L'Opinione

Vietato parlare di Pace

Pace!
Una parola di solo quattro lettere che pur nella sua piccolezza grafica, è in grado di generare una grande paura.
Perché parlare di pace significa dover arretrare dalle ostinate posizioni belliche sostenute e propagandate come gloriose manifestazioni di patriottismo e di nazionalismo. Ma soprattutto perché, parlare di pace, significa dover riconoscere quanto alto sia il prezzo in vite umane che si sta pagando.
Ma vige un solo imperativo: vietato parlare di Pace!
I Media asserviti propinano costantemente immagini di ipotetiche vittorie militari in modo da anestetizzare l’opinione pubblica e ottenerne il consenso. Una manipolazione oramai ben collaudata per indurre ad accettare la presunta liceità e giustezza della guerra, condotta in nome di principi democratici che, invece, sono stati inevitabilmente sviliti a semplice pretesto per poter giustificare un invio di armi sempre più cospicuo.
Secondo dati recenti, risulta che le industrie belliche continuano ad arricchirsi.
L’Italia, il nostro bel paese del sole, è il primo venditore di armi in Europa con un aumento delle vendite stimato del 86 per cento in più.
Con la compiacenza di una classe politica che si sollazza in una spudorata retorica bellicista che idealizza la guerra giusta.
Un concetto su cui non solo l’Italia ma anche gli altri governi, da sempre, hanno costruito le loro politiche militari e hanno tenuto a bada i popoli.
La guerra, qualunque sia la causa che l’abbia scatenata, è sempre ingiustificabile.
Ma guai a esternare un pensiero simile, chi prova a farlo, viene immediatamente tacciato di essere filo-putiniano se si tratta del conflitto tra Russia e Ucraina, o di essere a favore dei terroristi di Hamas se si affronta il conflitto tra Israele e la Palestina.
Non si può parlare di pace altrimenti si viene messi a tacere e lasciati al pubblico ludibrio.
A questo perverso meccanismo non sfugge nessuno, nemmeno il Santo Padre che ha avuto l’ardire di proporre, nell’intervista alla Radio Televisione Svizzera, la necessità di un negoziato per porre fine alla guerra.
Immediatamente i “prodi” guerrafondai hanno gridato allo scandalo e si sono scagliati inorriditi contro “l’eretico” Papa Francesco, colui che si è macchiato della grave colpa di aver posto in primo piano la dignità della vita umana e di ogni individuo con i suoi inalienabili diritti. E soprattutto di aver ricordato che i popoli che non sono numeri anonimi ma uomini, donne e bambini, con le loro vite, aspirazioni e sogni.
Indignato Zelenski, che ha richiamato il proprio delegato pontificio, così come anche Europa e Stati Uniti.
Tutti contro le assurde parole del Papa che poi così assurde non sono semmai scomode agli opportunismi politici, in quanto sottolineando la continua perdita di vite umane, hanno costretto a riconsiderare quali siano le vere priorità dell’umanità intera E non sono sicuramente gli interessi economici e politici.
Il suo invito a riflettere sulle azioni militari in atto, è stato demonizzato.
L’occidente guerrafondaio non può permettersi che un Papa, “filo-putiniano” così come è stato additato, possa risvegliare le coscienze e che possa porre in primo piano la legittimità morale della guerra e non quella politica e che possa così incrinare, nell’opinione pubblica, il tanto declamato concetto di guerra giusta.
Molto meglio le parole di un “savio” come Macron, il presidente francese, che da “onorevole” leader europeo incita a un coinvolgimento più diretto e che, con una naturalezza sconsiderata, grida con arroganza orgogliosa di essere pronto all’invio di soldati francesi in Ucraina per combattere contro la Russia.
Poco importa se questa folle presa di posizione alimenta ulteriormente una propaganda di distruzione e di morte che, in realtà, avvantaggia gli scopi politici di che ne trae vantaggio e gli interessi delle lobby delle armi.
Come non importa a questi governi ottusi e accecati dalle loro strategie nazionalistiche che, se è giunti al punto che un capo religioso ha dovuto parlare di pace, questo vuol dire che la politica internazionale ha fallito il suo compito di garante delle libertà democratiche.
Una politica internazionale che si è ridotta allo stato selvaggio e che parla non più attraverso il confronto ma solo con la voce delle armi, perdendo così il suo fine che è sempre stato quello di assicurare un equilibrio stabile e pacifico tra i popoli.
Le élite politiche europee propugnano a gran voce la guerra come l’unica via percorribile anche se questa linea strategica, come una impietosa scia di sangue, sta dimostrando tutta la sua vergognosa impotenza.
Avere il coraggio di parlare di negoziati e di una possibile pace è diventato sinonimo di disonorevole sconfitta.
In un mondo sempre più orientato ad affermare poteri individualisti e suprematisti, aspirare alla pace è segno di debolezza.
Il dialogo è un disonore inaccettabile.
Molto più onorevole una guerra lunga con migliaia di vite umane sacrificate!

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