L'Opinione

“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”

E alla fine è successo! Mentre il mondo attendeva con il fiato sospeso, nella notte tra giorno uno e due ottobre, le navi della Flotilla sono state intercettate e fermate dalla marina israeliana. Greta Thunberg è stata arrestata e con lei anche i 40 italiani che partecipavano alla missione umanitaria. Gli attivisti, imbarcati su una nave militare, sono ora diretti verso il porto di Ashdod.
Secondo il ministro degli esteri Tajani agli attivisti sarà offerta la scelta tra l’espulsione immediata o la detenzione in attesa del rimpatrio forzato.
Appena la notizia del blocco è cominciata a circolare, malgrado l’ora tarda, le piazze di molte città d’Italia si sono di nuovo riempite. Gli studenti delle università hanno occupato gli atenei con i loro striscioni e la CGIL ha proclamato un nuovo sciopero generale per il 3 ottobre (al quale hanno aderito anche i sindacati di base).
Prima di essere arrestati ai membri della Flotilla era stato richiesto da più parti di fermarsi e di consegnare gli aiuti umanitari al cardinale Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, che avrebbe poi provveduto a far recapitare le merci a Gaza.
Perché quindi gli attivisti non si sono fermati e, consapevoli del grave rischio, hanno scelto di continuare a navigare verso Gaza?
E’ chiaro che nessuno dei partecipanti alla missione umanitaria pensava, con il poco cibo stipato in stiva, di risolvere il problema della fame che Israele sta infliggendo da mesi alla popolazione di Gaza.
Gli obiettivi della Flotilla erano altri: da un lato quello di accendere un faro sulla tragedia che si sta consumando ai danni di una popolazione civile che non può difendersi, perché non ha un suo esercito; dall’altro mettere in evidenza che Israele sta agendo contro la popolazione di Gaza in piena violazione del diritto internazionale.
La questione delle acque territoriali e del blocco imposto da Israele è al momento piuttosto controversa.
A partire dal 2012 i 3/4 dei paesi aderenti all’ONU ha riconosciuto la Palestina come stato e le ha assegnato il ruolo di osservatore permanente (da pochissimo la Palestina è stata riconosciuta anche da Spagna, Portogallo, Francia, Gran Bretagna e Canada).
Per tutti questi stati le acque di fronte alla Striscia di Gaza sarebbero acque palestinesi e non israeliane e quindi, stando al diritto internazionale, nessun intervento della marina militare israeliana sarebbe legale.
Il problema sta nel fatto che Israele (insieme ad altri stati tra cui gli Stati Uniti e l’Italia) non riconosce l’esistenza dello stato palestinese e quindi ritiene che dalla notte del primo ottobre la flotilla navighi illegalmente in acque israeliane, forzando il blocco terrestre, aereo e marittimo che lo stato ebraico ha imposto a Gaza dal 2007.
Le imbarcazioni della flotta però non sono navi da guerra e, sempre secondo le norme del diritto internazionale, se anche si volessero ignorare le questioni sulla sovranità e sull’occupazione, e si considerasse quindi lecito il blocco navale israeliano, questo, sempre basandosi sugli studi di diritto internazionale, non potrebbe comunque impedire l’accesso a convogli umanitari.
Più forte della sovranità, e valido pure in guerra, è infatti il diritto umanitario.
In particolare, con la quarta Convenzione di Ginevra, agli articoli 23 e 55, si stabilisce l’obbligo per le parti in conflitto di garantire il passaggio di viveri e medicinali ai civili nei territori occupati. Per questo un blocco che abbia come finalità, o anche solo come effetto, quello di affamare la popolazione è non solo illegittimo, ma integra un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità.
