L'Opinione

Elogio (ma non troppo) del divin “Mi Piace”

I social sono lo strumento grazie al quale finalmente le profezie di Warhol divengono realtà, una massa indefinita di uomini e donne improvvisamente può raggiungere la notorietà.

Notorietà: questo termine che porta con sé una tristezza di metodologie per esser raggiunto, che riduce all’angosciante ricerca costante dell’apprezzamento virtuale. Blogger, Fashion blogger, cloni di vip, Youtubber e altre stupidaggini di questo tipo hanno ridotto l’utente in un automa spesso devoto di altrettanti spettatori intenti soltanto nella caccia sfrenata di un follower o di un like.

Una ricerca che porta alla frenesia compulsiva ossessiva del tenere il telefono perennemente in mano, a controllare se un post ha avuto successo, che una foto sia piaciuta o meno, che il commento scritto a qualcuno sia stato a sua volta “ricommentato”. Una compulsiva ossessione che porta chi ne è affetto a non perder neppure un secondo di una pausa in un semaforo, una pubblicità in tv, un momento lento di un film a guardare e monitorare cosa mai sia successo.

Ma, a sua volta, la figura del cacciatore di like non è univoca, ne esistono di tante specie e di diverse gravità patologiche.

I miei preferiti, devo ammetterlo, sono gli autofollower (adoro chiamarli così) ovvero coloro che si mettono i mi piace da soli. In sostanza diventano i loro follower migliori anche come tempi di risposta nella sequenza pubblico-guardo-apprezzo. Loro sono i cacciatori di like per eccellenza e guardano i numeri meglio di un contabile.

Una categoria che merita citazione sono i radical chic dei social ovvero i migliori condivisori di qualsiasi cosa sia stata pubblicata che porta con sé una minima, anche impercettibile, sembianza intellettuale. Si esaltano nel pubblicare la canzone del cantautore di nicchia, la citazione dello scrittore più profondo. Lo scopo è chiaro e preciso: la dimostrazione e il riconoscimento della loro infinità colta esistenza (mediamente sono gli stessi che comprano quintali di libri che non verranno mai letti).

Gli scambisti, non sessuali ma social, sono fantastici. Vivono in un apparente ciclone di bon ton dove se ricevono un like ricambiano con grande educazione. Non importa cosa sia stato condiviso, se devono ricambiare non ci sono scuse.

Anche nel mondo del like esistono i parvenu, una categoria che merita rispetto per il tanto tempo e impegno che dedicano alla loro attività: farsi accettare. Nel profondo del loro malessere vogliono entrare a far parte di una cerchia ristretta di persone che contano nella piazza del loro paesino o del quartierino della loro città. Iniziano a mettere like a pioggia su qualsiasi immane boiata venga condivisa da quella pletora di modelli (voglio morire) sociali che riconoscono. Patetici.

I maniaci di oggi non hanno più eleganti trench che nascondono le loro pudenda, oggi hanno un account. Individuano la preda e iniziano un martellamento “piacioso” ossessivo, il tutto condito da una fantasiosa creatività nei commenti. Il claim per eccellenza è: sei un angelo.

Lo sgamato è colui che vuol farti capire che ha capito. Mi spiego meglio. Avete detto che non sareste andati a quel convegno perché una delle vostre quaranta nonne è morta. Lo avete detto però siete vittime dei social e la vanità vi gioca brutti scherzi. Si dai pubblica quella foto. Bene, lo sgamato vi mette mi piace, l’unico della sua vita ma ricco di significati.

Insomma la fauna dei cacciatori di like è enorme e potrei continuare a lungo ma il mio intento è quello di lasciarvi un messaggio positivo.

I social hanno lo scopo di far socializzare e creare un’interazione sana. Qualsiasi aspetto della nostra vita diventi ossessivo o patologico perde la sua ricchezza e il suo potenziale. Vivete i social con naturalezza non diventate vittime dell’apprezzamento o del disprezzo. Vivete. Vivete la magia del racconto, della condivisione.

Sappiate proteggervi dai malati del social, coloro che hanno il bisogno palese di capire chi sono. Proteggetevi e se vi rompete le scatole pulite la vostra lista contatti.

Non privarti di comunicare, impara a farlo nel modo giusto per te e per gli altri.

Se non comunichi, non esisti.

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