Spettacoli

Immaginare per sopravvivere: “Se son fiori moriranno” al Piccolo

È andata in scena al Piccolo Teatro della Città la pièce “Se son fiori moriranno” di Rosario Palazzolo, scene e costumi Mela Dell’Erba, musiche originali Gianluca Misiti, light designer Gabriele Gugliara. Con Simona Malato e Chiara Peritore e la voce di Delia Calò. Aiuto regia Angelo Grasso. Regia Rosario Palazzolo. Produzione Teatro Biondo Palermo.
Rosario Palazzolo (classe 1972), laureato in Filosofia, specializzato in regia teatrale, impegnato in vari laboratori di scrittura ha diretto dal 2002 al 2011 la “Compagnia del Tratto”. Creava l’anno dopo il “Teatrino Controverso”, interessante contenitore di drammaturgia contemporanea attraversata da un sottile fil rouge che sembra legarsi al “Teatro dell’assurdo”.
Nel 2022 scrive “Se son fiori moriranno”, il primo atto di un “Dittico del sabotaggio” che l’autore e regista ha concluso con lo spettacolo “Ti dico una cosa segreta”:
“Sabotare la realtà con l’immaginazione – dice Palazzolo – è l’unica alternativa che abbiamo, la sola che ci permette di spostare in avanti il limite del precipizio, ridisegnando continuamente il panorama, costruendo immaginari improbabili con una risolutezza manichea, che riesce a trasfigurare la verità… Questo spettacolo, dunque, mi costringerà a fare i conti con… una specie di sudario volontario… l’indagine sul concetto di immaginazione… una manna… una maledizione… una trappola”.
E l’immaginazione è l’ancora di salvezza contro l’inesorabile che Adele, una madre che accudisce da anni la figlia in stato vegetativo, in un’agonia senza ritorno, mette in atto per sopravvivere attraverso una realtà inventata.
Tutto (scenografia, luci, musica) contribuisce a creare l’idea di un luogo nebuloso e sprangato, di un tempo interrotto, di una realtà bloccata.
Caduta la ‘quarta parete’ il pubblico è chiamato non solo ad assistere ma anche a partecipare con gli occhi e con l’anima al disperato tentativo che si fa vita, sangue e azione di una madre distrutta dal senso di colpa (non era accorsa subito in aiuto della figlia, aveva perso quell’attimo prezioso) mediante l’immaginazione.
Ed ecco l’attesa degli alieni che le condurranno nel loro mondo (in “un posto nuovo, un tempo diverso dove tutto deve ancora capitare e capita diverso” )…lontano da quel letale interruttore che inesorabile attende di porre la parola ‘fine’; l’affaccendarsi di Adele che al ‘risveglio’( “amore della mamma, svegliati”) della bimba/donna, bloccata in un’eterna infanzia, partecipa ai suoi giochi, risponde alle innocenti domande, dialoga con lei, cerca l’unica possibile alternativa ad un’insanabile ferita: trasfigura la realtà.
“Mamma io esisto?/Si è no! Come tutti…/Sto dormendo vero?/Da dieci anni/E allora perché mi parli?”.
Ma la realtà incombe inesorabile. A ricondurla in scena è la voce esterna della psicanalista (?) che sollecita la madre a superare quella realtà distorta in cui presente e passato si sovrappongono, ad accettare il ‘vero’:
“Chi c’è di fronte a te, Adele?/Gli alieni/Gli alieni?/Sì/E perché sono qui?/Ci porteranno con loro/Dove? Dove, Adele?/In un posto che si può rimediare/Ti sembra una cosa possibile?/E mia figlia che dorme da dieci anni, è possibile? E tutta la colpa che c’ho nel cuore, è possibile? E adesso che avete deciso di farla morire, è possibile?”.
È una storia, mai banale in cui, tra colpi di scena rocamboleschi, realtà e immaginazione si riconcorrono e la morte inesorabile attende appesa al filo di una spina gigantesca.
“L’assoluta crudeltà della verità” (per dirla con Battiato) irrompe in un “tempo ininterrotto il passato che non passa il futuro che non viene” dirà Adele “la realtà, pure finta basta che esista…io me la figuro esistibile non come quello che esiste, ma come quello che manca”.
L’evasione dalla realtà può trasformarsi in ‘reale’?
Per Palazzolo è l’unica via di fuga da un dolore incontenibile, da uno strazio disumano!

Foto di Dino Stornello

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