Giovanni Sollima e la musica popolare al Teatro Massimo Bellini

L’hard rock dei Led Zappelin eseguito dall’Orchestra del Teatro Massimo Bellini con l’accompagnamento del tamburello siciliano, del friscaletto, del marranzano e di altri strumenti popolari. Chi è riuscito a compiere il miracolo di portare la musica etnica in un paludato teatro lirico? Lui, il violoncellista e compositore Giovanni Sollima, il musicista che, amalgamando alto e basso e mischiando generi diversi, è riuscito a trascinare nel teatro catanese un pubblico più vasto e giovane.
Applausi, applausi e ancora applausi, ça va sans dire, per il concerto sinfonico “Giovanni Sollima e la musica popolare”. Direttore e solista Giovanni Sollima. Puccio Castrogiovanni marranzano, Salvatore Tomasello friscaletto, Armando Vacca tamburi a cornice. Tutti molto bravi ma Sollima superlativo, capace di suonare con una comunicativa quasi fisica e con i suoi soliti guizzi istrionici (lo si è visto con l’archetto tra i denti).
Alla buona riuscita dello spettacolo hanno contribuito la voce recitante dell’attore Giovanni Calcagno, la video-composizione di Alessandra Pescetta e la marionetta corporea creata da Bianca Bonaconza. La narrazione videoartistica ha dato suggestiva voce ed immagine all’ingenuo e credulone Giufà, l’antieroe della tradizione siciliana da cui ha tratto ispirazione il compositore Eliodoro Sollima (1926-2000), autore di “Giufà Suite”, musiche di scena per uno spettacolo di Mimmo Cuticchio alle “Orestiadi” di Gibellina.
Atmosfere sonore mediterranee ma con incursioni nel mondo slavo hanno caratterizzato il concerto per violoncello e orchestra “Fecit Neap. 17” composto da Giovanni Sollima che, partendo da una matrice barocca, ha raggiunto ottimi esiti di sinfonismo contemporaneo, comunicativo e profondamente popolare.
Il sirtaki, la danza dei Balcani, ha fatto capolino nel brano di tradizione albanese “Moj e bukura more”, canzone di esilio cantata dalla comunità Arbëresh. La nostalgia per la patria abbandonata è stata anche espressa in musica dal compositore e direttore d’orchestra Gino Marinuzzi (Palermo 1882-Milano 1945), il “signore del golfo mistico”, autore di una Suite siciliana (è stata eseguita “La canzone dell’emigrante”) e di un valzer campestre venato da sonorità popolari, il cui tema fu ripreso da Fabrizio De Andrè per una sua canzone.
Storia di immigrati anche con i Led Zeppelin di “Immigrant Song”, celebre brano arrangiato in modo coinvolgente e divertente da Giovanni Sollima, un compositore radicato nella tradizione ma anche libero nella sperimentazione di sonorità che non disdegnano l’uso del marranzano e di altri strumenti della tradizione popolare.
Il testo della canzone dei Led Zeppelin è stato recitato da Giovanni Calcagno, attore anche voce narrante e autore della versione in siciliano della fiaba musicale “Pierino e il lupo”, di Sergej Prokofiev.
La serata musicale, autenticamente popolare, è stata chiusa trionfalmente con i bis; applausi indirizzati soprattutto a Giovanni Sollima, performer carismatico che ha il merito di aver contribuito a rinnovare l’immagine del violoncellista