Ambiente

Etna, autobus turistici: l’Università chiede lo stop

Il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania, essendo da sempre impegnato con i suoi docenti e ricercatori in ricerche che hanno accresciuto le conoscenze sul vulcano e contribuito concretamente alla istituzione del Parco dell’Etna, ritiene opportuno intervenire sulla complessa ed intricata vicenda legata all’autorizzazione rilasciata dal Parco dell’Etna ai Comuni di Bronte e Maletto per lo svolgimento di attività turistica tramite autobus motorizzati in zona A e B del suddetto Parco.
Tale autorizzazione è stata revocata dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente della Regione Siciliana ma, a seguito di un recente incontro tra l’Assessore con i Sindaci dei Comuni di Bronte e Maletto ed il Presidente dell’Ente Parco, potrebbe essere legittimata dallo stesso Assessorato. A differenza di quanto riportato da alcuni organi di stampa si rileva che il Consiglio Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale (CRPPN) non è stato interpellato, anche perché nella prima fase non era stata inviata alcuna documentazione in merito dall’Ente Parco agli uffici regionali.
Il Consiglio del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania ha approvato all’unanimità un documento nel quale vengono spiegate le ragioni tecnico-scientifiche per le quali l’autorizzazione in oggetto merita una valutazione più attenta al fine di salvaguardare i valori naturalistici e ambientali che caratterizzano il territorio etneo anche nel rispetto della legge istitutiva del Parco e del suo Regolamento. Di seguito, sono brevemente evidenziate le maggiori criticità.
L’autorizzazione è stata rilasciata in contrasto con la “Disciplina delle attività esercitabili in ciascuna zona del territorio delimitato in funzione degli obiettivi da perseguire” che per la zona A recita testualmente all’art. 2.2l: “è vietato introdurre veicoli motorizzati, ad eccezione di quelli utilizzati per motivi di servizio o di sorveglianza vulcanica”. Pertanto, la concessione dell’autorizzazione non solo disattende palesemente la disciplina delle attività previste nel decreto istitutivo del Parco, ma anche le sue finalità istitutive. Il succitato divieto, infatti, deriva dall’esigenza di tutelare concretamente gli eccezionali valori naturalistici che caratterizzano la zona A e B del Parco dell’Etna, rendendola unica nel suo genere. Si sottolinea, inoltre, che non risponde al vero quanto dichiarato dal Presidente del Parco in merito al parere positivo rilasciato dal Comitato Tecnico-Scientifico (CTS); esso infatti non esiste più, essendo stato abolito e sostituito dal CRPPN che, a tale riguardo, non è stato interpellato.
Il vulcano nel corso degli ultimi settanta anni ha subito una pressione antropica eccessiva e a volte incontrollata che, sugli alti versanti meridionale e nord-orientale, ha compromesso delle aree di grande valenza ambientale e paesaggistica. Proprio per evitare l’aumento del carico antropico su questi versanti e per salvaguardare i versanti ancora integri, nel 1987 è stato formalmente istituito il Parco Regionale dell’Etna con l’obiettivo di tutelare un bene di eccezionale valore.
Il Parco in questi 35 anni ha richiamato sul nostro vulcano milioni di turisti, che fino ad oggi hanno potuto godere delle sue bellezze e delle sue peculiarità naturalistiche nel pieno rispetto della legge istitutiva. L’autorizzazione rilasciata dall’Ente Parco dell’Etna, oltre ad infrangere la legge istitutiva e il regolamento del Parco, è in netto contrasto con la salvaguardia dei valori che ne contraddistinguono l’identità naturalistica e che hanno portato al suo riconoscimento come Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Questa autorizzazione, inoltre, va in direzione opposta al grido dall’allarme lanciato dagli scienziati di tutto il mondo sulla necessità di uno sviluppo realmente e concretamente sostenibile e sulla riduzione degli impatti antropici.
Infine, va sottolineato che la fruizione turistica motorizzata delle quote elevate è già una opzione ampiamente sviluppata sul vulcano. Occorre a tal proposito ricordare che esistono ben sette strade asfaltate che si inerpicano al di sopra dei 1.500 m di quota, quattro lungo il versante meridionale, una lungo il versante occidentale e due lungo quello settentrionale; a queste vanno aggiunte due strade sterrate che da sud e da nord raggiungono i crateri sommitali, fruibili a scopo turistico.
Anziché autorizzare l’ingresso di mezzi motorizzati per trasportare turisti sulle piste altomontane per visite brevi e fugaci – autorizzazione che un domani potrà essere richiesta anche dagli altri Comuni che insistono sul vulcano e su tutti gli altri parchi regionali, con conseguenze certamente molto negative sugli equilibri naturali – si auspica fortemente che venga ampliata un’offerta turistica più eco-sostenibile, che non solo potrebbe incrementare i livelli occupazionali delle comunità locali ma anche rappresentare un’occasione di sviluppo realmente sostenibile e duraturo per l’intera comunità che vive attorno e sul vulcano. Tutto ciò nel pieno rispetto dell’ambiente e delle eccezionali emergenze geomorfologiche e vulcanologiche, vegetazionali, floristiche e faunistiche che esso ospita.
Pertanto, alla luce di queste considerazioni, se da un lato si auspica fortemente la revoca dell’autorizzazione, dall’altro lato ci si augura che venga implementata una progettazione di ampio respiro, basata su principi scientifici di tutela e gestione degli ambienti naturali, che elabori un insieme di iniziative comuni e condivise che portino ad un turismo realmente più consapevole e rispettoso dei valori naturalistici di un territorio ricco, ma allo stesso tempo estremamente fragile come quello del nostro vulcano.

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