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La violenza politica

L’agire sociale si muove sempre lungo un continuum, i cui poli sono la violenza e la non-violenza, semplicemente perché la vita sociale è dinamica”.

L.H. Nieburg, La violenza politica.

Nel corso della storia umana le vicende umane legate alla politica sono strettamente connesse alla violenza. Ci sono anche filosofi e pensatori che pensano che ci sia uno strettissimo legame tra polis, politica e polemos (in greco antico: guerra). L’umanità si è suddivisa in gruppi che si sono fatti guerra tra loro sin dalla notte dei tempi. Ogni comunità è composta da gruppi grandi e piccoli in perenne movimento e conflitto per ottenere l’influenza sulla società o vantaggi di natura economica e politica.  Se politica e violenza in qualche modo hanno punti di contatto, cos’è la violenza politica? È possibile avere una risposta a questo interrogativo leggendo il libro intitolato La violenza politica di L.H. Nieburg.

Con questo saggio l’autore vuole mettere in stretto collegamento l’azione politica con la violenza “e superare i pregiudizi che tendono a emarginarla, quasi interruzione della vita politica e addirittura fenomeno aberrante e necessariamente disfunzionale”. In termini molto sintetici è possibile affermare che “l’agire sociale si muove sempre lungo un continuum, i cui poli sono la violenza e la non-violenza, semplicemente perché la vita sociale è dinamica”.

Secondo Nieburg, “la chiave che ci può consentire di capire la violenza politica… la si deve cercare nella dinamica dei rapporti di contrattazione, più che nell’oggetto incidentale del conflitto”. La società, infatti, è formata da gruppi più o meno grandi in conflitto e in competizione tra loro che cercano in vari modi di stabilire un’influenza e di raggiungere degli obiettivi. I vari attori sociali entrano in rapporto di contrattazione tra loro e cercano di massimizzare i loro profitti e le loro posizioni. Le loro dinamiche possono essere comportamenti non violenti con rischi bassi oppure possono degenerare nella violenza. In questo modo, in un primo momento si possono descrivere quei rapporti in cui si esprime il processo sociale, dall’altro si ha la possibilità di conoscere le modalità in cui i differenti attori si scontrano e poi passano alla violenza. In un certo senso, la violenza è l’ultima ratio che esseri razionali e gruppi organizzati utilizzano per agire nel contesto sociale.

Nella prospettiva di Nieburg i gruppi sociali agiscono sempre in termini dinamici e contrattuali. Nulla è lasciato al caso, alla spontaneità e all’irrazionalità. Questa particolare prospettiva è in contrasto con quella di altri studiosi che considerano la violenza come una deviazione o di altri che la considerano come la discrepanza tra le aspettative di un gruppo e le sue reali capacità di comprensione e di azione. La violenza non è l’espressione dovuta all’incapacità di superare la frustrazione e la delusione.

Nieburg compie un’analisi della violenza politica a partire dalla sociologia di Talcott Parsons (struttural-funzionalismo) e dalla psicologia comportamentista di Skinner. L’idea di fondo è che ogni azione sociale ha una sua razionalità. Ciò che è razionale è sociale, e ciò che è sociale è razionale. Tutto l’agire sociale è riconducibile a precise leggi e tale agire modifica costantemente i valori della società e anche le regole di contrattazione al suo interno. La struttura sociale ed in particolare le norme poste alla sua difesa sono l’espressione dei gruppi dominanti.  Nelle continue contrattazioni tra i singoli individui e i vari attori sociali avviene una costante selezione di possibili soluzioni. Questa costante dinamica fatta di prove ed errori modifica la società e pone alla prova le istituzioni e i vari sistemi di regolamentazione della società.

La violenza e/o la semplice minaccia dell’uso della violenza serve a saggiare la determinazione degli altri gruppi sociali e la loro volontà di cambiamento. In alcuni casi può essere determinante anche semplicemente per cambiare alcuni aspetti della struttura della contrattazione sociale. “Le tattiche precise… dipendono dal comportamento tenuto in precedenza dalle parti, dalle possibilità contrattuali in campo, dalla situazione di costi e rischi, dall’intensità degli interessi in gioco e dell’impegno profuso, e dall’efficacia delle diverse scelte operative … Benché non priva di nessi con le condizioni del conflitto (che danno la stura alla contrattazione e ne determinano i contenuti), la dimensione tattica può variare indipendentemente da essa. Le tattiche che dimostrano maggior efficacia e duttilità tendono a venire imitate, a consolidarsi e perpetuarsi”.

Il ricorso alla violenza è una costante della politica e delle comunità organizzate. Soprattutto per gli sfruttati, i poveri e gli oppressi la violenza è l’unico modo per comprendere quanto siano vitali le istituzioni della società e sino a che punto si possa spingere il cambiamento sociale.

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