Cinema

Astolfo, un altro piccolo capolavoro di Di Gregorio dopo il Pranzo di Ferragosto

Il cielo lo fece e la terra l’apparò recita un detto siciliano per descrivere persone che, per il fatto d’esser semplici e buone, diventano preda di furbi d’ogni genere.
Quelle famelice, inique e fiere arpie ch’all’accecata Italia e d’error piena descritte da Ludovico Ariosto nel canto trentesimoquarto dell’Orlando furioso, quando parla della missione di Astolfo: cercare, sulla luna, il senno del paladino strabico.
Non per caso all’uscita dal cinema, dopo la visione dell’Astolfo diretto e interpretato da Gianni Di Gregorio, si notano prevalentemente persone d’una certa età. E’ una storia d’anziani che si narra, ma ricordando valori gentili che non hanno età. O non dovrebbero averne.
Come candore e umanità, piatti principali del toccante Pranzo di Ferragosto, un altro piccolo capolavoro con cui Di Gregorio, debuttando nel 2008 alla regia alla tenera età di sessant’anni, aveva ottenuto il David di Donatello.
Questa nuova pellicola narra la storia di uno svagato professore in pensione cacciato dalla casa romana in cui vive dopo esser stato abbandonato da una moglie-amministratrice che tutto sapeva dei suoi averi, tanto che a lei è costretto a ricorrere per rimettere a posto le carte del palazzo avito dove si rifugerà. Trovandolo però non solo colmo di sventurati rimasti senza casa, ma anche in parte sottratto, con altri beni, da un parroco-vampiro e da un sindaco-brigante.
Per lottare contro un sistema che premia la prevaricazione il Professore ha solo armi spuntate: la propria gentilezza, un vecchio documento dello Stato Pontificio e la poesia. Tanto che, a un tratto, prende persino a recitar le Ricordanze di Leopardi: “Vaghe stelle dell’Orsa…”
E pensando all’Ariosto lo ritroviamo a fumare di fronte alla luna, quasi a voler ripescar quel senno collettivo smarrito dall’Italia odierna persino in quell’estrema provincia come la Sagliena del Pane amore e fantasia di Vittorio De Sica, non a caso citata dal regista. O dell’Artena dove è stata girata la gran parte delle scene di Astolfo.
E anche in quest’ultimo film candore e umanità tornano prepotentemente: il palazzo diventa un luogo a metà tra una Comune hippy e una Rsa, frequentata da un plurifidanzato cugino barone, in bolletta ma pronto a prestare il proprio spider rosso ad Astolfo quando questo (inaspettatamente ?) si innamora di una vedova.
Un’inarrivabile Stefania Sandrelli, pronta a dimostrare al mondo che il fascino non ha età.
Così riparte, Astolfo, restituendo alla donna e a se stesso la voglia di vivere, su una vecchia Panda.
Ma a fianco a sé ha tutto quel che potrebbe desiderare.

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