Storie ArcaneViaggio tra le parole

Colapesce: eroe dei nostri tempi

Piazza Università, inondata dalla luce calda del sole catanese, risplende nel suo abbraccio vivificatore insieme alle eleganti facciate barocche degli antichi palazzi che la circondano, il Siculorum Gymnasium noto come Palazzo dell’Università poichè fu sede della prima Università siciliana fondata nel 1434 dal re Alfonso D’Aragona, il Palazzo Gioieni d’Angiò, il Palazzo di San Giuliano e il retro del Palazzo degli Elefanti sede del Municipio. Essi con la loro sobria signorilità testimoniano la grandezza di un tempo mai sopito, perenne retaggio di valori che ancora oggi animano la vita di ogni catanese.

La pietra lavica della pavimentazione assorbe i raggi nella sua profondità nera e li proietta in bagliori di luce sui quattro candelabri in bronzo che sembrano animarsi di vita propria. Posti ai quattro angoli della piazza, furono realizzati nel 1957 dagli scultori catanesi Mimì Maria Lazzaro e Domenico Tudisco. Silenziosi custodi del patrimonio culturale della nostra città, raffigurano quattro leggende catanesi: Colapesce, i fratelli Pii, Gammazita e il paladino Uzeda; le quali, perdendosi nei meandri più lontani dei tempi antichi, mantengono vivo lo spirito più profondo del nostro essere siciliani e si pongono a noi come modelli da cui trarre forza.

Come Nicola, il leggendario pescatore di Messina, soprannominato Colapesce per le sue straordinarie abilità di nuotatore. Ogni giorno si tuffava in mare e scendeva nei fondali con lunghe immersioni alla ricerca di tesori antichi. La sua fama arrivò all’imperatore Federico II re di Sicilia che lo mise alla prova gettando una coppa in mare, ma Colapesce la riprese subito. Allora ci riprovò con la sua corona che Colapesce recuperò prontamente. Però durante queste immersioni Colapesce si accorse che una delle tre colonne che sorreggono la Sicilia, quella di Capo Peloro, era crepata dal fuoco sotto l’Etna. Lo raccontò al re che però non gli credette accusandolo di mentire per non voler più immergersi. Allora il giovane si lanciò di nuovo in mare con un pezzo di legno per dimostrargli l’esistenza del fuoco, ma non riemerse più, ritornò a galla solo il pezzo di legno bruciato a dimostrazione della sua tesi. In realtà Colapesce non morì ma scelse volontariamente di non riemergere e di sorreggere la colonna sotto l’Etna per evitare che la Sicilia sprofondasse. E se qualche volta la terra trema proprio tra Catania e Messina ciò è dovuto perché Colapesce si muove per cambiare lato della sua spalla.

Le origini di questa suggestiva leggenda si perdono nei misteri e nei riti di un tempo lontano e sembra collegarsi al culto tardo pagano dei figli di Nettuno secondo il quale essi, accoppiandosi con misteriosi animali marini, divenivano sommozzatori dotati di poteri magici in grado di trattenere il respiro.

Racconto mitico tramandatosi per via orale attraverso i secoli e poi affiorato in testi scritti. E una sua prima attestazione letteraria risale al XII secolo grazie al poeta franco-provenzale, Raimon Jordan, che narra di un giovane di nome Nicola che viveva come un pesce. Ma anche in Inghilterra il monaco Walter Map scrive di un Nicolaus che viveva immerso nel mare senza respirare.

Il suo fascino ha sedotto e ispirato non solo cantastorie come Otello Profazio ma scrittori come i siciliani Giuseppe Pitrè e Leonardo Sciascia ma anche il napoletano Benedetto Croce e lo stesso Italo Calvino che la trascrisse nelle sue Fiabe Italiane.

La sua forza intrinseca, rimasta inalterata nel tempo, è giunta fino ai giorni nostri e si pone come monito ma soprattutto come sprone per ogni siciliano che da questo esempio di sacrificio estremo trae fermezza e determinazione. Qualità evidenti nell’impegno costante di molti nostri giovani che hanno deciso di investire ogni loro risorsa nella nostra Isola. Catturati dal suo fascino selvaggio intriso di vitalità esuberante, hanno lavorato questa nostra terra e dato vita ad aziende agricole di rilievo, hanno curato con dedizione rigogliosi vigneti alle pendici dell’Etna e hanno prodotto vini di qualità che si sono imposti come marchi di rilievo. Lo stesso Michele Cappadonna, presidente di AGCI Sicilia, ha affermato con orgoglio il ruolo determinante della nostra regione in questo settore sempre più in espansione, con colture sempre più rispettose dell’ambiente. E ancora, altri giovani, proiettati in un futuro digitale, ma decisi a non andare via, hanno lottato e dato vita proprio a Catania, presso Palazzo Biscari, alla prima Startup, un’impresa che unisce innovazione e avanguardia per creare progetti che abbiano un alto impatto economico e sociale e che facciano della Sicilia la leadership di tutto il Mezzogiorno.

Tutti loro, novelli Colapesce, animati da un profondo amore e rispetto per questa nostra terra, la sorreggono giorno dopo giorno manifestando tutto il loro orgoglio nell’appartenervi volendo far conoscere al mondo intero i nostri valori più profondi. In questo modo l’impegno e il sacrificio del leggendario pescatore di Messina si perpetua ogni giorno nelle loro azioni e si rinnova con sempre più vigore in un armonioso e invisibile legame che unisce eroi di un tempo arcano con questi eroi dei tempi moderni.

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