Cultura

L’arte di strisciare secondo il Barone d’Holbach

Paul Henry, barone d’Holbach è sicuramente uno dei filosofi più diretti e graffianti di tutta la storia della filosofia mondiale. Nel brevissimo libro intitolato L’arte di strisciare ad uso dei cortigiani descrive in modo eccelso la natura e i comportamenti del Cortigiano, un bizzarro essere che assomma in sé tutte le contraddizioni umane.

Il cortigiano è un singolare tipo umano che trova spazio nelle corti e nei palazzi del potere. Ha molte anime, almeno una per ogni carattere che assume e per ogni maschera che indossa. Alcune volte è avaro, altre avido. In alcuni casi riesce anche a compiere atti di estrema magnanimità. In altri momenti, sa compiere atti estremamente turpi e vergognosi. Egli vende l’onore, l’onestà, l’amor proprio, il pudore e persino i rimorsi al fine di deliziare il sovrano. Per raggiungere tale perfezione deve imparare l’arte di strisciare.

È un cammino molto complesso, in cui il cortigiano deve imparare innanzitutto a reprimere l’orgoglio e l’amor proprio. È l’unico esemplare di essere umano a riuscirci. Egli è il vero devoto. Neanche i santi sono capaci di raggiungere tanta perfezione perché in loro c’è pur sempre un certo amor proprio ed orgoglio per la religione che professano.

Gli altri esseri umani non riescono in questa attività. Alcuni spesso sono affetti da una mancanza di elasticità ai lombi che non gli permette di piegarsi e di strisciare. Altri hanno problemi alla schiena che impedisce loro di inchinarsi.

Il barone sostiene che “un buon cortigiano non deve mai avere un’opinione personale ma solamente quella del padrone o del ministro, e deve saperla anticipare facendo ricorso alla sagacia; ciò presuppone un’esperienza consumata e una profonda conoscoscenza del cuore gli uomini. Un buon cortigiano non deve mai avere ragione, non è in nessun caso autorizzato ad essere più brillante del suo padrone o di colui che gli dispensa benevolenze, deve tenere ben presente che il Sovrano e più in genrale l’uomo che sta al comando non ha mai torto.”.

Inoltre, il filosofo precisa che: “Il cortigiano ben educato deve avere uno stomaco tanto forte da digerire tutti gli affronti che il suo padrone vorrà infliggergli. Fin dalla più tenera età deve imparare a dominare la propria fisionomia, per evitare che i suoi tratti tradiscano i moti segreti del cuore o che rivelino un’involontaria contrarietà che un abuso subito potrebbe insuinuarvi. Per vivere a Corte è necessario un dominio assoluto dei muscoli facciai, al fine di ricevere senza battere ciglio le peggiori mortificazioni. Un individuo rancoroso, dal brutto carattere o suscettibile non riuscirà mai a fare carriera.”.

È necessario che il cortigiano si mostri amichevole e affettuoso con tutti i rivali. Deve essere pronto ad “abbracciare teneramente il nemico che vorrebbe strozzare.”. Deve però essere arrogante contro chi non serve niente o che non può essere usato al fine di raggiungere un vantaggio presso un uomo potente.

La nobile arte del cortigiano, l’oggetto essenziale della sua cura, consiste nel tenersi informato sulle passioni e i vizi del padroni, per essere in grado di sfruttarni il punto debole: a quel punto sarà certo di detenere la chiave del suo cuore. Gli piaccioni le donne? Bisogna procurargliene. È devoto? Bisogna diventarlo o fare l’ipocrita. È di temperamento ombroso? Bisogna instillargli sospetti riguardo a tutti coloro che lo circondano. È pigro? Non bisogna mai parlargli di lavoro; in poche parole, lo si deve servire secondo i suoi desideri e soprattutto adularlo continuamente. Se è uno stupido non si rischia nulla a prodigargli lusinghe ingiustificate, ma se per caso – si tratta in verità di un’eventualità remotissima – fosse arguto o di buon senso, sarebbe opportuno prendere qualche precauzione”.

Il cortigiano, inoltre, deve conoscere il prezzo di ogni uomo che incontra. È necessario che saluti la cameriera di una Dama in auge o il valletto di un ministro. Deve sempre salutare il portiere dei palazzi che frequenta. Deve affezionarsi al cane di un funzionario. La vita del cortigiano è un perpetuo impegno.

Il vero cortigiano non deve avere veri sentimenti di amicizia. “Il suo attaccamento sarà riservato all’uomo al comando fino al momento in cui non perde il potere. È necessario odiare senza por tempo in mezzo chiunque abbia contrariato il padrone o il favorito di turno.”. Prova orgoglio nell’eseguire anche i più infimi compiti pur di piacere al proprio padrone, “lo scorta, si atteggia a intermediario compiacente di ogni suo piacere, si attribuisce le sue sciocchezze o si affretta ad approvarle.”.

In questi termini, il barone d’Holbach traccia la migliore descrizione dei cortigiani, ossia di quella massa di simulatori, traditori ed ipocriti che circondano tutti i potenti. L’arte di strisciare è un libro da maneggiare con estrema cura e da citare solo in poche occasioni perché il suo contenuto può urtare le false coscienze dei… cortigiani.

Paul. H. D., barone d’Holbach, L’arte di strisciare ad uso dei cortigiani, Melangolo, Genova, 2009.

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