L'Opinione

Il coraggio delle idee del primo ministro irlandese

Simon Harris, esponente trentasettenne del partito “Fine Gael”, è il più giovane politico, almeno finora, eletto premier in Irlanda. Nella riunione con i deputati del suo partito, poco prima dell’investitura del parlamento irlandese a “Taoseach”, ovvero a primo ministro, ha lanciato un breve, ma chiarissimo, messaggio al premier israeliano Benjamin Netanyahu. Senza giri di parole ha dichiarato: “Primo ministro Netanyahu, il popolo irlandese non potrebbe essere più chiaro. Siamo disgustati dalle tue azioni. Cessate il fuoco adesso e lasciate che gli aiuti fluiscano in sicurezza”.
Harris ha descritto ciò che sta succedendo a Gaza come una “catastrofe umanitaria” dove “la ragione è stata sostituita dalla vendetta e dai bombardamenti, dalle mutilazioni e dalla morte dei bambini”.
Le parole di Harris, giovane politico che si avvale dei social, hanno fatto il giro del web, e sono divenute virali in rete. Parole dai toni forti che rivelano il coraggio delle sue idee e del popolo irlandese che rappresenta: “La carestia è uno spettro che nessun irlandese può sopportare. Chi tollera la fame deliberata ha perso la propria umanità”.
Un messaggio breve, ma dai contenuti forti, dove ricorrono parole come umanità, ragione, aiuti, pace, contrapposte a vendetta, quella di Netanyahu contro i palestinesi, dopo l’attacco terroristico di Hamas, che ha provocato catastrofe, mutilazioni e morte.
Come sappiamo, però, Netanyahu ha deciso di attaccare Rafah anche senza l’appoggio Usa.
Negli Stati Uniti e in tanti paesi europei si è assistito, negli ultimi tempi, al proliferare delle proteste contro la “sanguinaria” risposta di Netanyahu all’attacco terroristico di Hamas. In Spagna, in particolare, tantissimi giovani si sono riuniti a San Sebastian. Si sono stesi a terra, in centinaia, a testimoniare la solidarietà al popolo palestinese e alle sue migliaia di vittime dopo l’attacco di Israele a Gaza, alla ricerca dei terroristi di Hamas e degli ostaggi israeliani. A coprire i loro corpi, un gigantesco striscione con la rappresentazione di Guernica, il capolavoro che Pablo Picasso dipinse dopo il bombardamento della città di Guernica nel 1937 durante la guerra in Spagna. Il quadro è la testimonianza della angoscia di Picasso e dell’orrore per la guerra.
Anche in Italia non sono mancate le manifestazioni pro Palestina. Ad infiammarsi sia le piazze delle principali città italiane sia gli atenei che, in molti casi, hanno deciso di non partecipare al bando (MAECI) di collaborazione scientifica con gli atenei israeliani.
Gli studenti universitari, dagli atenei alle piazze, hanno condannato Israele e si sono schierati dalla parte dei palestinesi. Cortei, a sostegno della Palestina, a Pisa, a Torino a Trieste, a Milano, a Genova, a Empoli.
Al grido “I genocidi sono tutti uguali. Palestina libera” tantissimi attivisti si sono riuniti in Piazza Vittorio Emanuele a Roma e nonostante il diniego della questura diverse sigle e cittadini si sono uniti per portare il “sostegno alla resistenza palestinese”. “Non siamo qui – ha dichiarato un attivista palestinese – per dire che siamo contro gli ebrei. Siamo qui per dire no al genocidio a Gaza”. Di fronte ai 30 mila morti a Gaza, in tanti cartelloni campeggiava la frase di Primo Levi; “Se comprendere è impossibile conoscere è necessario”. A Napoli il centro sociale “Mezzocannone occupato” ha organizzato un sit-in in piazza San Domenico Maggiore. Sulla pagina Facebook del centro sociale è scritto: “Il mondo non potrà mai dimenticare l’orrore dell’Olocausto, il genocidio perpetrato dal regime nazista… Sentiamo fortissima la necessità di onorare le vittime del nazismo, la nostra coscienza di antifascisti… ci impone di contrastare… qualsiasi reminiscenza antisemita”. In particolare, viene rigettata “l’equiparazione tra antisemitismo ed antisionismo, poiché in nessun caso criticare il progetto sionista può corrispondere ad un sentimento di odio nei confronti della popolazione ebraica”.