In questo quadro i giuristi ribadiscono che ogni attacco contro le navi della Global Sumud Flotilla costituisce un atto illecito di uso della forza. Al contrario, sarebbe stato legittimo (e doveroso) l’intervento di protezione da parte di navi militari italiane, chiamate a garantire la sicurezza di persone che, trovandosi su imbarcazioni battenti bandiera italiana, rientrano sotto la giurisdizione dello Stato.
Di fronte all’assenza di un intervento chiaro ed esplicito degli stati europei e extraeuropei (nessuna proposta di sanzioni nei confronti di Israele, nessuno stop all’esportazione di armi – eccetto che da parte della Spagna), è toccato ai civili muoversi. I membri della Flotilla con coraggio hanno messo in pericolo la loro libertà e la loro stessa vita per dimostrare che il diritto internazionale non può essere impunemente violato e che niente e nessuno può giustificare lo sterminio di una popolazione civile, bombardata, affamata e deportata.
Sconcertanti sono state le reazioni del governo italiano, sia mentre la Flotilla era ancora per mare, sia dopo l’arresto degli attivisti.
“Tutto questo è gratuito, pericoloso, irresponsabile. – ha affermato la premier Giorgia Meloni – Non c’è bisogno di rischiare la propria incolumità, di infilarsi in un teatro di guerra per consegnare aiuti a Gaza che il governo italiano avrebbe potuto consegnare in poche ore” (perché non lo abbia fatto prima non è dato saperlo!); e ancora ha proseguito “Io non sono stupida: quello che accade in Italia non ha come obiettivo alleviare la sofferenza della popolazione di Gaza, ma attaccare il governo italiano. Trovo oggettivamente irresponsabile usare la sofferenza a Gaza per attaccare l’esecutivo” (e tutti gli attivisti provenienti da altri paesi? Anche loro hanno come obiettivo quello di attaccare il governo Meloni?).
La premier negli ultimi giorni ha infine accusato la Flotilla di voler far cadere i negoziati di pace proposti ad Hamas da Trump, Netanyahu e Tony Blair, negoziati che ricordano troppo da vicino la formula del mandato territoriale per poter essere considerati una pace giusta ed equa anche per i palestinesi. Ma il viaggio della Flotilla era iniziato molto prima che si intavolassero i negoziati.
Sul tema della violazione del diritto internazionale il ministro degli esteri Tajani, invitato qualche giorno fa da Bruno Vespa alla trasmissione Porta a Porta, ha balbettato in evidente difficoltà che “il diritto internazionale è importante, ma fino a un certo punto” (che detto da un ministro degli esteri è tutto dire)!
La premier infine ha subito condannato lo sciopero indetto per il 3 ottobre, che cade di venerdì, dicendo che “weekend lungo e rivoluzione non stanno insieme”, dimentica ancora una volta del fatto che per ogni giorno di sciopero i lavoratori perdono parte del loro stipendio.
Ci sono stati, tra ieri notte e stamattina, anche episodi di violenza da parte di facinorosi: sassi, bottiglie e fumogeni sono stati lanciati contro le Forze dell’ordine; frasi a sproposito sono state gridate contro Giorgia Meloni; qualcuno ha inoltre ipotizzato che le manifestazioni di piazza siano state interamente manipolate dai sindacati che stanno facendo il loro gioco.
Così come avvenuto in occasione dello sciopero del 22 settembre (uno dei più partecipati degli ultimi anni) non si può però pensare che le piazze italiane siano riempite solo da gente violenta o interamente manipolata dai sindacati.
Se migliaia di persone organizzano cortei di protesta, evidenziare solo gli scontri con la polizia o l’interruzione della circolazione è chiaramente fazioso e pretestuoso.
Il governo vuole nascondere la presenza di un chiaro disallineamento con la parte del paese che crede ancora nelle leggi, nel diritto internazionale e nella giustizia.
Alle manifestazioni stanno partecipando anche molti studenti. Sono giovani e pensano al loro futuro. E il mondo che gli adulti hanno disegnato per loro al momento sembra davvero brutto!

Articoli correlati

Back to top button