 secondo l’orario “all’Italiana” in vigore all’epoca, il terremoto ebbe effetti catastrofici, anche perché si sovrappose, in parte, alle scosse precedenti. Nell’attuale versione del Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI11) risulta essere il più forte evento sismico (Mw=7.4) avvenuto negli ultimi 1000 anni sull’intero territorio nazionale. La scossa raggiunse un’intensità epicentrale valutabile tra i gradi 8 e 9 della Scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS). Inoltre, per vastità dell’area colpita, numero di vittime e gravità degli effetti provocati, è tra i terremoti maggiormente distruttivi della storia sismica italiana. In diversi punti della Piana di Catania, si aprirono numerose fenditure, dalle quali fuoriuscirono gas e acqua calda. Nell’arco temporale di 1000 anni Catania subì per ben due volte gli effetti catastrofici del terremoto: nel 1169 e nel 1693 e fu danneggiata in modo più o meno grave dodici volte. Gli effetti dei terremoti del 9 e del 11 gennaio sulla città di Catania e sull’ambiente furono numerosi e importanti e devono essere messi in relazione con lo sviluppo urbano, sociale e la tipologia degli edifici. Le numerose documentazioni contemporanee, descrivono Catania come un ammasso di macerie, crollò la chiesa di San Nicolò La Rena riedificata dopo l’ultima eruzione, la chiesa della Madonna del Carmine, la chiesa di Santa Maria della Rotonda, in tutto venti edifici religiosi, il Seminario dei Chierici, la Loggia, l’Università, l’Ospedale san Marco, il campanile della Cattedrale alto quasi cento metri cadde sul tetto e distrusse tre navate, mentre rimasero illesi: le absidi e il transetto della Cattedrale, il Castello Ursino, parte delle mura e poche case . Tutto cadde, l’intera città, seppellendo con le rovine 16 mila abitanti, intrappolati tra le vie strette e tortuose sotto una nuvola di polvere che coprì il giorno. Inoltre un maremoto di ingenti proporzioni, subito dopo che le acque si ritirarono, si alzò sulla costa di tutta la Sicilia orientale, la città di Catania fu travolta dal mare fin oltre le mura. Onde di notevole altezza entrarono dalla porta dei Canali e da Porta del Ponticello, sommergendo le rovine, soffocarono le grida dei moribondi trascinandoli, togliendo ogni speranza di sopravvivenza dei sepolti vivi ed una copiosa pioggia cadde, su coloro che storditi, anche dai forti tuoni, imploravano aiuto nella grande confusione della terribile sciagura. La torre campanaria della Cattedrale quando crollò sul tetto e sulla volta del Duomo, seppellì tutti coloro che si erano rifugiati in chiesa per pregare. I sopravvissuti, piangendo si incontravano rinati e con lievi lamenti vagavano riconoscendo di essere ancora vivi. Il drammatico sisma, ha fortemente condizionato la storia di Catania e la vita dei suoi abitanti. La città etnea fu tra quelle che subì il più alto grado di distruzione, registrò il più alto numero di vittime, su una popolazione di circa 20.000 abitanti ne morirono tra le 11.000 e 16.000.
La ricostruzione di Catania avvenne con un disegno del sistema viario d’eccellenza, per l’epoca nuovo, la natura “ballerina” del suolo etneo determinò un piano urbanistico ispirato principalmente da necessità di ordine pratico, seguendo criteri di controllo della forma urbana propri dell’Età Barocca nell’uso di linee rette che si sovrapposero a quelle medievali strette e tortuose, quindi con strade ampie per favorire lo sviluppo della città, interrotte da piazze frequenti e regolari che costituivano una precauzione antisismica.

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