Un libro da raccontare

Manuale di gastronomia funzionale, elogio di un libro che insegna a pensare (bene) con lo stomaco

In un’epoca in cui l’alimentazione è diventata terreno di scontro tra ciarlatani del benessere e influencer con il master in “sentito dire”, c’è chi prova – con rigore, con stile, con coraggio – a restituire alla tavola la sua dignità epistemologica. Tre autori, uno dei padri della farmaceutica italiana il prof. Filippo Drago, un giovane medico farmacologo visionario (Guido Condorelli) e un farmacista con l’amore per l’Archeo-medicina (Ottavio D’Urso), firmano per Edi Hermes – Edra un manuale sorprendente: Manuale di Gastronomia Funzionale. Centinaia pagine che raccontano un’idea semplice e rivoluzionaria: mangiare è un atto terapeutico, e cucinare è, quando ben fatto, un atto di farmacologia applicata.

Il libro si legge come un pamphlet militante contro l’ignoranza alimentare, ma anche come un compendio scientifico dove i polifenoli siedono accanto ai carotenoidi, e la vitamina C dialoga con la glucorafanina. Non c’è ideologia né fanatismo: solo una proposta colta, inclusiva e modernissima. La gastronomia funzionale, spiegano gli autori, non è la cucina della privazione, né la scienza della paranoia. È un modo intelligente di usare il cibo per stare meglio, conoscendolo. E, diciamolo, rispettandolo.

Il merito più grande del volume sta nell’aver cucito insieme, con ago preciso, la medicina ippocratica e la biochimica molecolare, il sapere delle nonne e quello dei recettori gustativi del polmone. Sì, perché il gusto – come ci insegna questo manuale – non è solo una faccenda di lingua e palato, ma una sinfonia biochimica che coinvolge anche intestino, stomaco, perfino i polmoni. La medicina di Avicenna convive qui con la farmacologia del XXI secolo, senza perdere mai il filo di una narrazione affilata, precisa, affascinante.

E poi c’è la parte pratica, quella che trasforma la scienza in abitudine, e il sapere in scelta consapevole. Non aspettatevi un ricettario patinato: qui le ricette – spinaci, cavolo riccio, semi di lino, aglio schiacciato e broccoli – sono il pretesto per insegnare come cucinare per non distruggere ciò che la natura ci offre. Scoprirete, per esempio, che la senape rende i broccoli più potenti del previsto, che la sbollentatura di 15 minuti è il miglior amico del ferro, e che la frittura, oltre a essere gustosa, è spesso anche un eccidio biochimico.

C’è, soprattutto, una visione domestica del cibo. Nel senso di prendersi cura del corpo come ci si prende cura della propria casa: con rispetto, con coscienza, con lungimiranza. Invece di demonizzare gli alimenti, il libro propone un’etica dell’inclusione alimentare. Una sorta di costituzione molecolare del benessere quotidiano. Una difesa illuminista dell’intelligenza nutritiva.

Il risultato è un piccolo capolavoro di divulgazione alta, capace di parlare ai medici e agli chef, ai dietisti e agli studenti, ma soprattutto a chi ha capito che mangiare bene non è una moda, ma un diritto. E anche un dovere.

In queste pagine c’è molto di più: c’è un nuovo modo di pensare la salute. Con gusto.

Articoli correlati

Back to top button