Viaggi

Le cascate del paradiso

Dopo una notte passata ad ascoltare la pioggia che a tratti si arresta per lasciar posto a tutti i rumori della selva, alle prime luci dell’alba abbandono definitivamente il mio resort.
Appuntamento, per una nuova avventura, alla fermata di un bus che raccoglie i pochi turisti decisi ad intraprendere una faticosa risalita del Rio Carrao per raggiungere la cascata più alta del Mondo. Dopo un breve tragitto ci raduniamo non più di otto persone; una curiara, tipica imbarcazione a motore ci attende, aiutiamo la guida ad imbarcare alcuni viveri.
Sotto una pioggerellina che non si vuole arrestare c’imbarchiamo per risalire controcorrente il Rio Carrao, sino a Mayupa, qua il fiume diventa pericoloso ed è necessario proseguire a piedi. Alleggerita l’imbarcazione, le nostre guide riescono, immersi nell’acqua fino alla vita, a trascinare l’imbarcazione oltre le rapide.
Camminiamo lungo un sentiero; questa breve passeggiata mi permette di ammirare ancora una volta le abitazioni degli indios Pémon e i Tepuy che mi lascio alle spalle rimangono superbamente sullo sfondo. Ripresa posizione sull’imbarcazione, la navigazione, nonostante la pioggia che a tratti riprende a cadere, rappresenta per me l’esperienza più affascinante da, quando mi trovo in Venezuela.
Davanti a noi l’Auyan-Tepuy (la montagna del diavolo, sacra per i Pémon, ricca di spiriti malvagi) ci sovrasta. All’Isola Orchidea, dopo una breve sosta proseguiamo la navigazione sino ad imboccare il Rio Churùn, incastonato tra l’Auyan-Tepuy e Weitepuy ( montagna del sole).
La normale corrente del fiume si alterna con piccole rapide, confesso che non sono mancati attimi di puro terrore. Finalmente le acque del fiume si placano e il sole si affaccia tra le nubi che minacciose continuano a fare da corona all’Ayuan-Tepuy, dalla cui sommità numerose cascate precipitano verso il basso. Lasciamo le canoe all’isola Ratón e proseguiamo lungo un sentiero nella foresta, sino alla cascata più alta del mondo, 979 metri di caduta libera: il “Salto Angel” (churùn-meru), scoperta nel 1933 dall’aviatore americano Jimmie Angel. Lo spettacolo è emozionante, immersi in una selva meravigliosa ci gustiamo appieno la cascata.
All’imbrunire scendiamo dalla montagna con l’aiuto delle torce, arrivati al campo, mi rendo conto di avere i vestiti zuppi. Stanchi e affamati consumiamo una cena a base di riso, pollo, verdure e frutta.
Mi ritrovo per la prima volta nella mia vita a dormire all’aperto su un’amaca, guardo il mio vicino, per fortuna è un giovane abbastanza robusto, mi sorride cercando di rassicurarmi.
Sono consapevole che la notte sarà lunga e non priva di fantasie circa tutti i possibili animali che potrebbero turbare il mio sonno.
Mi sveglio prestissimo, nell’accampamento tutti dormono, ne approfitto per andare a rivedere il “Salto Angel” e per immergermi in solitudine in questa natura vigorosa, dove alberi millenari, orchidee, uccelli invisibili, di cui si odono solo i suoni, sembrano uscire da una scena di Jurassic Park. Il rientro a Canaima è veloce e il sole mi accompagna fino al mio arrivo all’aeroporto. Ancora una volta salgo a bordo di un piccolo aereo a turboelica, che mi riporterà a Ciudad Bolivar, questa volta il decollo è disastroso, la porta accanto a me si apre e l’aereo è costretto ad atterrare nuovamente in pista. La porta non si chiude e il pilota, alquanto schizzato, mi ordina di trattenerla con forza per tutto il volo, costretti a volare basso, sotto di noi a pochi metri il Roraima e tutto il meraviglioso paesaggio della Gran Sabana.

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