L'Opinione

1 Maggio: una festa che impone di riflettere sulle reali condizioni di lavoro degli Italiani

1 Maggio: la Festa del Lavoro che per i partiti ogni anno diventa occasione per le proprie propagande populiste, mentre i lavoratori, ogni anno, hanno sempre meno da festeggiare.
Una festa che stride vergognosamente con il sistema di sfruttamento economico a cui sono sottoposti migliaia di lavoratori sottopagati e retribuiti spesso in nero, con le politiche discriminatorie nei confronti delle donne costrette a scegliere tra un figlio e la carriera e soprattutto una festa che cela in una giornata di gioia, il dramma del numero sempre crescente di tutti quei lavoratori che quest’anno non potranno festeggiare perché hanno perso la vita sul proprio posto di lavoro.
Una festa che impone un importante momento di riflessione sulle reali condizioni di lavoro garantite oggi a ogni lavoratore e soprattutto un momento per ricordare tutti coloro i quali sono schiacciati da logiche economiche e politiche che hanno svilito il lavoro da inalienabile diritto a una sorta di terno al lotto in cui la posta in gioco è la vita del lavoratore.
Più che festeggiare il 1 Maggio come un giorno di riposo, bisogna, invece, riempirlo di significato, altrimenti sarà ridotto solo a una festa da accantonare il giorno dopo, si trasformerà in un altro inutile 1 Maggio fatto di concerti, di belle parole urlate dai palchi allestiti nelle piazze e soprattutto di promesse che puntualmente si rivelano non adeguate a risolvere le gravi mancanze in merito alla sicurezza sul lavoro da parte della governance economica e politica.
Una governance che troppo spesso dimentica questo nostro inviolabile diritto a un lavoro rispettoso della dignità umana e che tutti i lavoratori attestano con questa grande manifestazione del 1 maggio rendendo omaggio a tutti quegli anonimi lavoratori americani che nel lontano 1886 si ribellarono a delle condizioni di lavoro disumane di oltre 12 ore lavorative.
E’ doveroso ricordare che la Festa dei Lavoratori fu istituita per la prima volta il 20 luglio del 1889 a Parigi dai partiti socialisti e laburisti europei riuniti nella capitale francese per il congresso della Seconda Internazionale socialista. Essi scelsero la data simbolica del primo maggio in memoria di una grande manifestazione operaia che ebbe luogo a Chicago nel 1886, quando i sindacati organizzarono uno sciopero generale per rivendicare condizioni di lavoro più umane per tutti i lavoratori che ancora a metà Ottocento erano costretti a lavorare fino a 16 ore continuative senza essere tutelati da alcuna norma di sicurezza.
La protesta per vedere ridotte le ore di lavoro a otto, iniziò proprio il primo maggio e si protrasse per quattro giorni e coinvolse migliaia di lavoratori delle fabbriche, che sfilarono pacificamente nonostante il numero elevatissimo di partecipanti.
Un corteo che però venne osteggiato dalla Polizia che, prima intimò alla folla di disperdersi, poi caricò e aprì il fuoco, provocando undici morti e decine di feriti.
Un vero e proprio attacco contro la folla inerme che viene ricordato come il Massacro di Haymarket in quanto oltre ai morti, i presunti responsabili del lancio di un ordigno esplosivo contro la Polizia furono condannati a morte per impiccagione.
Ogni anno, il 1 Maggio, non dimentichiamo il sacrificio di questi uomini, onoriamo la loro memoria continuando a lottare in modo da consolidare questo nostro diritto al lavoro ma soprattutto per renderlo un diritto che ci dia stabilità e sicurezza non una condizione precaria che in molti casi si traduce purtroppo nella perdita della vita stessa.
L’importanza e l’imprescindibilità di questa prima rivendicazione è stata così deflagrante che tutti i lavoratori, dopo quel 1 Maggio del 1889, accolsero questa manifestazione oltre i confini francesi, in molti paesi dell’Unione europea, ma anche in Turchia, in Brasile, Cina, Russia e in Messico.
Qui in Italia è divenuta ufficialmente una festa nazionale nel 1947.
Una festa per rivendicare un diritto fondamentale per la dignità di ogni individuo, un diritto reclamato con determinazione da tutti quei movimenti sindacali che, negli anni settanta, hanno battagliato per raggiungere reali obiettivi sociali ed economici che, alla fine, hanno condotto all’approvazione dello Statuto dei Lavoratori nel 1970. Un testo che fu proposto per la prima volta dal segretario della CGIL Giuseppe Di Vittorio, nell’immediato dopoguerra, per cercare di arginare il pesante clima di intimidazione e di vessazione che regnava nei luoghi di lavoro nei confronti dei lavoratori.
E oggi noi siamo fieri di pronunciare con orgoglio il primo articolo della nostra Costituzione “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” perché è il lavoro che ci garantisce quell’indipendenza economica e personale che ci rende individui liberi.
Il Lavoro è “manifestazione di libertà” sosteneva Marx in quanto “oggettivazione e realizzazione del soggetto”.
Nessuno di noi dovrebbe mai rinunciare a questo inalienabile diritto costituzionale, così come nessuno dovrebbe mai perdere la propria dignità, o nei casi più estremi la vita stessa, nel momento in cui lo esercita.

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