Cinema

Casa del cinema, Il senso della fine. Dalla Sicilia de “Il Gattopardo” all’America de “Il Padrino”

Che cosa accomuna il Principe di Salina e Don Vito Corleone, la Sicilia risorgimentale di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e la Little Italy di Mario Puzo, il bel Tancredi protagonista dell’Italia savoiarda e il cupo Michael, erede di un impero mafioso segnato dal sangue e dalla disperazione? In un viaggio vertiginoso attraverso due grandi lezioni di cinema il direttore della Festa del Cinema Antonio Monda e quello della Casa del Cinema Giorgio Gosetti incrociano le lame in una grande serata di immagini e racconti in programma lunedì 25 ottobre alle ore 19 nella Sala Deluxe della Casa del Cinema a Roma.
In apparenza il capolavoro di Luchino Visconti e la saga di Francis Coppola appartengono a due galassie lontane, collegate soltanto dalla magnificenza della messa in scena corale e dalla comune passione per il melodramma romantico. In realtà – nelle intenzioni di Monda e Gosetti – i collegamenti, i richiami a specchio, le assonanze involontarie sono molto più numerose e disegnano un percorso tematico che riassume il passaggio tra due epoche e un analogo senso della fine di un’era. L’ombra della morte, la percezione che tutto sta cambiando e che un disperato tentativo di far sì che tutto rimanga com’era è destinato a fallire, accompagna i protagonisti di queste due storie legate a medesime radici culturali e a una terra bagnata di sangue e ansia di vita.
“Abbiamo ideato questa serata come un gioco di complicità e differenze – raccontano Monda e Gosetti – ma nel rilancio costante di ricordi, impressioni, scoperte, ci siamo accorti che si disegnava una trama di grande suggestione. Non sarà quindi una lezione di cinema, piuttosto una schermaglia amorosa per due grandi storie che hanno segnato l’epoca d’oro del cinema. Il tema della fine farà da filo conduttore e ci porterà anche alla sorpresa conclusiva che non vogliamo svelare in anticipo. Diciamo soltanto che riguarda il tema stesso del cinema, ovvero quell’immagine che si fissa nella memoria e supera l’inesorabile scorrere del tempo”.
Sei scene de “Il Gattopardo” (1963) e altrettante de “Il Padrino” (1972) e il suo naturale seguito del 1974; sei situazioni in qualche modo collegate e destinate a tracciare uno stretto rapporto tra i due affreschi d’epoca che raccontano la sicilianità, la famiglia, la violenza e la mafia, il potere e la solitudine, la gioventù e la vecchiaia. E su tutto il segno inconfondibile di un cinema che oggi sarebbe difficile anche immaginare, proprio come accadde agli spettatori del sonoro guardando i capolavori del cinema muto.

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