Il clima si è infiammato, ovunque, dopo l’uccisione dei civili palestinesi in fila per ricevere acqua e cibo e in seguito alle ultime notizie relative al fatto che nel caos della guerra gli aiuti non riescono ad arrivare e che Netanyahu ha deciso di sferrare l’attacco a Rafah.”Nella riunione con iSimon Harris, esponente trentasettenne del partito “Fine Gael”, è il più giovane politico, almeno finora, eletto premier in Irlanda. Ai deputati del suo partito, poco prima dell’investitura del parlamento irlandese a “Taoseach”, ovvero a primo ministro, ha lanciato un breve, ma chiarissimo, messaggio al premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Senza giri di parole ha dichiarato: “Primo ministro Netanyahu, il popolo irlandese non potrebbe essere più chiaro. Siamo disgustati dalle tue azioni. Cessate il fuoco adesso e lasciate che gli aiuti fluiscano in sicurezza”.
Harris ha descritto ciò che sta succedendo a Gaza come una “catastrofe umanitaria” dove “la ragione è stata sostituita dalla vendetta e dai bombardamenti, dalle mutilazioni e dalla morte dei bambini”.
Le parole di Harris, giovane politico che si avvale dei social, hanno fatto il giro del web, e sono divenute virali in rete. Parole dai toni forti che rivelano il coraggio delle sue idee e del popolo irlandese che rappresenta: “La carestia è uno spettro che nessun irlandese può sopportare. Chi tollera la fame deliberata ha perso la propria umanità”.
Un messaggio breve, ma dai contenuti forti, dove ricorrono parole come umanità, ragione, aiuti, pace, contrapposte a vendetta, quella di Netanyahu contro i palestinesi, dopo l’attacco terroristico di Hamas, che ha provocato catastrofe, mutilazioni e morte.
Come sappiamo, però, Netanyahu ha deciso di attaccare Rafah anche senza l’appoggio Usa.
Negli Stati Uniti e in tanti paesi europei si è assistito, negli ultimi tempi, al proliferare delle proteste contro la “sanguinaria” risposta di Netanyahu all’attacco terroristico di Hamas. In Spagna, in particolare, tantissimi giovani si sono riuniti a San Sebastian. Si sono stesi a terra, in centinaia, a testimoniare la solidarietà al popolo palestinese e alle sue migliaia di vittime dopo l’attacco di Israele a Gaza, alla ricerca dei terroristi di Hamas e degli ostaggi israeliani. A coprire i loro corpi, un gigantesco striscione con la rappresentazione di Guernica, il capolavoro che Pablo Picasso dipinse dopo il bombardamento della città di Guernica nel 1937 durante la guerra in Spagna. Il quadro è la testimonianza della angoscia di Picasso e dell’orrore per la guerra.
Anche in Italia non sono mancate le manifestazioni pro Palestina. Ad infiammarsi sia le piazze delle principali città italiane sia gli atenei che, in molti casi, hanno deciso di non partecipare al bando (MAECI) di collaborazione scientifica con gli atenei israeliani.
Gli studenti universitari, dagli atenei alle piazze, hanno condannato Israele e si sono schierati dalla parte dei palestinesi. Cortei, a sostegno della Palestina, a Pisa, a Torino a Trieste, a Milano, a Genova, a Empoli.
Al grido “I genocidi sono tutti uguali. Palestina libera” tantissimi attivisti si sono riuniti in Piazza Vittorio Emanuele a Roma e nonostante il diniego della questura diverse sigle e cittadini si sono uniti per portare il “sostegno alla resistenza palestinese”. “Non siamo qui – ha dichiarato un attivista palestinese – per dire che siamo contro gli ebrei. Siamo qui per dire no al genocidio a Gaza”. Di fronte ai 30 mila morti a Gaza, in tanti cartelloni campeggiava la frase di Primo Levi; “Se comprendere è impossibile conoscere è necessario”. A Napoli il centro sociale “Mezzocannone occupato” ha organizzato un sit-in in piazza San Domenico Maggiore. Sulla pagina Facebook del centro sociale è scritto: “Il mondo non potrà mai dimenticare l’orrore dell’Olocausto, il genocidio perpetrato dal regime nazista… Sentiamo fortissima la necessità di onorare le vittime del nazismo, la nostra coscienza di antifascisti… ci impone di contrastare… qualsiasi reminiscenza antisemita”. In particolare, viene rigettata “l’equiparazione tra antisemitismo ed antisionismo, poiché in nessun caso criticare il progetto sionista può corrispondere ad un sentimento di odio nei confronti della popolazione ebraica”.
Il clima si è infiammato, ovunque, dopo l’uccisione dei civili palestinesi in fila per ricevere acqua e cibo e in seguito alle ultime notizie relative al fatto che nel caos della guerra gli aiuti non riescono ad arrivare e che Netanyahu ha deciso di sferrare l’attacco a Rafah.

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