David Harvey, Breve storia del neoliberismo, Il Saggiatore, Milano
Dopo il crollo del Muro di Berlino, molti intellettuali, politologi ed economisti hanno sostenuto la tesi della fine delle ideologie e hanno invitato le classi politiche ad agire in nome del pragmatismo e dell’impresa. Hanno profondamente sbagliato. Al contrario, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Banca Centrale, il WTO hanno imposto su tutto il pianeta una ben precisa ideologia economica: il neoliberismo economico. Questa ideologia è il paradigma economico dominante. il Prof. David Harvey ne traccia una sintetica ed efficace descrizione storica, sociale ed economica nel saggio intitolato Breve storia del neoliberismo.
Secondo l’illustre professore, il neoliberismo nasce per l’azione convergente di fattori storici, strutturali e sovrastrutturali. I fattori storici principali sono due: 1) la rivoluzione tecnologica informatica; 2) la crisi petrolifera degli anni Settanta del XX secolo. In quegli anni la CIA ha minacciato l’Arabia Saudita di un’imminente invasione militare. A seguito di queste minacce, risulta che sono stati spostati dai paesi del Golfo sulle Banche nordamericani ingenti quantità di petrol-dollari. Tale azione ha determinato la richiesta di modifiche strutturali al credito e al sistema finanziario. L’ideologia neoliberista ha fornito il programma economico con cui procedere alle privatizzazioni, alla flessibilizzazione del mercato del lavoro, alle riforme delle pensioni, alla distruzione del welfare state in tutto il mondo. Le multinazionali e i grandi gruppi finanziari hanno investito miliardi di dollari in centri di ricerca, think tank e corsi universitari in modo da ottenere l’egemonia culturale ed ideologica in tutto il mondo (fattori sovrastrutturali).
L’applicazione di tale ideologia, tuttavia, non è stata coerente e costante in tutto il mondo. Milton Friedman e molti altri economisti pensavano di realizzare le loro idee nei paesi capitalistici. In realtà sono stati il Cile di Pinochet e la Cina di Deng Xiao Ping ad implementare per prime alcune delle proposte dei neoliberisti. Alcuni anni più tardi, Ronald Reagan e la Thatcher, due conservatori, hanno avviato tali politiche rispettivamente negli Stati Uniti e nella Gran Bretagna. L’esperienza dimostra che le riforme neoliberiste si realizzano più facilmente e rapidamente nei regimi autoritari e dittatoriali oppure in quelli presidenziali (Stati Uniti) o in generale in tutti quegli stati dove vige un sistema elettorale maggioritario. In Russia, le riforme dei neoliberisti dell’Università di Harvard sono state imposte da Boris Eltsin prendendo a cannonate il Parlamento.
Dopo il crollo del muro di Berlino questo modello economico è stato imposto dalle grandi organizzazioni internazionali con esiti molto discutibili e disastrosi in tutto il mondo: concentrazione della ricchezza in élites ristrette, aumento delle diseguaglianze, aumento del debito pubblico di molti paesi, distruzione del welfare, fine della classe media, diminuzione del potere d’acquisto dei salari.
Il libro di Harvey fa molto riflettere sulla genesi, lo sviluppo e l’egemonia del neoliberismo a livello mondiale. Come italiani dobbiamo porci serie domande sulle contraddizioni del neoliberismo all’italiana a livello nazionale e sul fallimento di tale ideologia a livello locale (es. la città di Catania).
A trent’anni di distanza dalla fine della Prima Repubblica sorge il sospetto che Tangentopoli e le guerre jugoslave siano state volute dall’esterno (CIA e poteri forti) per distruggere gli ultimi due modelli antagonisti al neoliberismo anglosassone e statunitense: l’Italia e la Yugoslavia. La nostra Costituzione prevedeva una democrazia parlamentare molto forte, un sistema economico capitalistico con un fortissimo controllo pubblico dell’economia. Negli anni Ottanta, l’Italia guidata da Bettino Craxi era la quarta potenza mondiale e gli imprenditori italiani acquistavano le aziende straniere. La Yugoslavia era un sistema federale che faceva convivere diversi popoli e aveva un sistema socialista con molti elementi di iniziativa privata.
Solo una seria analisi critica, storica ed economica del neoliberismo può portare alla fine di questo paradigma economico allo sviluppo di una nuova proposta economica. Il libro di Harvey è un ottimo punto di partenza per una riflessione in tale direzione.